domenica 13 novembre 2011

I governi tecnici non esistono

di Fabio Sebastiani
da Liberazione del 12/11/2011
Un anno e mezzo, il tempo che in Germania cambi la guida politica e poi forse si può tornare a respirare. Tra i numeri "sotto osservazione" degli economisti, il conto alla rovescia su quel che accade nel paese della Merkel è sta diventando un punto di riferimento. Altri riguardano allo spread, che danno in fase di rientro sotto i 300 punti, e quel tasso di interesse sul debito che al 3.5-4% dovrebbe far dormire sonni tranquilli. Il 7% è il suicidio sicuro, perché vorrebbe dire non riuscire più a pagare il debito. E' la stessa cosa che accade alle vittime degli strozzini. Raggiungere l'obiettivo della metà di quel tasso vorrebbe dire, come sostengono alcuni economisti, fermare l'emorragia di reddito dai lavoratori agli speculatori. 
Non va dimenticato, però, che la crisi, in fondo, è e resta europea: nata nei buchi della costruzione dell'euro e maturata nei grossolani errori della coppia Merkel-Sarkozy nella gestione della crisi della Grecia. In buona sostanza la tesi è la seguente: se avessero difeso per tempo la Grecia la speculazione non avrebbe sentito "l'odore del sangue". E dopo l'Italia, l'attacco alla Francia è quasi matematico. La partita è internazionale e riguarda anche le contraddizioni interne al capitale. Come spiega bene Emiliano Brancaccio. «L'espressione poteri forti a proposito di Mario Monti mi sembra ingenuamente cospirazionista - dichiara a Liberazione -. E non mi piace. Tuttavia è vero che la crisi dell'Unione monetaria europea è anche una crisi che deriva da uno scontro tra capitali forti situati nelle aree centrali del continente e capitali deboli situati nei paesi periferici. E il rischio è che questo scontro trovi sbocco in una acquisizione dei capitali deboli da parte dei capitali forti. Essendo Mario Monti un convinto liberoscambista cioè un fautore della piena libertà di mercato in effetti poterbbe risultare non ostile a questo processo di cannibalismo». 
«L'Italia ha dei margini risicati», sottolinea Beniamino Lapadula, «ma qualcosa si può fare». Un governo tecnico potrebbe servire a "passare a nuttata" ma la nottata non passa senza alcuni provvedimenti che invece di tecnico non hanno proprio niente: la patrimoniale, da una parte, e la riforma fiscale dall'altra. Due "provvedimenti minimi", come vengono considerati dagli economisti, che dovrebbero servire a riportare un clima di fiducia, disinnescare la delega fiscale del governo di centrodestra, pronta a falcidiare i redditi medio-bassi. Insomma, la parola credibilità non deve significare "disponibilità a fare qualsiasi cosa". Per esempio, la spesa pubblica non può dare più niente perché al netto degli interessi è la più bassa d'Europa. 
L'episodio, inquietante, della visita al Senato, l'altro ieri, dei due commissari Ue e Bce, in piena attività della commissione Bilancio non lascia sperare nulla di buono. Il programma del cosiddetto "governo tecnico" è scritto letteralmente sotto dettatura. Del resto, non è un mistero per nessuno che l'invio degli ispettori del Pmi è stata una mossa di Obama che ad un certo punto tra gli strafalcioni della Merkel e l'inaffidabilità del premier italiano ha preferito muovere le corazzate. 
«La situazione economica e finanziaria del paese è grave - dice Roberto Romano, economista della Cgil Lombardia - ma ci sono tante possibili soluzioni, a cominciare dal rallentamento della tensione e della costruzione di un rinnovato clima di fiducia. E' chiaro che gli interventi a gamba tesa degli ispettori, arrivati fin dentro le assemblee elettive non aiutano, anzi. Fanno percepire nel mondo l'idea di un paese sotto tutela. Spero vengano smentite». 
«Quello che non capisce l'Unione europea - aggiunge Romano - è che sì abbiamo probema ma da qui a pensare che nella prospettiva della crescita si possa tener fuori la riforma fiscale ce ne corre». «Alcuni interventi si possono fare senza problemi - aggiunge Romano -: possiamo intervenire sugli aiuti finanziari pubblici alle imprese, per esempio. Le impese investono 150 miliardi all'anno ma non producono crescita perché forse sbagliano o non sono capaci ad intercettare i nuovi settori. L'Italia è il terzo produttore di energie rinnovabili ma non produce un pannello solare. E' normale? Ci sono, poi, ben 160 miliardi pubblici che vanno in parte a persone sbagliate. Chi ci guadagna sono i soliti».
«Siamo un paese che è arrivato sull'orlo del baratro - sottolinea ancora Lapadula - e non abbiamo più una via italiana». Ma siamo o no ancora un paese sovrano? «Decidere autonomamente l'uscita dall'euro - risponde Lapadula - vorrebbe dire mettere nel conto una riduzione netta della ricchezza del paese del 40%. Ciò vuol dire diventare preda di chiunque».


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