sabato 26 novembre 2011

Decalogo anti-signoraggio.

In questi tempi di speculazione finanziaria sta tornando di moda la teoria del complotto del signoraggio. 

Pubblichiamo un decalogo chiaro e semplice contro questi deliri che, non a caso, vengono diffusi da organizzazioni fasciste come Casapound o da siti fascisti mascherati alla stregua di comedonchisciotte.

Autodifesa contro quelli del komplotto demo-pluto-pippocratico giudaico-massonico:
Dieci facili argomenti da usare contro chi blatera di "signoraggio".

Istruzioni: copiare e incollare appena leggete la parola "signoraggio" su internet.

1) La Banca d'Italia è un ente di diritto pubblico. Il suo massimo dirigente viene nominato dal governo: quale altra società privata ha l'amministratore delegato di nomina governativa? A lavorare in Banca d'Italia si entra con concorso pubblico. In quale altra società privata si viene assunti in questo modo? Le azioni non possono essere scambiate, e il valore delle quote è fermo al 1936. Un pò strana come spa, non è vero?

2) La Banca d'Italia emette moneta perché lo Stato le ha conferito (con legge firmata dal cav. Benito Mussolini) il monopolio dell'emissione di moneta. La moneta emessa dalla Banca d'Italia non ha valore intrinseco: ha valore legale (nessuno può rifiutarsi di accettarla in pagamento) solo per volontà dello Stato.

3) Il debito pubblico nasce insieme alla nascita dello Stato, che per finanziare le sue molteplici nascenti attività preferisce indebitarsi piuttosto che tassare i cittadini.

4) Lo Stato finanzia i suoi "buchi" vendendo dei "pagherò" chiamati titoli di Stato. Li vende tramite asta pubblica a risparmiatori (nazionali ed esteri), banche ed assicurazioni (nazionali ed estere).

5) La banca centrale opera come banditore d'asta e le è espressamente vietato (articolo 21 dello statuto SEBC) fare credito in qualsiasi forma agli altri enti pubblici (sia concedendo scoperti, sia acquistando direttamente titoli di Stato).

6) Prima dell'affermarsi del principio dell'"indipendenza della banca centrale" (primi anni ottanta), era pratica comune fra i governi quella di finanziare i deficit facendo acquistare alla banca centrale quote dei nuovi pagherò emessi. E' ampiamente accertato, fin dai tempi del tardo Impero romano, che tale pratica, chiamata signoraggio, porta ad alti tassi di inflazione. La Germania degli anni '20 (la cosiddetta Repubblica di Weimar), le repubbliche sudamericane e lo Zimbabwe odierno ne sanno qualcosa. Se la moneta in circolazione cresce infatti più della quantità di beni disponibili, il prezzo della moneta non potrà che scendere, e specularmente il prezzo dei beni non potrà che salire.

7) La quantità di moneta in circolazione viene quindi decisa autonomamente dalla banca centrale, che ha come solo obiettivo (almeno in europa) quello della stabilità dei prezzi nel medio termine.

8) La nuova moneta, cioé quella in più della semplice sostituzione di banconote logorate, viene emessa in questo modo. La banca centrale acquista dalle banche dei titoli di stato (precedente emessi), che le banche avevano acquistato per loro esigenze di portafoglio. le banche si tengono la moneta, per poi prestarla, e la banca centrale si tiene i titoli. La banca centrale può emettere moneta solo in cambio di titoli, non può andare a farci la spesa.

9) La banca centrale non guadagna direttamente nell'emissione di moneta: lo farebbe se potesse tenerla in cassa e farci la spesa. Ma la moneta esiste solo è fuori dalla banca centrale e con la moneta che "crea" può comprarci solo dei titoli, che non può scambiare con delle Porsche. Il suo guadagno non è quindi la differenza fra il costo di produzione della banconota (si dice sia trenta centesimi) e il valore nominale della banconota, bensì l'interesse che questa percepisce sui titoli di stato.

10) Parte di questi interessi va a coprire le spese di gestione, parte va a pagare le imposte, parte va ad incrementare le riserve in valuta dello Stato, e il rimanente va ai famosi azionisti privati. Agli azionisti della banca d'Italia, nel 2006 è andata in totale la mostruosa cifra di 15.600 (quindicimila seicento) euro.



