martedì 19 giugno 2012

Riello: la crisi è solo un pretesto, serve legge contro le delocalizzazioni.



La Riello Spa è un'azienda leader in Europa nel campo dei bruciatori.
Nata nel 1922 i ha come sede principale Legnago in provincia di Verona e negli anni è cresciuta fino a diventare leader di mercato nel suo settore ed esporta in tutto.
L’azienda arriva in Valtellina sul finire degli anni 80 sull’onda della “legge Valtellina” insediando uno stabilimento nell’area industriale Talamona-Morbegno dove alla produzione di bruciatori, aggiunge anche la produzione di caldaie murali e a basamento, pannelli solari e la commercializzazione di condizionatori ed energie rinnovabili.
Negli ultimi anni la Riello Spa ha spostato progressivamente la produzione delle caldaie in Polonia, nonostante una dura vertenza che ha comunque portato alla chiusura dello stabilimento di Lecco (occupato per più di un mese dagli operai).

SOLIDALI
Non più di una settimana fa, l'azienda aveva raggiunto un'intesa sindacale sul nuovo premio di produzione; nella serata del 14 giugno ha invece comunicato alle rappresentanze sindacali il nuovo piano industriale che prevede, l’abbandono della produzione delle caldaie murali in Italia e quindi, l’intenzione di ridurre l’organico dello stabilimento di Morbegno da 242 a 64 con la collocazione di 178 lavoratori da subito in Cigs, preludio del licenziamento.
La Federazione di Sondrio del Partito della Rifondazione Comunista è solidale con le lavoratrice e i lavoratori della Riello, minacciati dalla profonda ristrutturazione aziendale il cui fine non dichiarato, ma intuibile è la progressiva chiusura dello stabilimento di Morbegno.
Rifondazione sta con i lavoratori che si preparano ad una mobilitazione, che auspichiamo la più ampia possibile, e che consenta di invertire la rotta rispetto ad un quadro fatto di continue chiusure e licenziamenti.

CRISI E DELOCALIZZAZIONE
La vicenda Riello è sintomatica di quel che avviene sul territorio della provincia attraversato da una pesante crisi del settore edile, da una progressiva dismissione degli ultimi pezzi di produzione industriale del settore metalmeccanico e dalla fine del settore tessile.
La crisi viene utilizzata come pretesto per delocalizzare le proprie produzioni in paesi dove pratiche di sfruttamento più accentuato consentono di lucrare margini di profitti più ampi.
La vicenda Riello (spostamenti di produzione in Polonia e chiusura stabilimenti in Italia fra cui quello di Morbegno) si inserisce esattamente dentro questo quadro.
Ai licenziamenti ed al massacro sociale in atto non è più possibile rispondere solo con il ricorso agli ammortizzatori sociali largamente insufficienti; come pure non è più accettabile che si conceda al padronato la totale assenza di pratiche di responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori e del territorio dove operano.
Per questo da anni Rifondazione propone una legge che impedisca alle aziende italiane, a partire da quelle che hanno usufruito di finanziamenti e agevolazioni pubbliche, di praticare impunemente politiche industriali di delocalizzazione.

domenica 10 giugno 2012

Ombre rosse - Settimanale comunista

Nasce Ombre Rosse, settimanale comunista, ogni sabato su Controlacrisi.org


Il lavoro prende la parola: l'intervento di Ferrero

All'assemblea della FIOM "Il lavoro prende la parola" è intervenuto il segretario nazionale di Rifondazione Paolo Ferrero.


