giovedì 29 dicembre 2011

Landini: l'11 Febbraio in piazza per difendere i diritti


Secondo Landini, capo della Fiom, «bisogna rimettere al centro la questione del lavoro e chiedere un nuovo modello di sviluppo da attuare attraverso un piano straordinario di investimenti pubblici e privati». La battaglia per i diritti, la libertà sindacale, le questioni della crisi economica e sociale, sono alcuni degli argomenti sui quali il leader della Fiom, Maurizio Landini, ha colloquiato col Riformista.

Si prepara un inizio del 2012 decisamente caldo?

Sicuramente la situazione è molto difficile, in una fase di crisi epocale in Italia si assiste ad un vero e proprio attacco ai diritti dei lavoratori. Il paradosso è che invece di parlare della crisi economica e sociale, alcuni mettono sotto tiro il contratto nazionale del lavoro. Quello che sta accadendo alla Fiat, gli accordi separati alla Fincantieri, sono il segnale di un grave arretramento sul piano dei diritti e della libertà di scelta nelle fabbriche. Lo dico chiaro, è una questione autentica di democrazia.
La crisi sta toccando tutti i settori, l’industriale dei torroncini Giuseppe Condorelli ha messo in evidenza il fatto che persino il settore dei dolci nel periodo natalizio risente di un leggero calo. Cosa che non avviene all’estero. Cosa sta accadendo?
Credo che stiano emergendo i nodi cruciali che da tempo denunciamo. La redistribuzione della ricchezza è a danno dei lavoratori. Ed è sempre più evidente che oggi si è poveri lavorando, è questo uno degli amari paradossi della condizione italiana. Inoltre assistiamo a livelli di precarietà ed incertezza che non hanno precedenti dal dopoguerra a oggi. Tutto questo porta inevitabilmente al calo dei consumi, alla recessione. Noi abbiamo indetto per l’11 di febbraio una grande manifestazione a Piazza San Giovanni per difendere i diritti, per rimettere al centro la questione del lavoro, e chiedere un nuovo modello di sviluppo da attuare attraverso un piano straordinario di investimenti pubblici e privati.

Emanuele Macaluso ha parlato di una questione sociale, inedita e spietata. Cosa ne pensa?

È la grande emergenza per eccellenza. Penso che bisogna tornare ad assumere la piena occupazione come obiettivo di un nuovo modello di sviluppo. Le risorse vanno ricercate attraverso l’introduzione di una vera patrimoniale, una dura lotta all’evasione fiscale, ed una più efficace battaglia contro la corruzione. Progettualmente serve un piano per la mobilità sostenibile ed un piano straordinario per nuove forme di energia rinnovabile. Questo richiede un rapporto di dialogo fra governo, istituzioni locali, università, lavoro ed imprese, che sperimenti nuovi modelli organizzativi e nuova qualità delle produzioni.

Qual è la sua opinione sulla cosiddetta fase 2 del governo Monti?

Credo che la fase 1 sia stata non positiva, perché si è continuato a fare pagare i soliti noti, il sacrificio delle pensioni d’anzianità è stato l’emblema di queste scelte sbagliate. Serve una crescita equa e sostenibile, fino ad ora non si visto nulla di tutto questo.

Qual è la sua idea sulla riforma del lavoro?

Penso che esiste un problema vero, milioni di persone con contratti precari, debolissimi. Vi è l’esigenza di un sistema di tutela universale. Bisogna ridurre le forme di lavoro precario, e questo lo si fa anche rendendo molto più costosa per le aziende questa tipologia di contratti. Occorre estendere gli ammortizzatori sociali e la cassa integrazione. Occorrono nuove tutele, non nuovi attacchi ai diritti.

Il caso Fiat. Andrete dai magistrati?

Noi riteniamo non accettabile che la Cgil non possa non avere gli stessi diritti di tutti gli altri sindacati italiani. Per questo consideriamo che la scelta della Fiat di uscire dal contratto nazionale ed imporre un proprio regolamento aziendale, violi i principi della nostra Costituzione. Faremo eleggere i rappresentanti sindacali della Fiom, li nomineremo e se la Fiat non li riconoscerà, agiremo per via legale.

In un libro-intervista, a Giancarlo Feliziani dice: «Cambiare la fabbrica per cambiare il mondo». Cosa intende?

