sabato 21 aprile 2012

Comunicato di solidarietà a Maffione


Esprimiamo la nostra solidarietà al compagno Daniele Maffione per gli attacchi e le minacce ricevute per il suo lavoro come responsabile antifascismo dei Giovani Comunisti.
Gli insulti ricevuti dai sedicenti "antimperialisti" dimostrano la necessità di combattere ogni ambiguità. L'estrema destra cerca di trovare nuovi adepti indossando un travestimento rivoluzionario, facendo la voce grossa contro le banche e contro gli imperialisti, ma dietro questa maschera nascondono la diffusione di idee deliranti come le teorie fasciste sul signoraggio e l'odio per l'intero popolo ebraico spacciato come solidarietà alla causa palestinese.

Da questi signori non accettiamo nessuna lezione e continuiamo la nostra lotta per il socialismo e per la solidarietà tra i popolo

Segreteria del PRC - Federazione provinciale di Sondrio

giovedì 12 aprile 2012

Guida rapida alla riforma del lavoro

Dal sito della campagna Giovani NON+ disposti a tutto


Quanto incide nella vita di un precario.

Istruzioni per l’uso.
Stiamo commentando il documento che il Ministro Fornero ha presentato al Consiglio dei Ministri, per questo molte informazioni sono ancora generiche e.. passibili di modifica.
NOTA BENE la lettura della guida può risultare complicata vista la giungla contrattuale che permane nel nostro sistema…. ci scusiamo per il disagio, vi sembrerà strano, ma dopo tanto blaterare di contratti unici sono rimaste tutte le tipologie contrattuali (!)
Quindi vediamo contratto per contratto cosa ci guadagni e..  cosa ci perdi.

Per chi accede al lavoro

-Si individua nel contratto di apprendistato il canale privilegiato di accesso al lavoro per i giovani.
-Si punta a rafforzare la finalità formativa del contratto di apprendistato: viene innalzato il rapporto minimo tra apprendisti e lavoratori qualificati e sarà prevista la certificazione nel libretto formativo di quanto svolto nel periodo di apprendistato.
-Si introduce inoltre un vincolo per evitare che le imprese prendano nuovi apprendisti senza stabilizzare coloro che hanno concluso il periodo di apprendistato (si parla di almeno la metà nell’ultimo triennio).
-Si interviene però molto poco nell’evitare la concorrenza di forme di lavoro sottocosto, a partire dall’uso improprio degli stage. La volontà dichiarata dal Ministro di impedire il ricorso allo stage nei periodi successivi alla conclusione del percorso di studi si è trasformata in un generico impegno a prevedere “linee guida per la definizione di standard minimi di uniformità”.

Il nostro giudizio: non c’è alcuna assicurazione che il contratto di apprendistato venga utilizzato al posto delle forme precarie e si fa ancora troppo poco per garantire che sia uno strumento reale di formazione e accesso al lavoro.


Per chi ha un contratto di lavoro dipendente a termine

Si introduce una nuova regolamentazione teoricamente finalizzata a contenere gli abusi dei contratti a termine (contratto a tempo determinato, contratto intermittente o a chiamata, contratto in somministrazione, contratto di staff leasing..)
-Il datore di lavoro pagherà una quota maggiore di contributi (+1,4%) che andranno a finanziare gli ammortizzatori sociali (la nuova ASPI), a meno che non si tratti di lavoro stagionale o sostituzione di personale. Questo dovrebbe rendere meno conveniente l’utilizzo di queste forme di contratto e incentivare la conversione a tempo indeterminato, poiché parte di questi contributi viene resa all’impresa una una volta stabilizzato il lavoratore.
-Il tempo massimo, comprese proroghe e rinnovi, di un contratto a tempo determinato è tornato ad essere 36 mesi. Inoltre rispetto alla normativa precedente si considera nei 36 mesi anche eventuali periodi in somministrazione.
-Si allunga la distanza tra un contratto a termine e quello successivo (60 giorni o 90 giorni a seconda se il contratto è inferiore o superiore a 6 mesi, prima era 20 giorni e 30 giorni): quindi sarà più difficile eludere la normativa attraverso nuovi contratti, una volta terminati i 36 mesi.
-Si raddoppia il termine imposto dal collegato lavoro per consentire al lavoratore di fare ricorso su un contratto a termine illegittimo (da 60 a 120 giorni).
-Le novità non sono tutte positive: fino ad oggi per poter attivare un contratto a termine il datore di lavoro deve indicare le “causali” che ne giustificano l’utilizzo, con la riforma non sarà più necessario indicare le causali per il primo contratto.
-Nel mondo dei contratti a termine esiste anche il lavoro a chiamata (il datore di lavoro ti chiama quando ha bisogno..). Con la riforma si interviene soltanto prevedendo l’obbligo di effettuare una comunicazione agli uffici del lavoro prima di attivare il contratto, per consentire verifiche su eventuali irregolarità.
-Sul lavoro in somministrazione (sia quello a tempo determinato che indeterminato) non ci sono particolari cambiamentiViene eliminata la possibilità di sottopagare i soggetti svantaggiati e percettori di ammortizzatori. Questo provvedimento si è reso necessario poiché il Governo ha recentemente eliminato le causali per assumere in somministrazione questi soggetti: il mix, come avevamo denunciato, avrebbe potuto essere micidiale!
Il nostro giudizio: alcuni interventi sono positivi, anche se non risolutivi dell’abuso dei contratti a termine. L’eliminazione della causale è una gigantesca contraddizione e rischia di vanificare le cose positive. Infine non viene cancellato il lavoro a chiamata e di fronte ad un lavoro dichiaratamente usa e getta l’obbligo di comunicazione amministrativa appare ridicolo.
Stesso discorso per il contratto di somministrazione: non c’è nessun miglioramento e non viene cancellato lo staff leasing (somministrazione a tempo indeterminato) che ancor di più oggi può diventare la frontiera delle aziende che vogliono esternalizzare presso le agenzie interinali i propri lavoratori.


