venerdì 29 aprile 2011

Manifestazione anti nucleare a Sondrio / Così impediremo lo scippo del referendum

Sabato 30 aprile il comitato referendario per il SI al referendum sul nucleare organizza un flash mob in Piazza Campello a Sondrio, dalle ore 10, per rompere il silenzio mediatico e denunciare i trucchetti del governo.

 COSI' IMPEDIREMO LO SCIPPO DEL REFERENDUM

di Tommaso Sodano, da "Liberazione" del 29-04-2011

Ipocrisia, furbizia e indecenza sono le espressioni che vengono alla mente dopo le ultime iniziative del Governo e le dichiarazioni di Berlusconi sul nucleare e sui Referendum.
Mercoledì della scorsa settimana il Senato ha approvato un emendamento del Governo, all'interno del decreto legge "Omnibus", con l'obiettivo dichiarato di evitare il referendum sul nucleare. Ora il testo deve essere approvato dalla Camera (senza modifiche, altrimenti tornerebbe al Senato) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Solo a quel punto l'Ufficio centrale sui Referendum della Cassazione dovrà decidere se i quesiti referendari sono stati assorbiti o meno dalle modifiche legislative. La scadenza del decreto è il 30 maggio e quindi, anche considerando una corsia preferenziale al testo, ragionevolmente si avrà la certezza sullo svolgimento del Referendum a fine maggio, primi di giugno, dunque a pochissimi giorni dal voto. Ma il testo dell'emendamento non è chiaro e la partita Referendum è tutta da giocare. Del resto, a dirimere i dubbi sulla effettiva volontà e strategia del Governo ci ha pensato lo stesso Berlusconi, nel corso del vertice italo-francese, dichiarando che «la decisione di una moratoria sul nucleare è stata presa anche per permettere all'opinione pubblica di tranquillizzarsi : un referendum ora porterebbe ad uno stop per anni del nucleare in Italia».
Dunque, sondaggi alla mano, si vuole evitare l'espressione popolare sabotando i Referendum. Berlusconi ha detto testualmente che «se andassimo oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe possibile per molti anni a venire. Il governo quindi, responsabilmente, ha ritenuto di introdurre questa moratoria per far sì che si chiarisca la situazione giapponese e magari, dopo un anno o due, si possa ritornare ad avere un'opinione pubblica consapevole della necessità di tornare all'energia nucleare»: un vero attacco alla democrazia e alla libera espressione della volontà popolare, a cui strumentalmente si rifà spesso il Cavaliere.
Davanti a tale arroganza e spregio delle regole democratiche bisogna mantenere alta l'attenzione e continuare la campagna referendaria, intrecciandola con le elezioni amministrative per chiedere con forza il mantenimento dei quesiti referendari non essendo stato assorbito, nel testo approvato, lo spirito di quei quesiti: un no netto e chiaro al ritorno del nucleare nel nostro Paese.


Ed ovunque bisogna presentare ordini del giorno per far esprimere nei Consigli Comunali la dichiarazione di "Comune denuclearizzato", e dove si rinnovano i Consigli far diventare il "No al Nucleare" una pregiudiziale programmatica .
Il testo, come si diceva, non incarna lo spirito referendario e le dichiarazioni maldestre di Berlusconi potrebbero indurre la Cassazione a ritenere che siamo davanti ad una " frode del legislatore" ed a trasferire il referendum sulle nuove norme. Dunque la partita è tutta aperta. Ma, come è emerso nei giorni scorsi, oltre al nucleare il governo vuole mettere le mani anche sui due quesiti sull'acqua pubblica. Al momento non ci sono ancora iniziative legislative, tuttavia il Ministro Romani, il sottosegretario Saglia e altri esponenti del PdL stanno brigando per far decadere anche questo quesito referendario. L'idea su cui sta lavorando il Governo riguarderebbe il passaggio della responsabilità delle tariffe dell'acqua ad un'Authority ( su questo c'è scontro di potere nel Governo intorno a chi affidare la competenza, tra Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'Ambiente) .
Sull'acqua avranno maggiori difficoltà per la complessità della materia oggetto del referendum. Perché oltre al tema della tariffa sono in discussione anche le norme che riguardano il ciclo integrato delle acque e la sua gestione, su cui difficilmente potranno mettere mano in tempi così stretti. Ma è evidente che il Governo si sta muovendo per creare confusione e spostare l'attenzione su aspetti diversi della questione posta dal quesito referendario. Fa un certo effetto sentire il Governo "sensibile" al problema della rete di distribuzione che perde mediamente il 47% dell'acqua immessa, con punte del 70-80 % al Sud, attribuendo questa situazione alla gestione pubblica. Un tema su cui da anni chiediamo insieme al Comitato per l'acqua pubblica un grande e straordinario intervento di riqualificazione delle reti, ma che esula dall'obiettivo del Referendum che vuole cancellare le norme che porterebbero entro l'anno alla privatizzazione dell'acqua in Italia.
L'obiettivo del Governo è di far saltare il quorum il 12 e 13 giugno, sia per proteggere i poteri economici forti del nucleare e delle multinazionali che vogliono mettere le mani sull'acqua, sia per salvare, ancora una volta, Berlusconi dall'altro tema oggetto di referendum, quello relativo al legittimo impedimento.
L'aggressione al referendum e ai diritti dei cittadini e la spregiudicata manipolazione delle regole democratiche richiama tutte le opposizioni al dovere di costruire una straordinaria mobilitazione nel Paese. Dobbiamo continuare la campagna referendaria senza farci condizionare dalle sirene governative, anzi utilizzando "gli imbrogli" del governo per accrescere l'indignazione e trasformarla in partecipazione attiva verso il raggiungimento del quorum e l'affermazione dei "Si".

domenica 24 aprile 2011

Il 25 Aprile non è una ricorrenza...

Anche ora si devono infrangere le resistenze al progresso, si deve conquistare maggiore democrazia nelle fabbriche e nelle scuole; anche ora si deve lottare per la pace nel mondo; anche ora è dunque necessario lottare senza tregua.