Un nuovo modello democratico più avanzato parte dal fatto che nelle fabbriche non prevalga l’autoritarismo, ma la possibilità delle persone di realizzarsi nel lavoro che fanno, nel rispetto delle libertà civili.

mercoledì 14 dicembre 2011

Noi, Giovani Comunisti, risponderemo a Casa Pound


Firenze ha tristemente conquistato le prime pagine di tutti i giornali. Samb Modou e Diop Mor sono stati uccisi a sangue freddo nel bel mezzo del mercato di piazza Dalmazia. Motivo? Erano senegalesi. La mano che ha premuto il grilletto era quella di Gianluca Casseri, pistoiese di 51 anni residente a Firenze, che, dopo aver ucciso i due uomini ed averne feriti altri tre tra Piazza Dalmazia e il mercato di San Lorenzo, si è tolto la vita. E’ del tutto fuori strada chi parla di follia: Casseri ha agito coscientemente e spinto da una chiara volontà di eliminare chi riteneva diverso ed inferiore per il solo colore della pelle. L’uomo era infatti conosciuto per le posizioni neofasciste, razziste e negazioniste: frequentatore di CasaPound e direttore editoriale di una rivista, La Sponda, in cui esponeva le sue teorie sulla superiorità della razza ariana e su come in realtà l’Olocausto sia stato solo una grande invenzione. Quando oggi le notizie sono cominciate a girare, i camerati di CasaPound si sono sentiti in dovere di uscire con un proprio comunicato: hanno dovuto ammettere di conoscere Casseri (ha partecipato innumerevoli volte a manifestazioni ed iniziative organizzate dall’associazione ed ha pubblicato molti interventi su blog e siti a questa collegati) ma hanno preso immediatamente le distanze dicendo che “era un simpatizzante di CasaPound Italia, come altre centinaia di persone in Toscana, e altre migliaia in tutta Italia, alle quali, come del resto avviene in tutti i movimenti e le associazioni e non solo in Cpi, non siamo soliti chiedere la patente di sanità mentale”.
Hanno anche subito provveduto a cancellare dai loro siti gli interventi del killer. Atteggiamento tipico dei fascisti: tirare il sasso e nascondere la mano. Andare in giro a predicare la superiorità di chi ha la pelle bianca e poi disconoscere, vigliaccamente, episodi di furia omicida come quelli di oggi.?Nell’esprimere tutta la nostra vicinanza e il nostro sostegno alla comunità senegalese e ai familiari delle vittime, ci teniamo a sottolineare che, nonostante il dolore che ci unisce, non possiamo cadere dalle nuvole di fronte ad una gesto come quello di Casseri. Oramai da tempo diciamo, assieme all’Anpi ed altre associazioni di militanti antifascisti, che gruppi neofascisti come Casapound, Casaggì e Forza Nuova (solo per nominare i più conosciuti) non sono un fenomeno da prendere sottogamba. In nome della libertà di espressione del proprio pensiero, conquistata col sangue dei partigiani sui monti, si giustifica qualunque presa di posizione. Dobbiamo invece avere il coraggio e la forza di ribadire che i neofascisti in Italia non hanno diritto di parola in quanto disconosciuti dalla Costituzione. Viviamo nel paese in cui il sindaco Alemanno, nel bel mezzo dei tagli effettuati dal Ministro Tremonti, si permette il lusso di acquistare la sede di Casapound a Roma, in cui parlamentari di destra propongono l’equiparazione tra partigiani e repubblichini e in cui si tenta di eliminare il reato di apologia di fascismo.
Se sono i vertici della politica e delle istituzioni ad assumere pubblicamente queste posizioni ed a farsi promotori di queste iniziative, come ci si può meravigliare di fatti come quelli di oggi? Se accettiamo che personaggi come Borghezio o altri pezzi del folklore leghista aprano bocca dando fiato a qualsiasi pensiero intriso di razzismo, violenza ed intolleranza che frulla nella loro testa, come ci si può meravigliare se una maestra casertana abbassa il voto ad un’alunna perché di colore? Dobbiamo cominciare a dire no, ma in modo serio e deciso. No a Casapound che commemora i franchi tiratori il giorno della Liberazione di Firenze. No a Forza Nuova che organizza iniziative razziste con la scusa di un dibattito sulla costruzione di una moschea. No a Casaggì che si impadronisce della storia della sinistra facendo manifesti e volantini usando la storia e la faccia Bobby Sands. Dobbiamo promuovere la conoscenza della nostra storia e di che cosa è stata la Lotta di Liberazione in Italia. Dobbiamo fare di “cultura” ed “integrazione” le nostre parole d’ordine. Solo così riusciremo a mettere un freno a quest’allucinante deriva culturale che, con la complicità dell’ignoranza e dell’indifferenza comuni, rischia di contagiare irrimediabilmente parte delle giovani generazioni: ricordiamo, ed insegniamo a chi non lo sa ancora, che la nostra democrazia è nata direttamente dall’antifascismo e che i legami con queste radici non possono essere recisi. Da questo passa la richiesta ferma di chiudere le sedi e le organizzazioni neofasciste, come stabiliscono le nostre leggi, nati dal sangue della Resistenza.
In conclusione teniamo a precisare una cosa: i non conformi di Casapound sono sovente legati al Popolo della Libertà e godono di chiara agibilità politica. Non è accettabile dare agibilità ad un’operazione chiaramente di facciata, utile a sollevare dallo scontento sociale strumenti di repressione e funzionali al sistema. Nelle scuole e fra le nuove generazioni continueremo a porci realmente al di fuori del bipolarismo senza cadere in proposte autoritarie, continueremo a guardare alla storia senza falsificazioni e strumentalizzazioni, continueremo a parlare di sociale senza proporre omologazione e identità imposte. Riporteremo il tema dell’immigrazione all’interno del suo reale contesto: da una parte elemento sfruttato dal sistema economico-mafioso italiano, dall’altro pericoloso e strumentale mezzo di consenso per le destre.
Continueremo a rispondere alla crisi costruendo spazi di confronto e costruendo l’alternativa con la partecipazione, non imponendo modelli ridicoli e che fortunatamente i comunisti hanno già sconfitto nel corso della loro storia.