Per chi ha un lavoro a progetto, a partita iva, in associazione in partecipazione, con il voucher

-Per quanto riguarda il contratto a progetto si dichiara di puntare ad una definizione più stringente di progetto per evitare il ricorso a questo contratto in sostituzione del lavoro dipendente; in questa direzione si elimina il concetto di programma di lavoro e la possibilità per il committente di recedere prima della conclusione del progetto.
-Sempre in questa direzione si limita questa tipologia a mansioni che non siano esecutive o ripetitive e ad attività che non siano analoghe a quelle di un dipendente (fatte salve elevate professionalità….). Tali indici possono rilevare l’assenza di progetto e quindi in caso di ricorso al giudice la conversione del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
-Per quanto riguarda la collaborazione con partita iva si introduce alcuni criteri per identificare i casi in cui il ricorso diventa impropriamente coordinato e continuativo: 6 mesi massimo durata della prestazione, 75% dei corrispettivi fatturati dallo stesso committente, postazione di lavoro presso la sede del committente. In caso di presenza di uno di questi indici si configura un utilizzo improprio della partita iva e quindi è possibile ricorrere al giudice per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
-Per quanto riguarda l’associazione in partecipazione i criteri sono molto più chiari e stringenti: questo contratto d’ora in poi sarà utilizzabile soltanto tra familiari entro il 1° grado o coniugi.
-Per quanto riguarda l’utilizzo di buoni lavoro (o voucher) si parla di un generico impegno a restringere il loro campo di utilizzo.
-Infine si punta a limitare la convenienza economica di queste tipologie uniformando i contributi a quelli dei dipendenti (per chi è iscritto alla gestione separata INPS si passa dal 27% si arriva al 33% nel 2018). Questa è una grande beffa, poiché come accaduto in passato, saranno i collaboratori a pagare questo aumento attraverso la riduzione dei propri compensi che come noto non sono vincolati ai minimi retributivi che valgono per i lavoratori dipendenti.
Per le partite iva ancora peggio infatti i contributi vengono tutti versati la prestatore e non c’è alcuna ripartizione con il committente.
Il nostro giudizio: i criteri scelti per evitare l’utilizzo improprio di collaborazioni e partite iva sono deboli, perché ancora troppo ambigui (che significa parlare di elevate professionalità nel contratto a progetto? Come identificare i 6 mesi nelle prestazioni a partita iva visto che non esiste un contratto scritto?) e soprattutto utilizzabili esclusivamente ex post attraverso il ricorso al giudice, che spesso risulta una strada difficilmente percorribile per i collaboratori.
Bisognerà inoltre valutare quale effetto deterrente potranno avere i controlli dei servizi ispettivi, considerato che le scarse risorse umane destinate a questa attività ci rendono poco ottimisti..).
Se questi punti rappresentano un passo in avanti di cui bisognerà valutare l’effettiva efficacia
l’aumento dei contributi, senza aver introdotto un livello minimo di compenso collegato ai contratti nazionali di lavoro, è un grave peggioramento nella condizione dei parasubordinati e dei prestatori a p.iva. Il costo aggiuntivo con tutta probabilità sarà pagato dai lavoratori di tasca propria, vedendo ridotti i già miseri compensi.