Il programma di sinistra

Francesco Piccioni da Il Manifesto del 10 giugno 2012


La concretezza delle tute blu non sopporta giri di parole fumose. E la politica italiana, anche a sinistra, è abituata da troppo tempo al tatticismo, agli «schieramenti elettorali» che prescindono dal «che fare?» una volta in Parlamento; senza più attenzione agli interessi materiali e politici dei «rappresentati». Specie per quanto riguarda i lavoratori.
La Fiom ha rovesciato l'ottica. «Non aspetteremo che i politici, in piena campagna elettorale, vengano a prometterci il possibile e l'impossibile». Li «chiamiamo noi» per dire con chiarezza cosa vogliamo e «chiedere risposte». Perché «non consentiremo che i lavoratori vadano a votare senza sapere come si potrà recuperare la profonda ingiustizia che anche in queste ore si sta legiferando».
Nella grande sala del Parco dei Principi, il segretario generale Maurizio Landini espone un vero e proprio programma di governo per una sinistra «necessaria», più che possibile. Fatto di punti concretissimi, che ribaltano come un guanto le politiche del lavoro e industriali applicate finora. È stato sciocco chi ha provato a descrivere l'appuntamento come la trasformazione di questo sindacato in una nuova forza politica. «Noi siamo un sindacato autonomo e indipendente, ma non indifferente», che «può parlare alla pari con tutti: imprese, partiti, governi». Un sindacato che da oltre un secolo è parte integrante della sinistra, ma non ha più un partito di riferimento.
«Vogliamo discutere di un programma alternativo a quello del governo Berlusconi, ma anche del governo Monti». Perché «la crisi è molto profonda e non se ne vede la fine; quindi «va avviata una fase costituente in cui tutti si rimettono in gioco».
Di conseguenza, mette giù una griglia di argomenti che devono selezionare gli interlocutori, testarne la serietà. Sarebbe stato logico che l'avesse fatto tutta la Cgil, ma ieri era presente e solidale solo uno dei segretari confederali, Nicola Nicolosi.
Legge sulla rappresentanza sindacale. L'unità sindacale sarebbe una buona cosa, ma quando non c'è - come oggi - i lavoratori debbono avere il diritto di scegliersi il sindacato e soprattutto di votare accordi e contratti che poi loro saranno chiamati a rispettare. Il rischio, altrimenti, è che le aziende si scelgano o si facciano il loro sindacato finto.
Cancellazione dell'art. 8. La «manovra d'agosto» di Berlusconi-Sacconi ha inserito una bomba a tempo nelle relazioni industriali, con questo articolo che consente agli accordi aziendali - firmati magari da sindacati di comodo - di andare «in deroga ai contratti e alle leggi». Anti-costituzionale, ma conservata da Monti.
No a questa riforma del mercato del lavoro. L'art. 18 è stato svuotato completamente, togliendo la possibilità reale del reintegro (al contrario di quanto sostengono sia il Pd che Susanna Camusso, ndr). Va ripristinato nella sua forma originaria ed esteso, perché da questo dipende il diritto del singolo lavoratore di poter aprire bocca e di fare il delegato senza timori. Va ridotto drasticamente il lavoro precario; introdurre il principio che a parità di lavoro e mansione ci deve essere parità di salrio e diritti.
Ammortizzatori sociali. Vanno estesi, non ridotti (come sta facendo il Parlamento); le risorse vanno trovate facendo pagare il contributo anche a quelle categorie economiche che oggi non hanno la cig, ecc. Reddito di cittadinanza. Un principio europeo che il nostro paese non ha mai reso attivo, che può garantire il diritto allo studio e ridurre il ricatto sul salario.
Pensioni. I lavori non sono tutti uguali; stare in fonderia o in corsia non è come fare il prof. universitario. Va riconosciuto il peso che hanno sulle aspettative di vita, altrimenti è una tassa sulla vita. Il «metodo contributivo» non può esser l'unico; già con Prodi si era fissato il criterio (non rispettato) di portare l'assegno pensionistico minimo almeno al 60% del salario di categoria. I soldi dei fondi pensione andrebbero investiti solo per rilanciare l'economia interna.
Fisco. Patrimoniale, progressività delle imposte, tassazione delle rendite finanziarie, combattere la criminalità nell'economia.
Occupazione. Ridurre l'orario di lavoro (come in Germania) per non perdere competenze.
Nuovo modello di sviluppo. Cosa, come, per chi produrre, e in modo ambientalmente sostenibile. Politica industriale. Non se ne parla più. Ma Finmeccanica (pubblica) vuol tenere solo la produzione militare e dar via tutto il civile avanzato (treni, nucleare, ecc). Riforma della scuola. Garantire parità di condizioni di partenza per aumentare la «mobilità sociale».
Europa. Dopo 20 anni, il sistema rischia di esplodere. Servono regole per la finanza, intervento pubblico: No al pareggio di bilancio in Costituzione.
E intanto ci si mobilita ancora. Il 13 e il 15 a livello territoriale (scioperi e presidi); il 14 sotto il Parlamento, a Roma, contro la riforma del mercato del lavoro e lo spacchettamento di Finmeccanica. Un programma da imporre con la lotta, insomma, non una lista di richieste a una politica distratta.