Perchè la teoria del complotto è pericolosa?


- Perchè fa credere che i problemi sociali e politici possono essere risolti grazie all'uso "allegro" della moneta cartacea

- Perchè fa da corollario alla teoria del complotto nazista classica: ebrei + massoni che dissanguano il lavoratore

- Perchè se diventasse troppo diffusa, creerebbe un clima favorevole all'iperinflazione, che, ricordiamolo, fu alla base dell'avvento del nazismo in Germania.

- Infine, perchè essendo una cazzata, che però pretende di "spiegare il mondo", è dannosa per il comunista (ma anche per il non comunista) in quanto lo distrae dall'analisi dei veri processi alla base dei fenomeni economici.

venerdì 25 novembre 2011

Referendum: campagna di obbedienza civile!

Riceviamo dal Forum Italiano dei Movimenti sull'Acqua


Applicare il referendum
Con la pubblicazione, in data 20 luglio 2011, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 116 è stata sancita ufficialmente la vittoria referendaria e l’abrogazione della norma che consentiva ai gestori di caricare sulle nostre bollette anche la componente della “remunerazione del capitale investito”.
Se non saranno le istituzioni a far rispettare l’esito del referendum, saranno le cittadine e i cittadini a farlo.
Per questo lanciamo la campagna di obbedienza civile: ovvero il rispetto della volontà popolare eliminando il profitto dalle bollette. 

Perchè una campagna di "obbedienza civile"

La “remunerazione del capitale investito”, che ricordiamo, è pari al 7% della sommatoria degli investimenti effettuati nel periodo di affidamento al netto degli ammortamenti, nella generalità dei casi, incide sulle nostre bollette per una percentuale che oscilla, a seconda del gestore, fra il 10% e il 20%.
Il referendum era stato proposto per far valere un principio chiaro: nella gestione dell’acqua non si devono fare profitti! E la risposta dei cittadini (95,8% a favore della cancellazione del profitto) non lascia alcun dubbio sull’opinione, praticamente unanime, del popolo italiano.
Oggi, a distanza di alcuni mesi, risulta che, in tutto il territorio nazionale, nessun gestore abbia applicato la normativa, in vigore dal 21 luglio 2011, diminuendo le tariffe del servizio idrico. In
altre parole tutti i gestori del servizio idrico italiano hanno ignorato con pretestuose argomentazioni l’esito referendario.
Questo non può essere accettato!
Perciò chiediamo a tutti i cittadini italiani utenti del servizio idrico di aderire alla campagna di “obbedienza civile”

In cosa consiste la campagna di "obbedienza civile"

La campagna di “obbedienza civile” consiste nel pagare le bollette, relative ai periodi successivi al 21 luglio 2011, applicando una riduzione pari alla componente della “remunerazione del capitale investito”.
E’ stata chiamata di “obbedienza civile” perché non si tratta di “disubbidire” ad una legge ingiusta,
ma di “obbedire” alle leggi in vigore, così come modificate dagli esiti referendari.
Lo scopo principale della campagna di “obbedienza civile” è ovvio: ottenere l’applicazione del risultato che è inequivocabilmente scaturito dai referendum.
Con la mobilitazione attiva di centinaia di migliaia di cittadini ci proponiamo di attivare una forma diretta di democrazia dal basso, auto-organizzata, consapevole e indisponibile a piegare la testa ai diktat dei poteri forti di turno.
Ci proponiamo anche di dare una risposta all’evidente crisi della democrazia rappresentativa dei partiti, ormai diventata impermeabile non solo alle istanze della società, ma persino ai formali esiti delle consultazioni codificate nella nostra Carta Costituzionale, come appunto i referendum abrogativi.
Dal 1 Gennaio 2012 parte in tutta Italia la campagna di “obbedienza civile”.
Unisciti anche tu!
Fuori l’acqua dal mercato fuori i profitti dall'acqua

venerdì 18 novembre 2011

Ferrero: la perfetta operazione Monti.