 - Giovanni  Pesce, nome di battaglia "Visone" -

 

sabato 23 aprile 2011

La casta di Bormio: cimici e parcheggi

Nell'inchiesta sui Mondiali 2005 finisce anche la piazza V Alpini

L'opera della giunta Tradati 400 posti auto da 12 milioni

Valore e dimensioni del progetto finito anch'esso sotto inchiesta

Il responsabile dell'ufficio tecnico: «Sono sereno, il mio operato è trasparente»
 

Sono 400 posti auto nel cuore del centro storico di Bormio, in piazza V Alpini, ed un investimento di circa 12 milioni di euro.
È questo il cuore di un altro intervento finito nel mirino dell'inchiesta in corso in Alta Valle sulle opere Mondiali 2005 e sull'impresa Bracchi srl. Anche questa ditta, infatti, fa parte dell'Ati, all'associazione temporanea d'imprese che ha consegnato la propria offerta per la realizzazione dell'opera, procedura la cui istruttoria è ancora in corso da parte dell'ufficio tecnico comunale di Bormio.
Obiettivo dell'opera è la realizzazione, attraverso un project financing, di un manufatto edilizio multipiano ad uso autorimessa e servizi annessi per la sosta a rotazione mediante tariffa a pagamento da concordarsi con l'amministrazione comunale e la realizzazione di un adeguato numero di box in vendita in diritto di superficie con preferenza di assegnazione ai residenti.
Le attività previste nel bando - scaduto il 19 luglio scorso, un mese e mezzo dopo la caduta dell'amministrazione Tradati - sono la progettazione, la costruzione e la gestione di una nuova autorimessa interrata in piazza V Alpini. Il valore economico dell'intervento è stimato 12 milioni di euro ed i posti auto previsti a rotazione ? a detta del bando - potranno essere tenuti in gestione dal concessionario per un periodo massimo di trenta anni e poi ceduti senza oneri al Comune.
Dando uno sguardo allo studio di fattibilità di quest'importante opera pubblica, l'obiettivo perseguito dall'allora amministrazione Tradati, che aveva caldeggiato e portato avanti il progetto era quello di giungere, con il concorso di privati, al restyling dell'immagine della piazza V Alpini restituendo tale spazio pubblico a una migliore fruizione per il cittadino ed al contempo incrementando e migliorando il sistema della sosta a rotazione a servizio del centro città. Il fabbricato dovrà ospitare almeno 400 posti auto dei quali 180 per la sosta a rotazione di proprietà del comune: i restanti potranno essere venduti in diritto di superficie. Previsti 100 metri quadri di servizi e non meno del 35% della superficie dell'attuale giardino pubblico dovrà essere sistemato a verde fruibile. Un intervento, però, che sin dalla sua origine aveva dato adito a preoccupazioni, rimostranze - in primis delle associazioni ambientaliste per la tutela del giardino alberato presente sulla piazza - e che era divenuto pure protagonista di un referendum. Nel giugno del 2007, infatti, l'allora primo cittadino Elisabetta Ferro Tradati, prima di proseguire nell'iter, aveva indetto una consultazione popolare dato il gran parlare che l'opera aveva scatenato e dal momento che si trattava - come lei stessa aveva tenuto a precisare in più di un'occasione - di un'opera epocale, che avrebbe potuto cambiare definitivamente faccia alla viabilità ed all'assetto del centro storico. Alla fine i risultati le diedero ragione dal momento che 900 bormini, cioè il 64,7% dei votanti, avevano detto sì alla realizzazione del parcheggio interrato al di sotto di piazza V Alpini; su 3321 aventi diritto di voto, cioè cittadini maggiorenni residenti a Bormio, 1409 le schede che erano state depositate nell'urna. Di queste 900 approvavano l'idea di un parcheggio interrato, un parere netto al quale è seguita la pubblicazione del bando; attualmente due le offerte presentate che sono ancora al vaglio dell'apposita commissione all'uopo predisposta.
La Procura piazza cimici,  la Polizia le trova
 
Tutto è nato da un'esigenza di comunicazione. Una società che eroga l'adsl via ponti radio (e che a Bormio ha più di un ripetitore), nel mese di gennaio ha registrato una fastidiosa interferenza tanto che si è reso necessario disattivare il servizio per un giorno e attivare la Polizia Postale che - giunta nella Magnifica terra - si è messa a ricercare il segnale birichino.
Nel giro di poco è stato localizzato il punto esatto da cui proveniva il "disturbo": il municipio di Bormio.
E così gli agenti della Polizia Postale- alla presenza di una decina tra dipendenti e vigili urbani del Comune - si sono messi a perlustrare gli uffici alla ricerca del "trasmettitore". E alla fine l'hanno trovato: si trattava di una "cimice" piazzata sopra la scrivania di un dipendente comunale - il capufficio tecnico Giuseppe Robustellini, oggi indagato per l'inchiesta Mondiali 2005 - e di una video camera nascosta sempre nell'open space in cui lavorano in tutto quattro dipendenti.
Facile immaginare la faccia degli agenti che si sono immediatamente resi conto di aver rotto le uova nel paniere. Ma a chi? Alla procura? O a qualcun altro?
Per ora non è dato sapere. Si sa invece che all'indomani del rinvenimento, le due cimici - una solo audio, l'altra audio video - sono state portate dai carabinieri di Bormio i quali hanno dovuto prendere atto della denuncia del pubblico ufficiale e comunicare in Procura il "sequestro" effettuato in municipio a Bormio.
Delle due l'una: o quelle cimici le ha fatte piazzare il procuratore capo Fabio Napoleone nell'ambito di questa o di un'altra indagine comunque legata agli interventi urbanistici ed edilizi nel comune di Bormio, oppure - ipotesi ancora più inquietante, ma che va per la maggiore in paese - quelle ricetrasmittenti sarebbero state messe da chi - magari imprenditori - volevano assicurarsi informazioni utili per vincere gare d'appalto o per partecipare a bandi o ancora per carpire indiscrezioni sull'approvazione in itinere del Pgt.
Per noi vale la prima ipotesi. Ma se anche non fosse quella giusta resta il fatto che la vicenda delle "cimici" di Bormio ha messo più di una "pulce" nelle orecchie degli indagati.