mercoledì 7 dicembre 2011

Manovra: aumenterà solo la miseria.

Manovra: aumenterà solo la miseria.
di Dino Greco (direttore di Liberazione)



Tiriamo le somme. Quelle economiche e quelle politiche che fatalmente ne deriveranno. Enormi le une e le altre. La manovra, per la parte attribuibile alla volontà del governo Monti, è cosa fatta. Vedremo fra breve, ma ne dubito alquanto, se il parlamento sarà in grado di spostarne anche solo una virgola.  Cominciamo con le pensioni, in primo luogo quelle di anzianità, ormai avviate sui binari dell'estinzione. Per fruirne, d'ora in poi occorreranno 42 anni di contributi, mentre la facoltà di accedervi con il doppio requisito (anagrafico + contributivo, attraverso il meccanismo delle quote) è del tutto abrogata. Cosa significa? Semplicemente che quanti alla data odierna avevano raggiunto "quota 95" (per esempio: 36 anni di contributi versati e 59 anni di età) e fra poco, con la normativa in vigore, avrebbero potuto maturare il diritto alla pensione, ora dovranno lavorare altri sei anni, fino a raggiungere la soglia contributiva minima. Né finisce qui, perché coloro che, avendo cominciato a lavorare molto giovani (e tali sono, molto spesso, proprio i dannati dei lavori manuali, alla catena di montaggio, nell'edilizia et similari), ove raggiungessero i fatidici 42 anni di contribuzione, poniamo all'età di 60, se non vorrano subire penalizzazioni economiche ne dovranno lavorare altri due. Anche la pensione di vecchiaia viene elevata a 66 anni (62 per le donne, che la vedranno progressivamente crescere fino a raggiungere la parità nel 2018). Dunque, si lavorerà molto di più per ricevere sensibilmente di meno, anche grazie all'introduzione, per tutti, del contributivo "pro-rata". Come si vede, una solenne mazzata. Di più. Con i nuovi requisiti, in ragione della labile copertura garantita dagli ammortizzatori sociali, oggi sopravvissuti, i lavoratori più anziani, anello debolissimo del mercato del lavoro, che incapperanno nel licenziamento, rischiano di non sapere più come campare. A tutto ciò si aggiunge l'infame balzello imposto alle pensioni già in essere che, al di sopra della franchigia di 980 euro lordi (due volte la minima) non saranno più indicizzate al costo della vita. Misura questa ancor più insopportabile se si pensa che essa è stata introdotta non per assicurare al sistema un equilibrio contabile che già c'è, ma soltanto ed unicamente per fare cassa. Invece, verso il basso, l'accanimento rincrudisce, perché l'Iva, la più indecente delle imposte indirette, crescerà in modo indiscriminato, di due punti.
Della patrimoniale, persino nella blanda versione evocata da Confindustria, si sono perse le tracce. L'enorme ricchezza privata, concentrata nel decimo più ricco della popolazione, resta intonsa. Il governo non ha saputo andare oltre un prelievo, in extremis, dell'1,5% sui capitali "scudati", quelli cioè fraudolentemente accumulati, esportati all'estero e poi ripuliti attraverso un risibile prelievo del 5%: un autentico riciclaggio di Stato a cui ora si aggiunge un tenero buffetto. Le banche, invece (cosa di cui si parla pochissimo), sono state gratificate di un regalo: i debiti da esse accumulati saranno ripianati dallo Stato.
L'ineffabile Presidente del Consiglio ha presentato questa manovra con toni da ultima spiaggia, come un primo passo «per evitare la fine della Grecia». Ma ha mentito. Perché le risorse per una manovra antidepressiva guidata alla mano pubblica nella manovra non ci sono e l'Italia si sta avvitando in una recessione pesantissima destinata a vanificare i durissimi sacrifici imposti al Paese. Monti - avendo eletto a mantra incontestabile il pareggio di bilancio - è prigioniero del diabolico teorema monetarista che combatte il male riproducendolo. Quando fra breve si vedrà che il rapporto debito/pil non migliora e che l'Italia non sarà in grado di onorare il proprio debito, la speculazione, libera di agire senza contrasto, si abbatterà di nuovo sull'Italia, con contraccolpi non più governabili. Merkel e Sarkozy lo hanno già messo a preventivo, ipotizzando per la prima volta, in modo esplicito, che l'euro potrebbe sopravvivere solo per un'élite di paesi europei.