Parte il governo Monti. Nello stile e nei toni diversissimo dal governo Berlusconi. Nei contenuti no. Il programma presentato alle camere è integralmente neoliberista. Fin nelle virgole. E' la prosecuzione, radicalizzata dalle richieste europee, delle politiche già messe in atto da Berlusconi e Sacconi, confermate per intero. Dalle privatizzazioni alle liberalizzazioni passando per il taglio della spesa pubblica, la manomissione delle pensioni e di cosa rimane del mercato del lavoro, fino alla reintroduzione dell'Ici sulla prima casa. Il tutto ovviamente senza dire una parola sulle rendite finanziarie, sulle cause della speculazione, sulle sciagurate politiche europee, che - al contrario - sono per il governo da applicare sotto dettatura. L'idea che il pareggio di bilancio dello stato italiano non solo debba essere inserito in Costituzione, ma addirittura certificato da una società privata, è la ciliegina sulla torta. Lo stato, per rendersi credibile agli occhi degli speculatori, deve farsi controllare dagli amici degli speculatori! Un programma che aggraverà la crisi e le disparità sociali. Da questo punto di vista il governo Monti è stato una perfetta operazione con cui i poteri forti - italiani ed Europei - sono riusciti ad evitare che la caduta di Berlusconi determinasse anche il minimo spostamento a sinistra dell'asse del paese. Lo hanno fatto con il contributo determinante del Presidente della Repubblica, che si è fatto promotore dell'operazione, e grazie all'ignavia politica del Pd, che non è riuscito nemmeno a imporre il ritorno alle urne. Contro questo governo dobbiamo quindi costruire l'opposizione sociale, culturale e politica. Nella costruzione dell'opposizione dobbiamo però essere consapevoli che questo governo parte avendo dalla sua un pregiudizio positivo. Non solo perché viene al posto del governo Berlusconi, di cui larga parte della popolazione non ne poteva più. Il governo Monti incrocia alcuni elementi di senso comune che si sono venuti formando nel corso degli anni: per esempio, la presentabilità di Monti e dei suoi ministri, vista con sollievo dopo le figuracce rimediate a livello mondiale grazie a Berlusconi. Vi sono però due elementi più di fondo che vanno soppesati bene per non fare errori. In primo luogo la sfiducia verso la politica e il ceto politico; i tecnici come garanzia di maggiore serietà, competenza. Questo elemento peserà nel tempo, specie se il governo Monti prenderà misure sui costi della politica. Non è cosa di poco conto. La maggioranza della popolazione italiana considera i costi della politica il primo insopportabile elemento di ingiustizia e per questo apre a Monti un credito fiduciario. Quando diciamo che occorre caratterizzare la nostra iniziativa politica mettendo al centro le pratiche sociali, le lotte, il mutualismo, la solidarietà concreta, è perché pensiamo che l'unico modo per ricostruire una credibile politica comunista parta dalla condivisione. Non solo propaganda o presenza istituzionale: occorre porre il centro del lavoro politico nel sociale e nella costruzione culturale. In secondo luogo, il convincimento che il quadro dell'economia mondiale ed europea in cui ci muoviamo sia oggettivo, naturale e che quindi è bene che siano dei tecnici a gestirlo. Se la speculazione è un fenomeno naturale - di cui non si riesce bene a capire l'origine - il punto non è perdersi in chiacchiere inutili sul da farsi ma applicare con rigore e sobrietà le ricette proprie della scienza economica: una tecnica, appunto. La forza da cui parte Monti non è quindi data solo dal fatto di essere il sostituto di Berlusconi, ma anche dai limiti profondi che hanno caratterizzato l'antiberlusconismo. L'aver fatto credere che la cialtroneria e gli interessi personali di Berlusconi fossero all'origine di tutti i guai del paese regala oggi a Monti un pregiudizio positivo del tutto immeritato rispetto ai propositi che lo caratterizzano e agli interessi che difende. Occorre tenere presente questi elementi, in primo luogo per capire perché oggi larga parte della gente che ha lottato per la caduta di Berlusconi guarda a Monti come ad una speranza. E' un sentimento con cui dobbiamo fare i conti, per evitare che la nostra proposta di opposizione sia incomprensibile a vasti strati popolari. Occorre spiegare che la politica di Monti verrà usata dalla destra per riguadagnare consenso e che le elezioni anticipate erano l'unica strada efficace per porre fine all'era berlusconiana. Inoltre, per costruire una opposizione efficace al governo Monti, non basterà agire sulle contraddizioni che si determineranno a causa delle sue politiche economiche e sociali. Senza la messa in discussione - a livello di massa - del fatto che non vi è nulla di naturale e di oggettivo nelle politiche neoliberiste, la delusione per le politiche di Monti non determinerà protagonismo politico ma ulteriore delusione. In altre parole, dobbiamo operare consapevolmente per trasformare l'antiberlusconismo in antiliberismo come condizione per costruire opposizione di massa e rafforzare la sinistra di alternativa.