Antonia Marsetti (da La Provincia di Sondrio del 21-04-2011)

giovedì 21 aprile 2011

La Casta Padana: sugli sci!

Mondiali 2005, "avvisi" e sequestri per ex giunte, dirigenti e un'impresa

Si indaga per associazione a delinquere, truffa, corruzione e altro per due parcheggi
 
Mondiali 2005, si apre il vaso di Pandora. Fino ad ora si era solo parlato in modo astratto di inchieste in corso in Alta Valle sui mega appalti finanziati dall'evento legato al Circo Bianco.
Bene, adesso possiamo stare certi, il fascicolo c'è.
E i reati ipotizzati - associazione a delinquere, turbativa d'asta, truffa, corruzione, concussione - fanno pensare che ci sono anche "fatti" su cui gli inquirenti hanno concentrato l'attenzione. Le opere finite nel "mirino" della magistratura - tanto per usare una frase ad effetto - sono il garage interrato al Tennis Basso di Bormio e l'area di sosta al servizio della Funivia. A "Santa", invece, il parcheggio che solo nell'inverno scorso è entrato in funzione almeno in parte. Opere che hanno un unico comune denominatore: l'impresa edile di Chicco Bracchi.

Avvisi e sequestri - Una decina gli avvisi di garanzia recapitati da due mesi a questa parte a Bormio, ma secondo i soliti ben informati sarebbero molte di più le persone finite nell'inchiesta. Tre i decreti di perquisizione sino ad ora eseguiti: in municipio a Bormio, in quello di Santa Caterina Valfurva, negli uffici di Valdisotto dell'impresa edile di Chicco (Enrico) Bracchi (la Bracchi srl, ndr) e persino nella sua abitazione. Un blitz delle fiamme gialle che non è passato inosservato venerdì scorso e che ha fatto seguito all'altra brillante operazione delle Fiamme gialle che hanno denunciato 12 imprenditori valtellinesi (dei quali non sono state fornite le generalità) per aver evaso 12 milioni di euro. In un baleno in Alta Valle si è diffusa la notizia che uno di quegli imprenditori potesse essere proprio Bracchi. Notizia assolutamente smentita dall'interessato che se è vero che in questi anni è cresciuto sia in fatturato che in maestranze assunte, è anche vero che si è trovato a denunciare gravi episodi, quali ad esempio l'incendio appiccato a un suo escavatore nell'agosto del 2009. «Il mio cliente Bracchi - precisa l'avvocato Davide Dei Cas - con quell'inchiesta sugli evasori non c'entra. Confermo invece che la Guardia di Finanza si è recata negli uffici di Bracchi e ha sequestrato un pc con relativi hard disk e le pratiche relative ai lavori dei parcheggi legati ai Mondiali 2005... ma per saperne di più faremo istanza al Riesame».

Gli indagati a Bormio -Nei guai, oltre a Bracchi, sarebbero finite due giunte di Bormio e alcuni dirigenti del Comune. Indagati figurerebbero (ma il condizionale è d'obbligo anche perché nelle ultime settimane potrebbero essersi aggiunti nuovi nominativi): l'ex sindaco di Bormio Renato Pedrini e alcuni dei componenti della sua giunta che varò gli appalti per quei due parcheggi realizzati da Bracchi: Monica Fumagalli, Michele Magatelli, Stefano Zazzi, Francesco Pedrini, l'allora segretario comunale Bruno Pedrana, l'allora capo ufficio tecnico Giuseppe Robustellini. Della giunta Ferro Tradati, oltre all'ex sindaco Elisabetta, sarebbero indagati l'ex assessore ai lavori pubblici Giuseppe La Capria e l'ex vicesindaco Stefano Capitani. Va detto che i fatti contestati risalgono al 2003 e che la giunta Tradati si insediò solo nel 2006, quando i parcheggi erano già stati assegnati e ne curò solo l'iter finale, legato al collaudo.

Il filone "Valfurva" - L'inchiesta che porta la firma del procuratore capo Fabio Napoleone, investe da vicino anche il Comune di Valfurva dove Bracchi di fatto ha realizzato i lavori di quel parcheggio. Il sindaco Gian Franco Saruggia si dice estraneo alla vincenda, ma conferma il blitz di venerdì della Gdf. «Ci siamo messi a disposizione dei militari e abbiamo consegnato tutto l'incartamento. E ci hanno garantito che se abbiamo bisogno della pratica possianmo andarla a consultare da loro».
Nessun avviso di garanzia nemmeno per Idilia Antonioli, il sindaco sotto il cui mandato quelle opere presero il via. «Non ho ricevuto alcuna "informazione", ma non vedo perchè dovrei essere indagata... Quell'appalto fu gestito direttamente dal Provveditorato alle Opere pubbliche e quindi dal Ministero. Del resto il Comune di Valfurva non aveva neppure un ingegnere e non avrebbe potuto espletare le pratiche realative a un bando europeo... No, diversamente da Bormio, noi non ci siamo occupati né del progetto, né dei lavori, né del collaudo. Abbiamo delegato tutto a Milano».

Antonia Marsetti (da "La provincia di Sondrio" 19-04-2011)



La procura della Repubblica: in Alta Valle un'inchiesta complessa con ramificazioni. 

Napoleone non si sbottona ma lascia intendere che quello dei Mondiali 2005 è un fascicolo importante. Dodici gli indagati per i fondi avuti per lo sci e "distratti".