Malgrado tutto ciò sia di una chiarezza lampante, il Pd, come avevamo previsto, si appresta a far sua la manovra. «Va aggiustata un pochino», ha detto Bersani, mostrando tutta la patetica impotenza di quella che fu l'opposizione parlamentare. Chissà se in cuor loro i Democrats non si stiano chiedendo se non sarebbe stato meglio andare alle urne per chiedere ai cittadini il consenso ad un'altra manovra, dentro un'altra strategia, per un altro progetto di Paese e di Europa. Forse una porzione di quel partito è assalita da questo dubbio. Ma soccomberà perché, come abbiamo già detto, vi sono atti "costituenti", che nei momenti "topici" ti fanno precipitare da una parte o dall'altra del crinale, dove le mezze misure, le aree grige non sono più praticabili. Con conseguenze irreversibili. Almeno per un tempo lungo. 
Vedremo oggi se i sindacati che hanno giudicato iniqua la manovra e annunciato uno sciopero per lunedì prossimo, sapranno andare oltre un atto di mera testimonianza.

martedì 6 dicembre 2011

VIII Congresso del Partito della Rifondazione Comunista.

L'VII Congresso del PRC si è svolto a Napoli dal 2 al 4 Novembre. Le registrazioni di tutti i tre giorni di lavori sono disponibili sul sito di Radio Radicale. Qua pubblichiamo le conclusioni del Segretario Nazionale Paolo Ferrero, il documento politico approvato dal congresso e i due documenti di minoranza respinti.


Documento approvato (votato anche dalla delegazione di Sondrio)

sabato 26 novembre 2011

Decalogo anti-signoraggio.

In questi tempi di speculazione finanziaria sta tornando di moda la teoria del complotto del signoraggio. 

Pubblichiamo un decalogo chiaro e semplice contro questi deliri che, non a caso, vengono diffusi da organizzazioni fasciste come Casapound o da siti fascisti mascherati alla stregua di comedonchisciotte.

Autodifesa contro quelli del komplotto demo-pluto-pippocratico giudaico-massonico:
Dieci facili argomenti da usare contro chi blatera di "signoraggio".

Istruzioni: copiare e incollare appena leggete la parola "signoraggio" su internet.

1) La Banca d'Italia è un ente di diritto pubblico. Il suo massimo dirigente viene nominato dal governo: quale altra società privata ha l'amministratore delegato di nomina governativa? A lavorare in Banca d'Italia si entra con concorso pubblico. In quale altra società privata si viene assunti in questo modo? Le azioni non possono essere scambiate, e il valore delle quote è fermo al 1936. Un pò strana come spa, non è vero?

2) La Banca d'Italia emette moneta perché lo Stato le ha conferito (con legge firmata dal cav. Benito Mussolini) il monopolio dell'emissione di moneta. La moneta emessa dalla Banca d'Italia non ha valore intrinseco: ha valore legale (nessuno può rifiutarsi di accettarla in pagamento) solo per volontà dello Stato.

3) Il debito pubblico nasce insieme alla nascita dello Stato, che per finanziare le sue molteplici nascenti attività preferisce indebitarsi piuttosto che tassare i cittadini.

4) Lo Stato finanzia i suoi "buchi" vendendo dei "pagherò" chiamati titoli di Stato. Li vende tramite asta pubblica a risparmiatori (nazionali ed esteri), banche ed assicurazioni (nazionali ed estere).

5) La banca centrale opera come banditore d'asta e le è espressamente vietato (articolo 21 dello statuto SEBC) fare credito in qualsiasi forma agli altri enti pubblici (sia concedendo scoperti, sia acquistando direttamente titoli di Stato).

