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| L'oggetto del contendere tra PDL e Lega |
La crisi della maggioranza di destra in Provincia, esplosa a seguito del voto di sfiducia al Presidente del Consiglio provinciale Patrizio Del Nero, ripropone lo scenario già visto nei giorni immediatamente successivi al voto amministrativo quando per le contraddizioni tra Lega e PDL l’avvio del dopo-Provera fu particolarmente tormentato. La quadratura del cerchio fu poi raggiunta, ma la storia della nuova amministrazione Sertori è punteggiata di altri contrasti, che hanno inciso in modo negativo sulla capacità della nuova Giunta di produrre una iniziativa all’altezza delle emergenze della provincia. Quello tra Lega e PDL è un conflitto per così dire endemico e, quindi, non stupisce più di tanto se esso sia oggi riesploso. Il nocciolo del contendere, così come l’hanno raccontato sui giornali gli stessi protagonisti, riguarda le modalità con cui viene gestito il potere e le forme con cui ciascuno dei contraenti del patto di governo della provincia concorre alla formazione delle scelte amministrative e partecipa ai dividendi elettorali dell’azione di governo. Per il PDL l’obiettivo è quello di ridimensionare il monopolio mediatico di Sertori, e per suo tramite della Lega, rivendicando per sé un ruolo che sia almeno quello del comprimario. Con un’abile gestione della propria immagine Sertori ha accresciuto il proprio credito presso l’opinione pubblica, millantando risultati “storici, come quello di aver portato “a casa le dighe”. Questo uso propagandistico del ruolo istituzionale consente alla Lega di parare i contraccolpi nel suo elettorato di un federalismo sempre più evanescente e sempre meno presentabile e, nello stesso tempo, di insidiare il bacino elettorale della destra berlusconiana. Questa è la vera ratio della crisi che si è aperta ed è la chiave per capire il suo decorso: occorre accontentare gli appetiti di chi, per usare le parole di Patrizio del Nero, vive con difficoltà il ruolo del “portatore d’acqua”. Siamo in presenza di un déjà vu ed è facilmente prevedibile che dopo una fase più o meno lunga di decantazione si riuscirà a trovare una sintesi tra i due litiganti con quella soluzione alla “tarallucci e vino”, che Del Nero dice di voler rifuggire.
La crisi non nasce dunque da un nobile confronto politico nel quale si fronteggiano letture della realtà provinciale e ipotesi politiche diverse, ma da una volgare contesa di potere tutta interna alla casta. Mentre a Palazzo Muzio ci si scanna, Valtellina e Valchiavenna sono attraversate da una crisi pesante: la situazione economica con 2000 posti di lavoro persi è grave, la disoccupazione giovanile e intellettuale è in aumento, il lavoro precario si diffonde, il disagio sociale cresce, le prestazioni del sistema pubblico a seguito dei tagli ai trasferimenti statali si contraggono, le infrastrutture viarie e ferroviarie sono in una condizione disastrosa, la privatizzazione dell’acqua pubblica avviata con l’operazione SECAM sarà pagata dai cittadini, il rapporto con le società idroelettriche è ancora tutto da definire, i temi ambientali premono. Rispetto alla concretezza di questi problemi, la contesa in corso a palazzo Muzio appare come qualcosa di sideralmente lontano dai bisogni della gente.
Al di là degli accomodamenti che verranno escogitati per risolvere le contraddizioni tra i fratelli-coltelli di Lega e PDL, il problema reale è quello di trovare le forme attraverso le quali costringere il ceto politico ad occuparsi dei problemi aperti. La costruzione di un ampio movimento di opposizione al sistema di potere è la scommessa che questa crisi consegna alle forze della sinistra. Spetta a loro saper prospettare un percorso politico che sia alternativo all’azione scialba e subalterna ai poteri forti fin qui dimostrata dal duopolio Lega-PDL. Condizione indispensabile per muoversi in questa direzione è chiudere definitivamente la fase delle convergenze bipartisan, che su alcuni importanti temi si sono avute. Occorre dunque aprire un nuovo corso della sinistra all’insegna della chiarezza delle posizioni, unico modo per far capire agli strati popolari colpiti dalla crisi che una alternativa allo strapotere della destra è possibile











«Se è vero che costo lavoro in Italia è alto, non è dovuto ai lavoratori dipendenti che possono contare su un salario netto fra i più bassi in Europa Occidentale. Ma attenzione, non è colpa del sindacato. Conosco e apprezzo il ruolo e l'impegno di Agnelli, con il quale condivido la passione per il ciclismo, e so che abbiamo idee diverse sulla politica italiana. Ma proprio per questa ragione gli devo ricordare che da quindici anni ci governa una classe politica vicina a lui e che l'assessore Gibelli è vicepresidente di Regione Lombardia e un importante esponente di un partito di governo. E' dalla politica che sono arrivate risposte insufficienti. La classe dirigente nazionale e lombarda che ci governa ci dovrebbe dire in questi anni cosa ha realizzato, oltre ai procalmi, in termini di aiuti alle aziende e di riduzione fiscale per i lavoratori dipendenti».
Ergo, Spagnolatti avrebbe tutte le carte in regola - e tutte le ragioni - per chiedere di tornare a lavorare lì e per vedersi riconoscere i versamenti contributivi durante il periodo trascorso in carcere e probabilmente potrebbe sperare anche in una sorta di "indennità", una "buonuscita" qualora la società preferisse evitare una causa di lavoro e affrontare l'ennesima grana.
Cosa succederà ora non è dato sapere. Sarà - questo è certo - una nuova battaglia legale che va ad aggravare le sorti della srl (che a fine marzo chiuderà i battenti, così hanno deciso in Comunità Montana a Morbegno) poiché non è detto che la posizione di Spagnolatti possa addirittura sfociare in una causa di lavoro.