Riceve i giornalisti ma non rilascia dichiarazioni. Il procuratore Fabio Napoleone, titolare dell'inchiesta su come sono stati spesi i fondi legati ai Mondiali di sci 2005 in Alta Valle, non parla. E nemmeno fa un cenno in segno di approvazione quando i cronisti gli chiedono di confermare le indiscrezioni pubblicate. «Siamo in una fase troppo delicata - si limita a dire - e questa è un'inchiesta molto ma molto complessa che ha agganci e ramificazioni profonde e inimmaginabili».
Come a dire, non si tratterebbe di uno dei tanti fascicoli aperti e chiusi dalla Procura di Sondrio sul capitolo "Mondiali di sci". No, questa volta sarebbe diverso.
E lo sono anche i reati ipotizzati, che non sono relativi alla realizzazione di opere, ma all'utilizzo dei fondi percepiti per realizzarle. Si parla infatti di: 316 bis, ovvero di malversazione ai danni dello Stato (in pratica Bormio avrebbe ottenuto contributi su un capitolo e li avrebbe utilizzati per finalità diverse) e 316 ter (indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato). Altri reati ipotizzati sono il 323 (il "classico" abuso d'ufficio), il 640 bis (ovvero la truffa aggravata ai danni dello Stato), il 416 (l'associazione a delinquere) e il 317, ovvero la concussione, che è il reato più grave in quanto prevede pene detentive da 4 a 12 anni.
Ora la domanda che tutti si fanno è quella relativa ai tempi, visto che dal 2003 - quando sono partite le opere a Bormio - ne sono passati di anni, mentre l'inchiesta sarebbe stata avviata 14 mesi fa. Ma anche su questo versante il Procuratore non ha voluto spiegare nulla «perché non vogliamo dare agli indagati nessun ulteriore elemento».
E forse non è un caso se solo ora si sta procedendo ad acquisire pratiche e carteggi, come è accaduto venerdì scorso quando gli uomini della Guardia di Finanza si sono recati in municipio a Bormio, a Santa Caterina e a Valdisotto negli uffici e nell'abitazione dell'impresario Edile Enrico Davide Bracchi, detto "Chicco". Sequestrati in Comune i faldoni relativi ad alcune opere finanziate dai Mondiali di sci e in modo particolare dei due parcheggi di Bormio (al Tennis Basso e alla Funivia) e di quello di Santa Caterina (il cui iter non è ancora concluso ed è entrato in funzione solo parzialmente l'inverno scorso).
Opere che hanno come unico comune denominatore l'impresa che li ha realizzati, la Bracchi srl. Opere che non sempre sono state gestite dai Comuni (Santa Caterina ha ad esempio delegato in toto l'appalto al Provveditorato alle opere pubbliche di Milano) e che sono state iniziate da una giunta e concluse da un'altra: a Bormio sotto il regno Pedrini e Ferro Tradati, entrambi indagati, a Santa Caterina da Antonioli e Saruggia, non raggiunti da "avvisi".
All'impresario Bracchi - che si è occupato di tutti e tre i cantieri - le fiamme gialle hanno invece sequestrato il Pc ed il suo legale - Davide Dei Cas - ha subito inoltrato istanza al Riesame.
E ora veniamo ai 12 indagati: Renato Pedrini sindaco di Bormio negli anni 2001-2006, recentemente nominato direttore dell'Asl della Valcamonica (da esponente del centrosinistra ora si è avvicinato alla Lega). In giunta con lui c'erano Monica Fumagalli, Michele Magatelli all'epoca assessore ai lavori pubblici, l'ingegnere Stefano Zazzi, il pensionato Francesco Pedrini, l'albergatore Mario Dei Cas.
In giunta con Elisabetta Ferro Tradati - sindaco dal 2006 al 2010 - c'erano l'albergatore Stefano Capitani, l'avvocato Giuseppe La Capria (assessore ai lavori pubblici). Indagato come detto anche Chicco Bracchi, Bruno Pedrana, allora segretario comunale/direttore generale del comune di Bormio e in pensione dal 1° gennaio scorso e infine Giuseppe Robustellini, responsabile ufficio tecnico a Bormio.

Antonia Marsetti (da "La Provincia di Sondrio" del 20-04-2011)

mercoledì 20 aprile 2011

I sindaci berlusconiani del partito democratico


di Giorgio Cremaschi (Liberazione del 20 aprile 2011)
Le reazioni degli enti locali di Terni alla sentenza ThyssenKrupp servono a capire perché Berlusconi si senta autorizzato a dire quel che dice contro i giudici e la magistratura.
Mi si dirà che il linguaggio e i toni dei rappresentanti delle istituzioni umbre non sono gli stessi del Presidente del Consiglio. E' assolutamente vero, nessuno nega la gravità estrema del linguaggio e delle scelte di Berlusconi. E, tuttavia, dobbiamo chiederci perché dopo una sentenza che per la prima volta inchioda alle sue responsabilità il gruppo dirigente e l'azienda dove è avvenuta una strage, vi siano state a sinistra, nel fronte che tutti i giorni accusa Berlusconi di voler sovvertire la Costituzione, reazioni come quelle del Sindaco e del Presidente della provincia di Terni. Costoro hanno subito paventato la possibilità che la ThyssenKrupp, troppo condannata, abbandoni l'Italia.
Nessuno, tranne qualche pazzo milanese, attacca la magistratura in quanto tale. Se i giudici si limitano al minimo sindacale ed esercitano la loro funzione soprattutto senza invadere il campo della politica o del mercato, non c'è niente da dire. I contrasti sorgono quando il potere giudiziario pone dei limiti veri all'arbitrio dei potenti. Siano essi quelli eletti dai cittadini, siano essi quelli che guidano il mercato. Si vorrebbe una magistratura di tipo ottocentesco, che non tocchi i notabili e gli affari ma che si limiti a perseguire i reati di coloro che possono essere condannati senza danneggiare alcun potere. E c'è ancora una parte della magistratura che a queste regole non scritte si attiene.
Se seguiamo lo sviluppo di altri processi per strage sul lavoro, la Saras di Cagliari o l'Umbria Olii ancora nell'Umbria, troviamo una giustizia molto più cauta, sia nella estensione, sia nella qualità, sia nella forza delle indagini e delle incriminazioni.
La battaglia di Berlusconi contro la magistratura non è quindi solo un atto di follia senile. Essa nasce nei poteri profondi del paese. La Fiat e Craxi negli anni Ottanta si lanciarono in campagne contro i “pretori del lavoro” che, si diceva, con le loro sentenze toglievano potere alle imprese e ai sindacati. Oggi, in una condizione sociale e democratica molto più degenerata, è chiaro che un intervento rigoroso della giustizia per affermare i principi contenuti nella Costituzione sconvolge gli equilibri sociali e politici consolidati. Questo perché il paese sta scivolando verso un regime aziendalistico padronale nel quale i diritti scompaiono sotto il peso degli interessi e dei poteri.
Sono convinto che gli amministratori locali umbri considerino un'offesa essere anche lontanamente paragonati a Berlusconi. Eppure le loro affermazioni stanno dentro quel corso politico e culturale. Quello di chi pensa che a un certo punto la giustizia si deve fermare, se mette in discussione troppe cose nell'assetto costituito.
D'altra parte il sindaco di Terni è in buona compagnia. Il suo collega di Torino era parte civile contro la ThyssenKrupp, che in quella città conta ormai poco, Ma quando Marchionne ha minacciato lo stesso ricatto che oggi lancia la multinazionale tedesca, si è piegato in due secondi. Il sindaco democratico di Torino, il suo collega di Pomigliano del Pdl, hanno fatto proprie le minacce dell'azienda e hanno spiegato ai lavoratori che le rinunce ai diritti e ai contratti sono poca cosa di fronte al rischio che il padrone se ne vada.
Il degrado della nostra democrazia è prima di tutto dovuto al fatto che c'è sempre un contesto, c'è sempre un territorio, c'è sempre un'istituzione o un'azienda ove le regole e i principi devono essere adattate agli interessi concreti in campo. I diritti, la salute e la sicurezza, la democrazia e la legalità, o sono esigibili sempre, o non lo sono mai. E se non fermiamo questa subalternità crescente dei poteri politici ai diktat del mercato e delle multinazionali, noi non avremo più in Italia un posto ove si possa dire: qui è ancora in vigore la Costituzione della Repubblica.