I ministri che vorremmo.

Poiché inascoltati, noi di Liberazione abbiamo recapitato al Presidente del Consiglio incaricato una lista di nomi per la composizione di un governo "tecnico". Non avendo ricevuto risposta alcuna, crediamo di fare cosa utile rendendo pubblica la nostra proposta.

Presidente del Consiglio
Raniero La Valle, Comitato "Dossetti" per la difesa della Costituzione

Interni
Rossana Rossanda, giornalista, scrittrice

Esteri
Luisa Morgantini, ex vicepresidente Parlamento europeo

Difesa
Falco Accame, ammiraglio

Welfare
Felice Roberto Pizzuti, docente di politica economica presso La Sapienza

Giustizia
Raffaele Guarniello, magistrato

Istruzione
Annamaria Rivera, antropologa

Ambiente
Carla Ravaioli, giornalista, scrittrice

Infrastrutture
Mario Tozzi, geologo

Trasporti
Dante De Angelis, ferroviere

Economia
Emiliano Brancaccio, economista

Sanità
Gino Strada, medico

Lavori Pubblici e piccole opere
Nicoletta Dosio, movimento No-Tav

Sport
Zdenek Zeman, allenatore

Beni comuni
Marco Bersani, Attac Italia

Spettacolo
Licia Maglietta, attrice

Immigrazione
Laura Boldrini, ortavoce Alto commissariato Onu per i rifugiati

Beni culturali
Ascanio Celestini, attore, regista, scrittore

Chi sono i ministri di Monti.

La squadra di governo tutta banche, Confindustria e Chiesa.