Un salto di qualità per Rifondazione


documento CPN del PRC del 9-10/6/2012

Un Salto di qualità

Il Consiglio Politico Nazionale di Rifondazione Comunista ringrazia tutti i compagni e le compagne che hanno messo tutto il loro impegno nella campagna elettorale delle amministrative e nella piena riuscita della manifestazione del 12 maggio. Non si tratta di un ringraziamento rituale ma della piena consapevolezza che la nostra forza risiede nella libera adesione e nel lavoro gratuito che migliaia e migliaia di compagni e compagne danno al nostro partito.
Il risultato della tornata elettorale e la drammatica situazione in cui versa il paese ci chiedono un deciso salto di qualità nel lavoro politico. Il risultato elettorale di tenuta e l’ottima riuscita della manifestazione del 12 maggio ci permettono di affrontare questo compito con maggiore serenità e con la necessaria determinazione.
Il dato elettorale.
Il voto amministrativo ha registrato un vero terremoto politico. Una ulteriore riduzione della partecipazione al voto. La proliferazione di liste civiche che hanno raccolto oltre il 35% del totale dei voti espressi. La forte avanzata delle Liste 5 stelle, in particolare nel centro nord. Il pesante arretramento della Lega Nord e del PdL (hanno perso 2/3 dei voti in relazioni alle ultime regionali). Il significativo arretramento del PD (ha perso 1/3 dei voti in relazione alle ultime regionali). La disarticolazione del centro. Il pesante arretramento delle forze che sostengono il governo Monti.
In questo contesto, la Federazione della sinistra ha avuto un risultato di tenuta, positivo tenendo conto del terremoto che è avvenuto, ma che segnala però la nostra inadeguatezza nell’intercettare il crescente disagio sociale.
Gli elementi di fondo che emergono sono due:
In primo luogo, il disagio sociale determinato dalla crisi e dalle politiche del governo, assume le caratteristiche di una complessiva critica del sistema dei partiti e del sistema politico. Questo elemento è sovra determinante le stesse differenze tra le forze politiche in particolare nel cento Nord, in un contesto in cui il più forte fattore di produzione di antipolitica e di forme populiste è proprio il governo Monti. Si tratta di una situazione che ha qualche superficie di contatto con la situazione tedesca , dove il partito dei pirati ha raccolto larghe parti di criticità giovanile e che si differenzia molto dai risultati ottenuti in Grecia, Francia e Spagna dalle forze della sinistra di alternativa. La richiesta di cambiamento radicale – che si esprime attraverso le culture che vi sono a disposizione nella società - è vissuta in primo luogo come la richiesta di rovesciamento del sistema dei partiti e solo in seconda battuta come utilizzo dei partiti della sinistra per cambiare l’esistente.
In questo contesto assistiamo alla disarticolazione delle forme in cui erano aggregate e definite le forze di centro e di destra.