6) Prima dell'affermarsi del principio dell'"indipendenza della banca centrale" (primi anni ottanta), era pratica comune fra i governi quella di finanziare i deficit facendo acquistare alla banca centrale quote dei nuovi pagherò emessi. E' ampiamente accertato, fin dai tempi del tardo Impero romano, che tale pratica, chiamata signoraggio, porta ad alti tassi di inflazione. La Germania degli anni '20 (la cosiddetta Repubblica di Weimar), le repubbliche sudamericane e lo Zimbabwe odierno ne sanno qualcosa. Se la moneta in circolazione cresce infatti più della quantità di beni disponibili, il prezzo della moneta non potrà che scendere, e specularmente il prezzo dei beni non potrà che salire.

7) La quantità di moneta in circolazione viene quindi decisa autonomamente dalla banca centrale, che ha come solo obiettivo (almeno in europa) quello della stabilità dei prezzi nel medio termine.

8) La nuova moneta, cioé quella in più della semplice sostituzione di banconote logorate, viene emessa in questo modo. La banca centrale acquista dalle banche dei titoli di stato (precedente emessi), che le banche avevano acquistato per loro esigenze di portafoglio. le banche si tengono la moneta, per poi prestarla, e la banca centrale si tiene i titoli. La banca centrale può emettere moneta solo in cambio di titoli, non può andare a farci la spesa.

9) La banca centrale non guadagna direttamente nell'emissione di moneta: lo farebbe se potesse tenerla in cassa e farci la spesa. Ma la moneta esiste solo è fuori dalla banca centrale e con la moneta che "crea" può comprarci solo dei titoli, che non può scambiare con delle Porsche. Il suo guadagno non è quindi la differenza fra il costo di produzione della banconota (si dice sia trenta centesimi) e il valore nominale della banconota, bensì l'interesse che questa percepisce sui titoli di stato.

10) Parte di questi interessi va a coprire le spese di gestione, parte va a pagare le imposte, parte va ad incrementare le riserve in valuta dello Stato, e il rimanente va ai famosi azionisti privati. Agli azionisti della banca d'Italia, nel 2006 è andata in totale la mostruosa cifra di 15.600 (quindicimila seicento) euro.



Perchè la teoria del complotto è pericolosa?


- Perchè fa credere che i problemi sociali e politici possono essere risolti grazie all'uso "allegro" della moneta cartacea

- Perchè fa da corollario alla teoria del complotto nazista classica: ebrei + massoni che dissanguano il lavoratore

- Perchè se diventasse troppo diffusa, creerebbe un clima favorevole all'iperinflazione, che, ricordiamolo, fu alla base dell'avvento del nazismo in Germania.

- Infine, perchè essendo una cazzata, che però pretende di "spiegare il mondo", è dannosa per il comunista (ma anche per il non comunista) in quanto lo distrae dall'analisi dei veri processi alla base dei fenomeni economici.

venerdì 25 novembre 2011

Referendum: campagna di obbedienza civile!

Riceviamo dal Forum Italiano dei Movimenti sull'Acqua


Applicare il referendum
Con la pubblicazione, in data 20 luglio 2011, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 116 è stata sancita ufficialmente la vittoria referendaria e l’abrogazione della norma che consentiva ai gestori di caricare sulle nostre bollette anche la componente della “remunerazione del capitale investito”.
Se non saranno le istituzioni a far rispettare l’esito del referendum, saranno le cittadine e i cittadini a farlo.
Per questo lanciamo la campagna di obbedienza civile: ovvero il rispetto della volontà popolare eliminando il profitto dalle bollette. 

Perchè una campagna di "obbedienza civile"

La “remunerazione del capitale investito”, che ricordiamo, è pari al 7% della sommatoria degli investimenti effettuati nel periodo di affidamento al netto degli ammortamenti, nella generalità dei casi, incide sulle nostre bollette per una percentuale che oscilla, a seconda del gestore, fra il 10% e il 20%.
Il referendum era stato proposto per far valere un principio chiaro: nella gestione dell’acqua non si devono fare profitti! E la risposta dei cittadini (95,8% a favore della cancellazione del profitto) non lascia alcun dubbio sull’opinione, praticamente unanime, del popolo italiano.
Oggi, a distanza di alcuni mesi, risulta che, in tutto il territorio nazionale, nessun gestore abbia applicato la normativa, in vigore dal 21 luglio 2011, diminuendo le tariffe del servizio idrico. In
altre parole tutti i gestori del servizio idrico italiano hanno ignorato con pretestuose argomentazioni l’esito referendario.
Questo non può essere accettato!
Perciò chiediamo a tutti i cittadini italiani utenti del servizio idrico di aderire alla campagna di “obbedienza civile”

In cosa consiste la campagna di "obbedienza civile"