Lui poi, ha già preso il posto di Tremonti, un super-ministro detto e fatto, insignito sul campo da Mario Monti in persona, che lo ha definito «una promessa e una premessa»: Corrado Passera, 57 anni, da Cuneo, segni particolari banchiere. Neo ministro in un settore chiave, Sviluppo e Infrastrutture. Non gli manca niente. Bocconiano, Wharton School of Philadelphia, enfant prodige, manager di questo e quello (Olivetti, Cir, Espresso-Repubblica, Ambroveneto, Poste, collaboratore di Prodi e Azeglio Ciampi, ecc) è noto per essere, oltre che l'ad di Intesa SanPaolo, della cui fusione è stato l'artefice, uno dei business-man più pagati d'Italia. Cioè 5,29 milioni (di euro), anno 2010. E' molto noto anche per aver risanato le Poste italiane lasciando sul terreno 20.000 posti di lavoro tra il 1998 e il 2002: solo "danni collaterali", da lui chiamati Piano Impresa. Un vero tipo "ad alta caratura".
E' un uomo tutto consigli di amministrazione banche e spa (Sole 24 Ore, Fidia, Pirelli, Telecom, Unicredit) anche
Francesco Profumo, 68 anni da Savona, laurea in ingegneria elettrotecnica, visiting professor in una università del Wisconsin e in una di Nagasaki (wow!), nonché presidente del Cnr: nominato, chissà perché, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. La Gelmini si è subito e vivamente complimentata con lui. Inquietante.
Piace molto a Bagnasco il nominato ai Beni culturali: il 63enne
Lorenzo Ornaghi, da Monza, preso direttamente dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di cui è gran rettore (tre mandati consecutivi) dal 2002. Già allievo del "padre" della Lega Gianfranco Miglio, insignito dell'"Ambrogino d'oro", vicepresidente del quotidiano della Cei Avvenire, uomo delle Onlus e di varie istituzioni internazionali di matrice cattolica. Un vero «uomo di Chiesa».
Come del resto
Andrea Riccardi, il benemerito fondatore della fortissima Comunità di Sant'Egidio, neo ministro senza portafoglio alla Integrazione e alla Cooperazione. L'uomo giusto al posto giusto, professore universitario dal 1981, mediatore di conflitti internazionali (per esempio in Mozambico), laurea honoris causa da parte di varie università cattoliche europee, inserito dal Time nell'elenco dei «trentasei eroi moderni», biografo di Giovanni Paolo II; nonché insignito del "Premio Balzan per la pace, l'umanità, la fratellanza dei popoli". Anche lui piace molto a Bagnasco.
Unicredit, Unicredit: un convitato di riguardo al nuovo tavolo ministeriale.
Piero Gnudi, chi era costui? Da ieri lo sappiamo: ministro allo Sport e Turismo, al posto della Vittoria Brambilla; classe 1938, da Bologna, di mestiere dottore commercialista; ma ancor più consigliere di amministrazione di Unicredit, membro della Giunta di Assonime, del Consiglio generale dell'Aspen Istitute nonché del Consiglio Direttivo per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti; nonché presidente o sindaco di Enel, Iri, Rai Holding, Locat, Astaldi. Uno a 360 gradi. Il Sole 24 Ore nel 2009 lo inserisce nella categoria dei manager più pagati, 1.149.246 euro l'anno. Comprereste da quest'uomo un'auto usata?
C'è anche l'ammiraglio. Un vero ammiraglio alla Difesa (e se no dove?):
Giampaolo Di Paola, 67 anni da Torre Annunziata. Già tenente di Vascello (quei tipi elegantissimi, molto cinematografici) nel 1971, poi capitano di Corvetta, poi capitano di Fregata, poi Contrammiraglio, poi Ammiraglio, poi capo di Gabinetto della Difesa, poi capo di Stato Maggiore della Difesa, oggi «presidente del comitato della Nato, il massimo organo collegiale militare dell'Alleanza». Parla fluenty inglese, francese, spagnolo, ama l'arte e la musica classica, pratica lo sci e l'alpinismo. Nota bene. «L'ammiraglio ha appreso la notizia del suo incarico mentre era a Kabul, Afghanistan».
Un ammiraglio è un ammiraglio.
Anche un prefetto è un prefetto. Non manca nemmeno questo, nella nuova "rosa" ministeriale. Addirittura un prefetto donna, la prima volta nella storia d'Italia, un record.
Anna Maria Cancellieri, 67 anni, romana, laureata in Scienze politiche, nuovo ministro dell'Interno, la seconda donna al Viminale dopo Rosa Russo Iervolino, un altro record. La definiscono una "lady di ferro", che bada al sodo, non fa sconti a nessuno e non le piacciono le quote rosa. «Io l'8 Marzo l'abolirei». Lady di ferro, seppur «vicina all'Udc».
Una donna anche alla Giustizia, anche lei vicina all'Udc. La professoressa
Paola Severino, 1948 da Napoli, una signora di peso e anche lei un record: la prima volta di una donna al ministero di via Arenula. Più che professoressa, la Paola Severino è uno dei più noti avvocati penalisti italiani. Un gran curriculum: per esempio la difesa di nomi eccellenti come Romano Prodi, Giovanni Acampora, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Geronzi (crac Cirio). E' stata anche l'avvocato delle comunità ebraiche contro Priebke; anche presidente della Luiss; anche presidente del Consiglio della Magistratura militare. Nonché uno dei manager più pagati d'Italia (oltre 3,3 miliardi di lire nel 1998, se vi piace). Molto apprezzata da uno che di nome fa Berlusconi, è stata a un passo da essere promossa al posto di Nitto Palma quando Alfano ha lasciato. Sposata; suo marito, Paolo Di Benedetto, nel 2003 è stato nominato commissario della Consob da uno che di nome fa Silvio Berlusconi. Per la serie, amici di vecchia data.
E
Renato Balduzzi - 1955, Voghera - è il nuovo ministro della Salute, mani in pasta nel "Maggiore" di Novara e nel "Sant'Orsola-Malpighi" di Bologna, nonché presidente del Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale); del Miic (Movimento internazionale degli intellettuali cattolici) e dell'Icmica (un altro Movimento internazionale del genere). Dicono che anche lui piace molto a Bagnasco.
In tutto fanno sedici nuovi ministri. Scelti oculatamente tra banche, Confindustria, Chiesa. I loro ministri.