La situazione attuale
Ci troviamo quindi in una situazione in cui la crisi economica si intreccia con la crisi sociale e con la crisi del sistema politico. Una crisi organica del sistema in cui tutto cambia e in cui in particolare vengono oggi messi in discussione gli strumenti tradizionali dell’agire politico. Ecco così che la critica della casta e della politica assume un aspetto totalizzante che mette in secondo piano il tema delle scelte di politica economica. Così appare più radicalmente antisistema chi critica i partiti piuttosto che chi critica le banche. Se – come abbiamo detto più volte - la crisi è una crisi costituente che determinerà una trasformazione sociale, culturale e politica della profondità di una guerra, stiamo assistendo ai primi violenti scossoni di questa grande trasformazione. La situazione si è messa in veloce movimento e decisiva è la nostra capacità di aggiornare passo passo la nostra posizione al fine di essere efficaci nella battaglia politica per determinare una uscita da sinistra dalla crisi.
Dal Congresso ad oggi abbiamo seguito una linea politica corretta che ha messo al centro l’opposizione al governo Monti, il tema della costruzione del partito sociale e delle lotte, l’unità a sinistra.
E’ però evidente che quanto abbiamo fatto è stato utile e corretto ma non è sufficiente. Siamo in una fase di guerra di movimento e non di guerra di posizione e quindi non è sufficiente tenere la posizione ma è necessario muoversi rapidamente. A partire da questa consapevolezza dobbiamo sviluppare la nostra azione politica al fine di ottenere quella efficacia nel rapporto di massa che è per noi decisivo. E’ infatti del tutto evidente che la pura prosecuzione dell’azione politica sin qui condotta non è sufficiente a raccogliere il disagio sociale su un progetto di alternativa.
La riprogettazione della nostra azione deve avere tre indirizzi di fondo:
Occorre partire dalla critica della politica per arrivare alla critica dell’economia politica. Si tratta di connettere i due terreni e non di pensare di sostituire il secondo al primo. La critica della politica è oggi così forte da assumere un carattere non aggirabile per rendere efficace la critica del sistema economico. Questa critica riguarda anche noi e siamo chiamati ad una risposta in avanti. La critica del sistema dei partiti ha infatti una dimensione tale da rappresentare un punto di non ritorno: il nodo è se questa critica approderà alla demolizione della democrazia in nome della gestione tecnica degli interessi forti oppure se sfocerà in una rinnovata democrazia partecipata.
Sul terreno della critica della politica come attività separata noi siamo stati ad oggi molto timidi. Anche le giuste intuizioni hanno avuto difficoltà a trasformarsi in pratiche politiche ed in una nuova identità adeguata alla fase. Assumiamo troppo spesso un tratto difensivo di chi ha giustamente paura che venga gettato il bambino con l’acqua sporca ma in questo modo rischiamo di avere una pratica politica poco efficace. Basti pensare al tema della corruzione su cui non abbiamo insistito abbastanza, delle retribuzioni degli eletti e dello stesso tema del finanziamento pubblico dell’attività politica, che abbiamo accettato si restringesse al finanziamento pubblico dei partiti. Basti pensare alla Federazione della Sinistra che abbiamo proposto e praticato con l’intento di intrecciare pratiche sociali, culturali e politiche ma la cui realizzazione concreta non è che una copia sbiadita dell’obiettivo che ci siamo posti. Non è in primo luogo un problema di linea politica ma di forme concrete di un processo di effettiva riaggregazione della sinistra.
Il primo terreno di riflessione, ricerca ed azione riguarda la costruzione di un effettivo spazio pubblico della sinistra che faccia i conti fino in fondo con la critica della politica e sia portatore di una forte critica dell’economia politica. Occorre uscire da ogni politicismo per avviare un processo costituente di una sinistra di alternativa e di una terza repubblica basata sulla democrazia partecipata. Questo è l’obiettivo centrale che ci poniamo, che poniamo ai compagni e alle compagne con cui abbiamo costruito la Federazione della Sinistra, che poniamo al complesso delle forze e degli uomini e delle donne che vogliono costruire una sinistra antiliberista nel nostro paese. La costruzione di un processo inclusivo e partecipato, che allarghi il terreno della partecipazione politica unitaria a sinistra, la costruzione in Italia del corrispettivo di Syriza, del Front de Gauche, di Izquierda Unida è l’obiettivo fondante il nostro progetto politico, a cui subordinare ogni tattica politica e su cui lavorare nei prossimi mesi.