La campagna di “obbedienza civile” consiste nel pagare le bollette, relative ai periodi successivi al 21 luglio 2011, applicando una riduzione pari alla componente della “remunerazione del capitale investito”.
E’ stata chiamata di “obbedienza civile” perché non si tratta di “disubbidire” ad una legge ingiusta,
ma di “obbedire” alle leggi in vigore, così come modificate dagli esiti referendari.
Lo scopo principale della campagna di “obbedienza civile” è ovvio: ottenere l’applicazione del risultato che è inequivocabilmente scaturito dai referendum.
Con la mobilitazione attiva di centinaia di migliaia di cittadini ci proponiamo di attivare una forma diretta di democrazia dal basso, auto-organizzata, consapevole e indisponibile a piegare la testa ai diktat dei poteri forti di turno.
Ci proponiamo anche di dare una risposta all’evidente crisi della democrazia rappresentativa dei partiti, ormai diventata impermeabile non solo alle istanze della società, ma persino ai formali esiti delle consultazioni codificate nella nostra Carta Costituzionale, come appunto i referendum abrogativi.
Dal 1 Gennaio 2012 parte in tutta Italia la campagna di “obbedienza civile”.
Unisciti anche tu!
Fuori l’acqua dal mercato fuori i profitti dall'acqua

venerdì 18 novembre 2011

Ferrero: la perfetta operazione Monti.

Parte il governo Monti. Nello stile e nei toni diversissimo dal governo Berlusconi. Nei contenuti no. Il programma presentato alle camere è integralmente neoliberista. Fin nelle virgole. E' la prosecuzione, radicalizzata dalle richieste europee, delle politiche già messe in atto da Berlusconi e Sacconi, confermate per intero. Dalle privatizzazioni alle liberalizzazioni passando per il taglio della spesa pubblica, la manomissione delle pensioni e di cosa rimane del mercato del lavoro, fino alla reintroduzione dell'Ici sulla prima casa. Il tutto ovviamente senza dire una parola sulle rendite finanziarie, sulle cause della speculazione, sulle sciagurate politiche europee, che - al contrario - sono per il governo da applicare sotto dettatura. L'idea che il pareggio di bilancio dello stato italiano non solo debba essere inserito in Costituzione, ma addirittura certificato da una società privata, è la ciliegina sulla torta. Lo stato, per rendersi credibile agli occhi degli speculatori, deve farsi controllare dagli amici degli speculatori! Un programma che aggraverà la crisi e le disparità sociali. Da questo punto di vista il governo Monti è stato una perfetta operazione con cui i poteri forti - italiani ed Europei - sono riusciti ad evitare che la caduta di Berlusconi determinasse anche il minimo spostamento a sinistra dell'asse del paese. Lo hanno fatto con il contributo determinante del Presidente della Repubblica, che si è fatto promotore dell'operazione, e grazie all'ignavia politica del Pd, che non è riuscito nemmeno a imporre il ritorno alle urne. Contro questo governo dobbiamo quindi costruire l'opposizione sociale, culturale e politica. Nella costruzione dell'opposizione dobbiamo però essere consapevoli che questo governo parte avendo dalla sua un pregiudizio positivo. Non solo perché viene al posto del governo Berlusconi, di cui larga parte della popolazione non ne poteva più. Il governo Monti incrocia alcuni elementi di senso comune che si sono venuti formando nel corso degli anni: per esempio, la presentabilità di Monti e dei suoi ministri, vista con sollievo dopo le figuracce rimediate a livello mondiale grazie a Berlusconi. Vi sono però due elementi più di fondo che vanno soppesati bene per non fare errori. In primo luogo la sfiducia verso la politica e il ceto politico; i tecnici come garanzia di maggiore serietà, competenza. Questo elemento peserà nel tempo, specie se il governo Monti prenderà misure sui costi della politica. Non è cosa di poco conto. La maggioranza della popolazione italiana considera i costi della politica il primo insopportabile elemento di ingiustizia e per questo apre a Monti un credito fiduciario. Quando diciamo che occorre caratterizzare la nostra iniziativa politica mettendo al centro le pratiche sociali, le lotte, il mutualismo, la solidarietà concreta, è perché pensiamo che l'unico modo per ricostruire una credibile politica comunista parta dalla condivisione. Non solo propaganda o presenza istituzionale: occorre porre il centro del lavoro politico nel sociale e nella costruzione culturale. In secondo luogo, il convincimento che il quadro dell'economia mondiale ed europea in cui ci muoviamo sia oggettivo, naturale e che quindi è bene che siano dei tecnici a gestirlo. Se la speculazione è un fenomeno naturale - di cui non si riesce bene a capire l'origine - il punto non è perdersi in chiacchiere inutili sul da farsi ma applicare con rigore e sobrietà le ricette proprie della scienza economica: una tecnica, appunto. La forza da cui parte Monti non è quindi data solo dal fatto di essere il sostituto di Berlusconi, ma anche dai limiti profondi che hanno caratterizzato l'antiberlusconismo. L'aver fatto credere che la cialtroneria e gli interessi personali di Berlusconi fossero all'origine di tutti i guai del paese regala oggi a Monti un pregiudizio positivo del tutto immeritato rispetto ai propositi che lo caratterizzano e agli interessi che difende. Occorre tenere presente questi elementi, in primo luogo per capire perché oggi larga parte della gente che ha lottato per la caduta di Berlusconi guarda a Monti come ad una speranza. E' un sentimento con cui dobbiamo fare i conti, per evitare che la nostra proposta di opposizione sia incomprensibile a vasti strati popolari. Occorre spiegare che la politica di Monti verrà usata dalla destra per riguadagnare consenso e che le elezioni anticipate erano l'unica strada efficace per porre fine all'era berlusconiana. Inoltre, per costruire una opposizione efficace al governo Monti, non basterà agire sulle contraddizioni che si determineranno a causa delle sue politiche economiche e sociali. Senza la messa in discussione - a livello di massa - del fatto che non vi è nulla di naturale e di oggettivo nelle politiche neoliberiste, la delusione per le politiche di Monti non determinerà protagonismo politico ma ulteriore delusione. In altre parole, dobbiamo operare consapevolmente per trasformare l'antiberlusconismo in antiliberismo come condizione per costruire opposizione di massa e rafforzare la sinistra di alternativa.