domenica 13 novembre 2011

8^o Congresso Provinciale


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I governi tecnici non esistono

di Fabio Sebastiani
da Liberazione del 12/11/2011
Un anno e mezzo, il tempo che in Germania cambi la guida politica e poi forse si può tornare a respirare. Tra i numeri "sotto osservazione" degli economisti, il conto alla rovescia su quel che accade nel paese della Merkel è sta diventando un punto di riferimento. Altri riguardano allo spread, che danno in fase di rientro sotto i 300 punti, e quel tasso di interesse sul debito che al 3.5-4% dovrebbe far dormire sonni tranquilli. Il 7% è il suicidio sicuro, perché vorrebbe dire non riuscire più a pagare il debito. E' la stessa cosa che accade alle vittime degli strozzini. Raggiungere l'obiettivo della metà di quel tasso vorrebbe dire, come sostengono alcuni economisti, fermare l'emorragia di reddito dai lavoratori agli speculatori. 
Non va dimenticato, però, che la crisi, in fondo, è e resta europea: nata nei buchi della costruzione dell'euro e maturata nei grossolani errori della coppia Merkel-Sarkozy nella gestione della crisi della Grecia. In buona sostanza la tesi è la seguente: se avessero difeso per tempo la Grecia la speculazione non avrebbe sentito "l'odore del sangue". E dopo l'Italia, l'attacco alla Francia è quasi matematico. La partita è internazionale e riguarda anche le contraddizioni interne al capitale. Come spiega bene Emiliano Brancaccio. «L'espressione poteri forti a proposito di Mario Monti mi sembra ingenuamente cospirazionista - dichiara a Liberazione -. E non mi piace. Tuttavia è vero che la crisi dell'Unione monetaria europea è anche una crisi che deriva da uno scontro tra capitali forti situati nelle aree centrali del continente e capitali deboli situati nei paesi periferici. E il rischio è che questo scontro trovi sbocco in una acquisizione dei capitali deboli da parte dei capitali forti. Essendo Mario Monti un convinto liberoscambista cioè un fautore della piena libertà di mercato in effetti poterbbe risultare non ostile a questo processo di cannibalismo». 
«L'Italia ha dei margini risicati», sottolinea Beniamino Lapadula, «ma qualcosa si può fare». Un governo tecnico potrebbe servire a "passare a nuttata" ma la nottata non passa senza alcuni provvedimenti che invece di tecnico non hanno proprio niente: la patrimoniale, da una parte, e la riforma fiscale dall'altra. Due "provvedimenti minimi", come vengono considerati dagli economisti, che dovrebbero servire a riportare un clima di fiducia, disinnescare la delega fiscale del governo di centrodestra, pronta a falcidiare i redditi medio-bassi. Insomma, la parola credibilità non deve significare "disponibilità a fare qualsiasi cosa". Per esempio, la spesa pubblica non può dare più niente perché al netto degli interessi è la più bassa d'Europa. 
L'episodio, inquietante, della visita al Senato, l'altro ieri, dei due commissari Ue e Bce, in piena attività della commissione Bilancio non lascia sperare nulla di buono. Il programma del cosiddetto "governo tecnico" è scritto letteralmente sotto dettatura. Del resto, non è un mistero per nessuno che l'invio degli ispettori del Pmi è stata una mossa di Obama che ad un certo punto tra gli strafalcioni della Merkel e l'inaffidabilità del premier italiano ha preferito muovere le corazzate. 
«La situazione economica e finanziaria del paese è grave - dice Roberto Romano, economista della Cgil Lombardia - ma ci sono tante possibili soluzioni, a cominciare dal rallentamento della tensione e della costruzione di un rinnovato clima di fiducia. E' chiaro che gli interventi a gamba tesa degli ispettori, arrivati fin dentro le assemblee elettive non aiutano, anzi. Fanno percepire nel mondo l'idea di un paese sotto tutela. Spero vengano smentite». 
«Quello che non capisce l'Unione europea - aggiunge Romano - è che sì abbiamo probema ma da qui a pensare che nella prospettiva della crescita si possa tener fuori la riforma fiscale ce ne corre». «Alcuni interventi si possono fare senza problemi - aggiunge Romano -: possiamo intervenire sugli aiuti finanziari pubblici alle imprese, per esempio. Le impese investono 150 miliardi all'anno ma non producono crescita perché forse sbagliano o non sono capaci ad intercettare i nuovi settori. L'Italia è il terzo produttore di energie rinnovabili ma non produce un pannello solare. E' normale? Ci sono, poi, ben 160 miliardi pubblici che vanno in parte a persone sbagliate. Chi ci guadagna sono i soliti».
«Siamo un paese che è arrivato sull'orlo del baratro - sottolinea ancora Lapadula - e non abbiamo più una via italiana». Ma siamo o no ancora un paese sovrano? «Decidere autonomamente l'uscita dall'euro - risponde Lapadula - vorrebbe dire mettere nel conto una riduzione netta della ricchezza del paese del 40%. Ciò vuol dire diventare preda di chiunque».