In secondo luogo dobbiamo rafforzare enormemente la nostra capacità di produrre una demistificazione delle spiegazioni dominanti della crisi e delle ricette che vengono messe in campo e nello stesso tempo dobbiamo avanzare una proposta compiuta e comprensibile di una politica economica radicalmente alternativa. In questo quadro decisivi sono i terreni della formazione e della elaborazione partecipata del programma per uscire a sinistra dalla crisi.
In terzo luogo dobbiamo riorganizzare il partito al fine di renderlo più efficace nella costruzione del conflitto e nella costruzione delle pratiche mutualistiche e del partito sociale. La nostra risposta alla critica della politica non deve concedere nulla ad una idea di delega al leader o alla personalizzazione della politica. Noi dobbiamo costruire una risposta alla critica della politica basata sull’autorganizzazione dei soggetti sociali su tutti i terreni: sociale, culturale, politico. Questa è la frontiera che oggi deve porsi un partito comunista per essere protagonista dello scontro sociale.
A tal proposito individuiamo i seguenti terreni di sviluppo del concreto lavoro politico:
1) Prosecuzione e intensificazione della mobilitazione per impedire la riforma del lavoro, la manomissione dell’articolo 18 e proponendo il reddito sociale. Occorre determinare la visibilità a livello di massa della nostra ferma opposizione, annunciando il referendum su queste norme.
2) Costruzione di una campagna per abolire l’IMU e sostituirla con la Patrimoniale.
3) Costruzione di una campagna contro il Fiscal Compact con l’obiettivo di impedirne l’approvazione a parte del Parlamento.
4) Costruzione di una bozza di programma da far discutere nel corso dell’estate e su cui costruire un confronto largo con le forze della sinistra di alternativa e a livello di massa.
5) Lancio nel mese di luglio di una campagna sulle emergenze sociali e democratiche con la raccolta di firme su 3 leggi di iniziativa popolare su cui raccogliere le firme durante l’estate.
- Politiche pubbliche per:
la creazione diretta da parte pubblica di un milione di posti di lavoro in settori ad alta intensità occupazionale, nel riassetto del territorio, nell’ efficientamento energetico degli edifici e in un piano di “piccole opere”, in sinergia con gli enti locali e dentro la definizione di meccanismi partecipativi di indirizzo e controllo;
il rilancio di un intervento sul terreno delle politiche industriali in particolare attraverso un piano per la mobilità sostenibile (cantieristica, trasporto ferroviario, trasporto pubblico locale, mobilità privata) e lo sviluppo delle energie da fonte rinnovabile.
- Istituzione del reddito sociale, secondo il modello della risoluzione europea del 20 ottobre 2010 sul reddito minimo garantito, volta ad affermare la necessità che tutti gli stati adottino norme che assicurino almeno il 60% del reddito mediano alle persone a rischio di esclusione sociale. Campagna da sviluppare assieme alla raccolta di firme sull’ICE europea, che siamo impegnati a far sostenere a tutto il partito della Sinistra Europea.
- Inserimento in Costituzione dopo l’approvazione della modifica dell’articolo 81, dell’obbligo di destinazione di una quota fissa di risorse derivanti dalle entrate dello Stato, delle Regioni, dei Comuni, alla garanzia diretta o indiretta dei diritti sociali, secondo il modello della Costituzione brasiliana (proposta Ferrara).
- ripristino di un corretto sistema pensionistico pubblico che superi riforma Monti.

6) Apertura di una campagna referendaria, con la costruzione di Comitati referendari il più ampi possibile e prevedendo la raccolta di firme nel corso del 2013, su:
- il ripristino dell’articolo 18
- l’abrogazione dell’articolo 8 della manovra di agosto del governo Berlusconi.
- L’abolizione delle tipologie lavorative più precarizzanti.

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