I ministri che vorremmo.

Poiché inascoltati, noi di Liberazione abbiamo recapitato al Presidente del Consiglio incaricato una lista di nomi per la composizione di un governo "tecnico". Non avendo ricevuto risposta alcuna, crediamo di fare cosa utile rendendo pubblica la nostra proposta.

Presidente del Consiglio
Raniero La Valle, Comitato "Dossetti" per la difesa della Costituzione

Interni
Rossana Rossanda, giornalista, scrittrice

Esteri
Luisa Morgantini, ex vicepresidente Parlamento europeo

Difesa
Falco Accame, ammiraglio

Welfare
Felice Roberto Pizzuti, docente di politica economica presso La Sapienza

Giustizia
Raffaele Guarniello, magistrato

Istruzione
Annamaria Rivera, antropologa

Ambiente
Carla Ravaioli, giornalista, scrittrice

Infrastrutture
Mario Tozzi, geologo

Trasporti
Dante De Angelis, ferroviere

Economia
Emiliano Brancaccio, economista

Sanità
Gino Strada, medico

Lavori Pubblici e piccole opere
Nicoletta Dosio, movimento No-Tav

Sport
Zdenek Zeman, allenatore

Beni comuni
Marco Bersani, Attac Italia

Spettacolo
Licia Maglietta, attrice

Immigrazione
Laura Boldrini, ortavoce Alto commissariato Onu per i rifugiati

Beni culturali
Ascanio Celestini, attore, regista, scrittore

Chi sono i ministri di Monti.

La squadra di governo tutta banche, Confindustria e Chiesa.