venerdì 11 novembre 2011

No al governo dei banchieri

Pochi giorni fa abbiamo assistito alla crisi del governo Berlusconi e all'annuncio delle sue dimissioni. Si tratta di un passaggio che avevamo a lungo perseguito e che abbiamo festeggiato. Un'epoca si chiude e questa fine è segnata non solo dalle dimissioni di Berlusconi, ma dall'evidente crisi politica della destra berlusconiana. L'aggregazione che Berlusconi aveva cementato è in corso di sfaldamento. Questo passaggio rappresenta un punto decisivo della vicenda politica italiana e per milioni di cittadini italiani che in questi anni hanno lottato contro il governo, un elemento di grandissima soddisfazione.
Di fronte a questa crisi la strada maestra è rappresentata dalle elezioni immediate. Per due ordini di motivi. In primo luogo perché dopo la situazione putrescente determinata dal governo Berlusconi e dalla sua crisi, è necessario un bagno rigeneratore per la democrazia. La democrazia la si vivifica in un modo solo, facendola funzionare, restituendo la parola al popolo. In secondo luogo perché la nostra proposta di costruire un fronte democratico tra le forze della sinistra e del centrosinistra è la strada attraverso cui è possibile battere definitivamente queste destre, ma anche configurare il quadro politico più avanzato nelle condizioni date. Non un quadro di alternativa - lo abbiamo ripetuto fino alla noia - ma certo il quadro politico migliore per la democrazia e per le classi popolari.
Al contrario, il Presidente della Repubblica e larga parte del quadro politico stanno indirizzando la crisi politica in un'altra direzione, quella del governo istituzionale affidato a Monti, tecnocrate di provata fede liberista. Noi siamo fermamente contrari a questa proposta per due ordini di motivi: determinerebbe un governo che risponde ai dictat europei e confindustriali, non certo alle necessità del popolo italiano. Un governo che sarebbe fedele esecutore delle direttive europee e che non farebbe altro che avvicinare la situazione italiana a quella greca: recessione, politiche antisociali, privatizzazioni a tutto spiano, nessuna lotta alla speculazione finanziaria. In secondo luogo permetterebbe alle destre populiste - a partire dalla Lega - di rifarsi una verginità rispetto ai disastrosi anni del loro governo e di ricostruire consenso popolare. Un vero disastro.


In questo contesto noi proponiamo a tutte le forze che si opporranno a questo governo tecnocratico di dar vita ad un patto di consultazione permanente, al fine di condurre con la maggiore efficacia possibile l'opposizione sociale e politica.

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