venerdì 15 aprile 2011

Restiamo umani

L'attivista Vittorio Arrigoni, la voce della Striscia di Gaza durante i giorni peggiori dell'assedio israeliano, è stato rapito e assassinato da un gruppo fondamentalista islamico. Tutte le forze della Resistenza Palestinese avevano condannato il sequestro e richiesto l'immediato rilascio, nonostante questo l'esecuzione è avvenuta lo stesso e il corpo è stato ritrovato durante il blitz organizzato dalle forze di Hamas contro il gruppo di rapitori. Non è ancora chiaro chi ci sia realmente dietro ai rapitori, l'unica cosa chiara è che questo indebolisce ulteriormente la Causa Palestinese e la solidarietà internazionale.
Come avrebbe detto Vittorio: restiamo umani. 

Dal blog di Simone Oggionni,  pubblichiamo la lettera del Delegato della Mezza Luna Rossa in Palestina.

CARO VITTORIO,

Di sicuro i tuoi assassini conoscevano chi eri e cosa rappresentavi. Non è importante chi erano gli assassini e cosa rappresentano, ma alla fine dei conti, hanno commesso un delitto e un brutale odioso assassinio.
Hanno ucciso un uomo libero, un amante della libertà e della giustizia, un amico della pace e del popolo palestinese, che tu ha difeso, hai amato e che hai fatto della sua causa una ragione di esistenza e di vita.
Non so chi sono e cosa rappresentano, ma so che NON sono palestinesi, che sono un pericolo serio e costante per i palestinesi e che sono degli assassini della Palestina, della sua causa, del suo popolo e dei suoi veri e sinceri amici. Sono nemici dell’umanità che Vittorio ha sempre cercato di difendere e fare vincere in Palestina.
Vittorio potevi rimanere in Italia a fare la bella vita e so che tu appartiene a una grande famiglia, benestante e ricca di grandi valori, hai lasciato il tuo benessere per venire a vivere fra i più poveri e sfortunati della terra, nell’inferno di Gaza e hai voluto sposare la giusta causa del popolo più disgraziato e sfortunato al mondo.
La morte drammatica tua, Vittorio non è diversa ed è simile con quella del grande artista palestinese ebreo, Juliano Mer Khamis, ucciso una settimana prima nel Campo profughi di Jenin.
 Lo so che il destino dei liberi sognatori, dei veri rivoluzionari, degli onesti idealisti è in contrasto con ed in scontro continuo contro il mondo dell’ignoranza, dell’estremismo, della prepotenza, della pazzia e della repressione e della brutalità dell’occupazione israelo-sionista alla Palestina. Lo so e lo sappiamo che l’arma dell’ignoranza e dell’estremismo è la pallottola, la violenza e l’odio ed in pochi attimi può sterminare una vita buona ed innocente dedicata a favore e al servizio della causa palestinese e del suo popolo.
Di sicuro chi ti ha ucciso, sa chi sei e cosa rappresenti, la carica ideale, i valori che porti e che difendi e di sicuro è riuscito a fare e realizzare ciò che non è riuscito a fare e realizzare da tempo il nemico comune: l’occupante israeliano.
E’ l’occupazione israeliana è l’unica parte vantaggiato dalla tua scomparsa, grande e caro amico Vittorio.
Vittorio ti sei innamorato della Palestina e di Gaza in particolare ma anche i palestinesi e particolarmente quelli di Gaza, si sono innamorati di te, Vittorio e della tua bella Italia.
Vittorio sarai sempre nei nostri cuori e viverai sempre nella nostre lotte, per una Palestina libera, laica e democratica.
ADDIO CARO FRATELLO E RESTIAMO ANCORA UMANI..