Lui poi, ha già preso il posto di Tremonti, un super-ministro detto e fatto, insignito sul campo da Mario Monti in persona, che lo ha definito «una promessa e una premessa»: Corrado Passera, 57 anni, da Cuneo, segni particolari banchiere. Neo ministro in un settore chiave, Sviluppo e Infrastrutture. Non gli manca niente. Bocconiano, Wharton School of Philadelphia, enfant prodige, manager di questo e quello (Olivetti, Cir, Espresso-Repubblica, Ambroveneto, Poste, collaboratore di Prodi e Azeglio Ciampi, ecc) è noto per essere, oltre che l'ad di Intesa SanPaolo, della cui fusione è stato l'artefice, uno dei business-man più pagati d'Italia. Cioè 5,29 milioni (di euro), anno 2010. E' molto noto anche per aver risanato le Poste italiane lasciando sul terreno 20.000 posti di lavoro tra il 1998 e il 2002: solo "danni collaterali", da lui chiamati Piano Impresa. Un vero tipo "ad alta caratura".
E' un uomo tutto consigli di amministrazione banche e spa (Sole 24 Ore, Fidia, Pirelli, Telecom, Unicredit) anche
Francesco Profumo, 68 anni da Savona, laurea in ingegneria elettrotecnica, visiting professor in una università del Wisconsin e in una di Nagasaki (wow!), nonché presidente del Cnr: nominato, chissà perché, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. La Gelmini si è subito e vivamente complimentata con lui. Inquietante.
Piace molto a Bagnasco il nominato ai Beni culturali: il 63enne
Lorenzo Ornaghi, da Monza, preso direttamente dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di cui è gran rettore (tre mandati consecutivi) dal 2002. Già allievo del "padre" della Lega Gianfranco Miglio, insignito dell'"Ambrogino d'oro", vicepresidente del quotidiano della Cei Avvenire, uomo delle Onlus e di varie istituzioni internazionali di matrice cattolica. Un vero «uomo di Chiesa».
Come del resto
Andrea Riccardi, il benemerito fondatore della fortissima Comunità di Sant'Egidio, neo ministro senza portafoglio alla Integrazione e alla Cooperazione. L'uomo giusto al posto giusto, professore universitario dal 1981, mediatore di conflitti internazionali (per esempio in Mozambico), laurea honoris causa da parte di varie università cattoliche europee, inserito dal Time nell'elenco dei «trentasei eroi moderni», biografo di Giovanni Paolo II; nonché insignito del "Premio Balzan per la pace, l'umanità, la fratellanza dei popoli". Anche lui piace molto a Bagnasco.
Unicredit, Unicredit: un convitato di riguardo al nuovo tavolo ministeriale.
Piero Gnudi, chi era costui? Da ieri lo sappiamo: ministro allo Sport e Turismo, al posto della Vittoria Brambilla; classe 1938, da Bologna, di mestiere dottore commercialista; ma ancor più consigliere di amministrazione di Unicredit, membro della Giunta di Assonime, del Consiglio generale dell'Aspen Istitute nonché del Consiglio Direttivo per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti; nonché presidente o sindaco di Enel, Iri, Rai Holding, Locat, Astaldi. Uno a 360 gradi. Il Sole 24 Ore nel 2009 lo inserisce nella categoria dei manager più pagati, 1.149.246 euro l'anno. Comprereste da quest'uomo un'auto usata?
C'è anche l'ammiraglio. Un vero ammiraglio alla Difesa (e se no dove?):
Giampaolo Di Paola, 67 anni da Torre Annunziata. Già tenente di Vascello (quei tipi elegantissimi, molto cinematografici) nel 1971, poi capitano di Corvetta, poi capitano di Fregata, poi Contrammiraglio, poi Ammiraglio, poi capo di Gabinetto della Difesa, poi capo di Stato Maggiore della Difesa, oggi «presidente del comitato della Nato, il massimo organo collegiale militare dell'Alleanza». Parla fluenty inglese, francese, spagnolo, ama l'arte e la musica classica, pratica lo sci e l'alpinismo. Nota bene. «L'ammiraglio ha appreso la notizia del suo incarico mentre era a Kabul, Afghanistan».
Un ammiraglio è un ammiraglio.
Anche un prefetto è un prefetto. Non manca nemmeno questo, nella nuova "rosa" ministeriale. Addirittura un prefetto donna, la prima volta nella storia d'Italia, un record.
Anna Maria Cancellieri, 67 anni, romana, laureata in Scienze politiche, nuovo ministro dell'Interno, la seconda donna al Viminale dopo Rosa Russo Iervolino, un altro record. La definiscono una "lady di ferro", che bada al sodo, non fa sconti a nessuno e non le piacciono le quote rosa. «Io l'8 Marzo l'abolirei». Lady di ferro, seppur «vicina all'Udc».
Una donna anche alla Giustizia, anche lei vicina all'Udc. La professoressa
Paola Severino, 1948 da Napoli, una signora di peso e anche lei un record: la prima volta di una donna al ministero di via Arenula. Più che professoressa, la Paola Severino è uno dei più noti avvocati penalisti italiani. Un gran curriculum: per esempio la difesa di nomi eccellenti come Romano Prodi, Giovanni Acampora, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Geronzi (crac Cirio). E' stata anche l'avvocato delle comunità ebraiche contro Priebke; anche presidente della Luiss; anche presidente del Consiglio della Magistratura militare. Nonché uno dei manager più pagati d'Italia (oltre 3,3 miliardi di lire nel 1998, se vi piace). Molto apprezzata da uno che di nome fa Berlusconi, è stata a un passo da essere promossa al posto di Nitto Palma quando Alfano ha lasciato. Sposata; suo marito, Paolo Di Benedetto, nel 2003 è stato nominato commissario della Consob da uno che di nome fa Silvio Berlusconi. Per la serie, amici di vecchia data.
E
Renato Balduzzi - 1955, Voghera - è il nuovo ministro della Salute, mani in pasta nel "Maggiore" di Novara e nel "Sant'Orsola-Malpighi" di Bologna, nonché presidente del Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale); del Miic (Movimento internazionale degli intellettuali cattolici) e dell'Icmica (un altro Movimento internazionale del genere). Dicono che anche lui piace molto a Bagnasco.
In tutto fanno sedici nuovi ministri. Scelti oculatamente tra banche, Confindustria, Chiesa. I loro ministri.

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