Dr. Yousef Salman
Delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia

mercoledì 13 aprile 2011

Questa Europa fa schifo / Sinistra Europea: un fondo sociale per cambiare l'Europa

QUESTA EUROPA FA SCHIFO


NO all'austerità: per l'Europa Sociale, per il lavoro e per salari giusti   
di Giorgio Cremaschi (Liberazione del 13 aprile 2011) Il ministro Maroni dice la verità quando afferma che questa Europa è capace di salvare le banche e di fare la guerra, ma non di fare solidarietà.
Ha ragione, ma questa è la sua Europa, quella delle Leghe, della xenofobia diventata mezzo per vincere le elezioni, dei governi di destra che la cavalcano e di quelli, pochi, di sinistra che si adattano e accettano. Gli abitanti dell’Unione Europea sono oltre 300milioni, 30mila migranti che giungono all’improvviso dall’Africa costituiscono lo 0,01 percento della popolazione europea. Che i principali governi europei e la Commissione dicano all’Italia ributtateli a mare perché non c’è posto è qualcosa di più di una vergogna sociale e morale, è la dimostrazione che l’Europa ha finito di esistere.
Non serviranno allora le battute di sapore razzista con cui il segretario del Partito democratico accusa il governo di voler uscire dall’Unione europea per entrare nell’Unione africana. Questo modo di parlare è un altro segno della crisi culturale e politica del Pd.
Il 9 aprile scorso una grandissima manifestazione di lavoratori convocata dalla tentennante confederazione europea dei sindacati, si è svolta a Budapest. In quella grande manifestazione rappresentanti del mondo del lavoro di tutto il continente hanno messo sotto accusa tutta la politica dell’Unione europea.
Quella politica che ha portato al massacro sociale della Grecia nel nome della stabilità dei conti delle banche tedesche, e che preannuncia analoga cura per l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e, domani, per l’Italia. Il nuovo patto di stabilità sottoscritto recentemente nel silenzio della politica italiana, ha stabilito una cura da strozzini per la rduzione del debito pubblico. L’Italia, se dovesse adottare davvero, a partire dal 2012, quelle misure di rientro dal debito, si troverebbe costretta a tagli sociali e civili di una dimensione mai vista e protratti nel tempo. Il che, con la follia in arrivo del federalismo, porterebbe alla frantumazione sociale, civile e forse anche politica del Paese.
Questa Europa pretende che tutti lavorino fino a 67 anni, ma non ha preso nessuna misura per tutelare l’occupazione e anzi ha sposato totalmente le più bieche ricette liberiste. Questa Europa auspica la distruzione dei contratti nazionali e il legame d’acciaio del salario con la produttività.
Questa Europa ha salvato le banche, ma vuole la concorrenza selvaggia fra i lavoratori per il posto di lavoro ed esige la privatizzazione di ciò che resta dei sistemi sociali. Questa Europa non è stata in grado di affrontare, come invece era stato fatto nel passato, con un disegno comune crisi industriali come quella dell’auto. Si è così dato il via libera alla concorrenza selvaggia tra le multinazionali, alle delocalizzazioni, alle politiche di potenza degli Stati più forti, prima di tutto la Germania. Questa Europa non esiste più da tempo con un disegno civile e sociale unitario: è diventata solo un’area di esercizio delle più stupide ricette del libero mercato. Con la crisi economica mondiale tutto questo si è accentuato e si è rafforzato il disegno dei poteri economici di far pagare tutta la crisi ai lavoratori e ai cittadini europei.
Così, mentre alimenta burocrazia e retorica, l’Europa si piega agli aspetti più brutali della globalizzazione e mette in discussione proprio i suoi beni e le sue conquiste più importanti, lo stato sociale, il diritto del lavoro e i contratti nazionali, i diritti civili e l’accoglienza. Questa Europa ha paura di 30mila migranti che vengono da quell’Africa che ha colonizzato e depredato per secoli perché ha paura di sé stessa, della propria democrazia, dei propri diritti. Per questo non serve a niente contrapporre al leghismo la vuota retorica europeista, così come a nulla serve l’improvviso riutilizzo della retorica risorgimentale. Non si afferma la solidarietà con l’ipocrisia. Bisogna invece riconoscere la crisi sociale politica e morale di questa Europa che ci chiede di buttare a mare i tunisini. Questa Europa fa schifo. Noi dobbiamo solo pensare a come metterla in discussione dal lato della democrazia e dei diritti sociali e civili. Altrimenti l’edificio europeo crollerà dal lato dell’egoismo e della barbarie per colpa della meschinità e delle politiche antisociali dei governi e delle classi dirigenti.

Un fondo sociale per cambiare l'Europa

Matteo Gaddi (Liberazione 10 Aprile 2011)
«In un Europa stretta tra pulsioni neocoloniali e piani di massacro sociale, la Sinistra Europea cerca uno spazio per costruire, da sinistra, una uscita dalla crisi»: presenta così, Giovanna Capelli dell'esecutivo della Se, la discussione milanese sulla campagna per il fondo sociale per lo sviluppo e la solidarietà.
Ad illustrare la proposta è Jean Francois Gau, del Pcf, sottolineando che si tratta di uno strumento di partecipazione popolare: l' «iniziativa di cittadinanza europea» che prevede la raccolta di un milione di firme a livello europeo.
Non a caso Gau la definisce «la più grande campagna politica lanciata dalla Sinistra Europea, resa ancora più urgente dal fatto che le politiche neo liberali peggiorano ogni giorno le condizioni delle classi popolari».
A partire dalla modalità di finanziamento del Fondo sociale si segna una forte discontinuità: tassazione dei movimenti di capitali, trasformazione delle finalità della Banca centrale europea, individuazione di risorse specifiche nel Bilancio europeo.
Le decisioni assunte dal Consiglio europeo del 24 e 25 marzo - incalza GAU - «rappresentano una svolta: con il patto per la competitività gli attuali squilibri sociali verranno aggravati e resi strutturali».
Il Patto per l'euro impone agli Stati la presentazione alla Commissione europea delle loro misure interne finalizzate a rendere ancor più precario e flessibile il lavoro, a comprimere i salari, a garantire con ogni mezzo possibile la competitività e la produttività delle imprese, l'ulteriore smantellamento dei sistemi di protezione sociale a partire da pensioni e sanità.
«Per rafforzare la disciplina di Bilancio - prosegue Gau - si espropriano i Parlamenti nazionali con un ulteriore attacco alla democrazia; noi a questo rispondiamo con una campagna di partecipazione del maggior numero possibile di movimenti sociali».
Per questo il Fondo, sostenuto da campagne popolari, deve rappresentare uno strumento in grado di introdurre elementi di controtendenza: offrire a tasso prossimo allo zero risorse per consentire investimenti pubblici per rispondere a bisogni sociali (servizi, infrastrutture, tutela del territorio) e creare occupazione, servizi, sviluppo, tutela territorio.
Per Heinz Bierbaum, vicepresidente della Linke, la crisi europea non è tanto monetaria, quanto economica e politica: «ricordate quando indicavano l'Irlanda della deregulation come il modello di riferimento? Bene, oggi quel Paese manifesta il pieno fallimento del neoliberismo e della speculazione finanziaria».
«In Europa - prosegue Bierbaum - il tasso di disoccupazione ufficiale è al 10%, ma quello reale è sicuramente superiore, per non parlare di quella giovanile che in Stati come Italia e Spagna si colloca tra il 30 e il 40%».
Nonostante i dati sulla ripresa in Germania siano diversi (più 4% Pil), anche «nel nostro Paese si registrano 5 milioni di disoccupati e la crescita di quel settore caratterizzato da salari che corrispondono alla metà di uno stipendio medio - argomenta Bierbaum - e a questo si aggiunga la peculiarità, in negativo, del modello tedesco: quello di essere totalmente dipendente dall'export».
Alla necessità di invertire questa tendenza si potrà far fronte, per il vicepresidente della Linke, soltanto se si riuscirà a introdurre una forma di controllo pubblico del settore finanziario anche attraverso la proprietà pubblica della principali banche. Roberto Musacchio di Sel richiama l'esistenza di altre coalizioni impegnate a sostenere ulteriori obiettivi sociali quali il Basic Income.
Nicolosi annuncia l'adesione della Cgil alla campagna per l'istituzione del Fondo anche alla luce del fatto che «l'azione sindacale non è sufficiente senza una sponda politica. Noi, come Cgil, da tre anni stiamo organizzando grandi iniziative che, tuttavia restano quasi prive di risultati concreti proprio per la mancanza di una rappresentanza politica del mondo del lavoro che non può che partire dalla unificazione della sinistra».
Paolo Ferrero muove all'attacco del dogma della banca Centrale Europa, che per Statuto ha solo l'obiettivo della stabilità monetaria, e determina ulteriori salassi per le classi popolari: aumento del costo dei mutui per la casa, taglio della spesa sociale, redistribuzione del reddito verso l'alto.
Per il segretario del Prc la proposta di Fondo rappresenta «la messa in discussione, da sinistra, dell'Europa liberista», anche in grado di rilanciare forme di costruzione di unità a sinistra, di un polo autonomo dal Pd, di cui la Federazione rappresenta un passo.» Ferrero individua tre filoni sui quali ricostruire la sinistra politica: la difesa dei beni comuni dai tentativi di mercificazione; la ripresa di capacità della democrazia di indirizzare il settore degli investimenti («le Banche devono essere pubbliche per natura»); la creazione di macro aree internazionali in grado di aumentare il potere dei movimenti operai contrastando lo strapotere del capitale nell'attuale globalizzazione.
 













 

martedì 12 aprile 2011

Gagarin: una lezione di progresso e meritocrazia

 Oggi, 12 Aprile 1961, alle ore 9:07, ora di Mosca, dal cosmodromo di Baikonur, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, lancia l'astronave Vostok1 per il primo viaggio spaziale di un abitante del Pianeta Terra.

Di Andrea Parti (GC Firenze) 

Il 12 aprile 1961, alle 9:07 (ora di Mosca), il Cosmonauta sovietico Yuri Gagarin scrive una delle pagine più sensazionali dell'intera storia dell'umanità. A bordo della navicella Vostok 1, montata su un vettore balistico R7 appositamente modificato per l'occasione, compie un volo intorno alla Terra, raggiungendo un'altitudine massima di 302 km e una minima di 175 km, viaggiando a una velocità di 27.400 km orari. Atterrerà 108 minuti dopo la sua partenza, davanti all'incredula Anna Tartakova, contadina di una fattoria collettiva, nella regione di Saratov.

Nato il 9 marzo 1934 a Klushino, un villaggio nei pressi di Smolensk, vive in un kolchoz, dove il padre lavora come falegname. Nonostante l'invasione nazista, Yuri riesce a trasferirsi a Mosca e a frequentare la scuola superiore, passando poi alla scuola tecnico industriale di Saratov. Nel 1955 si iscrive a un circolo aereonautico e, sempre nello stesso anno, svolge con successo il suo primo volo in solitario a bordo di uno YAK-18. Grazie all'ottimo risultato scolastico entra nell'Accademia Aereonautica Sovietica di Orenburg dove viene addestrato a pilotare i MIG. Nel 1957 si diploma a pieni voti e diventa tenente dell'Aereonautica. Nel 1959 si iscrive al Partito Comunista; sempre nello stesso anno partecipa alla selezione dei primi cosmonauti sovietici. Partecipa con entusiasmo a tutti i test: prove di matematica, resistenza allo stress, accurate visite mediche. Fa parte dei 20 selezionati rispetto ai 2200 candidati iniziali, oltrepassa anche le restanti prove specifiche: cabina pressurizzata, resistenza alla temperatura, esami mnemonici e comportamentali. L'esito di questi ultimi test è storia.

La vicenda del volo del Vostok 1, come l'intera vita di Gagarin possono offrire un'infinita serie di riflessioni e spunti assolutamente non rituali, oggetto anche dell'attuale dibattito politico interno ed esterno al nostro schieramento.

Tra le tante che potrebbero essere prese in considerazione mi vorrei soffermare su due in particolare: il dibattito sulla meritocrazia in ambito formativo e il ruolo del progresso nella costruzione del socialismo.

Per quanto riguarda la prima riflessione, quello che viene definito dalla nostra stampa come tema del “merito” è un argomento che torna periodicamente in auge ed è agitato un po' da tutte le forze politiche e in particolare da Montezemolo (che, un po' per nascita, un po' per percorso scolasico è la negazione totale di questo termine). La massima realizzazione di un individuo, dal percorso formativo a quello occupazionale, è certamente un tema importante e assolutamente da non trascurare. Tuttavia ha poco senso parlarne se nel modello economico non ci sono elementi di base di giustizia sociale e un apparato scolastico statale accessibile a tutti, nelle stesse forme. A questo proposito, l'esperienza di Gagarin dimostra che il figlio di un qualsiasi falegname sovietico aveva le basi materiali per entrare a far parte della storia dell'umanità; mica male per un paese del tanto vituperato socialismo reale!

L'altra riflessione che volevo porre riguarda sia l'approccio nei confronti del progresso, sia inteso come sviluppo che più genericamente come dibattito sui temi ambientali. Allo scorso congresso della Federazione della Sinistra ho sentito alcuni delegati parlare di tematiche come “decrescita felice” e altre teorie contro lo sviluppo economico e scientifico. Pur rendendomi conto dell'importanza di aggregare il maggior numero di soggetti all'interno del nostro schieramento e pur rendendomi conto che, parafrasando Pasolini, molto di quello che ci viene spacciato come progresso non lo è, sostengo comunque che il contributo del nostro Partito nel merito di questa discussione debba essere posto in modo diverso. Ritengo infatti che, per evitare di essere una forza testimoniale, non sia sufficiente schierarsi contro qualcosa senza affrontare nello specifico (o nel migliore dei casi con slogan) le esigenze e le grandi questioni che la quotidianità ci pone. Qualche giorno fa, in un'intervista televisiva, Margherita Hack ha detto che se l'uomo si fosse fermato alle prime difficoltà poste dallo sviluppo scientifico, probabilmente vivrebbe ancora sugli alberi. In che mondo vivremmo se non ci fossero stati comunisti che hanno cercato di portare avanti progresso sociale e progresso scientifico?

giovedì 7 aprile 2011

Niente bandi pubblici, il parlamento vota contro la trasparenza.

MASSIMO ROSSI: BANDI PUBBLICI ? IL PARLAMENTO DICE NO


NIENTE GARE SOTTO IL MILIONE E MEZZO DI EURO

di Massimo Rossi*

Proprio mentre si vorrebbe giustificare persino la privatizzazione di servizi e beni comuni fondamentali come l’acqua, con l’asserito vantaggio del ricorso alle “magnifiche virtù” del mercato, il Parlamento italiano, in un silenzio generale e con unanime consenso, vuole sottrarre dalla concorrenza oltre i tre quarti del totale dei bandi di gara per gli appalti pubblici. Si tratta di un importo di oltre 5 miliardi di euro pari ad un sesto degli attuali investimenti complessivi.
Sarebbe esattamente questo l’effetto immediato dell’elevazione a ben 1.500.000 di euro della soglia che rende obbligatorio il bando pubblico di gara, proposta della Lega nell’ambito testo del disegno di Legge sullo “statuto delle imprese e dell’imprenditore”, recentemente approvato da tutti i gruppi parlamentari nella prima lettura della Camera dei Deputati. Al di sotto di tale importo, per l’affidamento degli appalti pubblici si può agire con procedure informali e trattative private!
Se consideriamo che al di sopra di tale soglia si opera già in regime di deroga nei tanti casi di calamità e “grandi eventi” e che il frazionamento artificioso degli importi degli appalti per stare “sotto soglia” è prassi diffusa e consolidata, rimarrà ben poco da mettere a gara!
Per dare il senso della dirompenza della norma basti evidenziare che sino al 2008 la medesima soglia era posta a 100.000 euro, per essere aumentata in quell’anno a 500.000 con la giustificazione delle difficoltà delle amministrazioni locali minori a gestire gare d’appalto con tante imprese partecipanti. Un problema che si sarebbe potuto risolvere agevolmente individuando a livello provinciale un’unica stazione appaltante per detti investimenti.
Anche un bambino sarebbe in grado di prevedere le conseguenze: più clientelismo, più corruzione, più frodi, più infiltrazioni delle cosche. Tutti fenomeni che appena un mese fa il Procuratore Generale della Corte dei Conti ha definito “patologie crescenti che affliggono la pubblica amministrazione”, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. E pensare che la Banca d’Italia in un recente studio aveva messo in guardia dal “rischio di corruzione e di infiltrazioni criminali” per “l’eccessiva discrezionalità amministrativa nella scelta del contraente”, in relazione all’attuale soglia di 500.000 euro!
Tutto ciò come se le recenti vicende dalla “cricca”, legata proprio all’affidamento diretto di grandi appalti, fossero già sparite dalla memoria di tutti!
Se aggiungiamo a tutto ciò le limitazioni che si stanno introducendo all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche, strumento principe nella lotta a questi reati, nonché il taglio forzato dei tempi delle istruttorie e delle prescrizioni …il gioco è fatto!
Un gioco sporco che si consuma purtroppo con l’irresponsabile avallo del centrosinistra.
Una complicità che ci parla dell’indissolubile dipendenza della politica dominante, spesso al di la delle appartenenze, dalle pratiche clientelari e dall’intreccio tra politica e affari. Un intreccio peraltro indispensabile per supportare le enormi macchine del consenso di questa politica ha un bisogno assoluto.
La Federazione della Sinistra è impegnata e invita tutti i movimenti, le forze sociali, i cittadini, ad impegnarsi con ogni mezzo, innanzitutto con la controinformazione e la pubblica denuncia, per ostacolare l’approvazione definitiva di questa manovra che avrebbe l’effetto di aumentare la degenerazione complessiva del Paese e di dirottare enormi risorse collettive dal loro fine naturale: quello di perseguire il bene pubblico!

*portavoce della Federazione della Sinistra

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