Per i precari che perdono il lavoro

Viene introdotta l’ASPI il nuovo sussidio di disoccupazione.
-Al contrario di quanto annunciato la platea a cui sarà destinata l’ASPI è sostanzialmente la stessa di prima. Le uniche tipologie a cui l’ASPI viene estesa rispetto alla vecchia indennità sono gli apprendisti e gli artisti. Rimangono fuori collaboratori a progetto, assegnisti di ricerca, partite iva etc..
-Anche i restrittivi requisiti di accesso rimangono gli stessi: 2 anni di anzianità assicurativa INPS e almeno 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio.
-I nuovi criteri di calcolo rendono l’importo dell’ASPI quasi sempre superiore rispetto alla precedente indennità; la durata sarà di 12 mesi per chi ha meno di 55 anni e 18 mesi per gli altri.
-La MINI-ASPI invece dovrebbe occuparsi dei trattamenti brevi e assolvere il compito della precedente indennità a requisiti ridotti. La platea di tipologie destinatarie è la stessa dell’ASPI i requisiti di accesso sono meno restrittivi (almeno 13 settimane di contribuzione nell’ultimo anno) ma ovviamente la durata del trattamento è molto inferiore (la metà dei mesi di contribuzione nell’ultimo anno).
-Per le figure escluse dall’ASPI e dalla MINI-ASPI (collaboratori, p.iva etc…) “si rafforzerà e porterà a regime” il meccanismo una tantum oggi previsto (attualmente l’una tantum prevede la corresponsione del 30% di quanto percepito nell’ultimo anno, con requisiti di accesso ristrettissimi e molto selettivi).
Il nostro giudizio. La tanto sbandierata universalità nella nuova ASPI è una palese truffa. Infatti i requisiti di accesso (2 anni e 52 settimane) rimangono così restrittivi da lasciare fuori i più giovani, ovvero coloro che lavorano da poco oppure non possono sommare periodi con diverse forme di lavoro (solo la MINI-ASPI sarà accessibile per chi ha una bassa anzianità). Inoltre permane l’esclusione dei lavoratori a progetto, assegni di ricerca, partita iva etc.. ovvero dei lavoratori più esposti. La riproposizione dell’una-tantum conferma un modello che ha il sapore dell’elemosina e che discrimina in maniera sbagliata tra diverse tipologie di lavoro.


Per le giovani donne

Si dichiara di introdurre provvedimenti contro la pratica delle dimissioni in bianco; si prevede un congedo di paternità obbligatorio di almeno 3 giorni; si prevede l’erogazione di un voucher per i servizi di baby-sitting per gli 11 mesi successi all’astensione obbligatoria (al posto dell’astensione facoltativa), il cui importo dipenderà dai parametri ISEE della famiglia.
Il nostro giudizio. Non ci si spreca!! Seppur si tratta di un segnale che va nella direzione giusta non ci si spreca ad introdurre un congedo obbligatorio di soli 3 giorni…Poi ci pare contraddittorio prevedere il voucher per i servizi di baby-sitting e contemporaneamente mettere in ginocchio il welfare comunale e ridurre l’offerta dei nidi pubblici.
Rispetto al contrasto alle dimissioni in bianco vedremo l’efficacia del nuovo testo, per ora viene affermato che la legge 188 (approvata e subito abrogata) era per le imprese troppo onerosa!!!


Per chi ha un contratto part-time

-Si introduce la facoltà di ripensamento (per motivi personali che la legge dovrà stabilire) per il lavoratore o la lavoratrice che vogliano modificare la collocazione temporale della propria prestazione lavorativa.
-Inoltre il datore di lavoro che vuole modificare la collocazione temporale della prestazione del lavoratore in part time (per i part time verticali o misti) dovrà effettuare una comunicazione all’ufficio del lavoro, così da consentire eventuali controlli volti a sanzionare l’utilizzo irregolare di questa forma
Il nostro giudizio. Si tratta di norme positive poiché attualmente il datore di lavoro può modificare arbitrariamente la collocazione temporale della prestazione del lavoratore e della lavoratrice part time (attraverso l’uso delle così dette “clausole elastiche”). Questo ha reso difficilmente conciliabile il lavoro part time con altre attività o con altri tipi di impegni privato.


Per chi è in cerca di occupazione

……………..
Il nostro giudizio. Su questo non c’è proprio nulla, nessuno straccio di politica industriale, nessun investimento, nessun progetto di innovazione e sviluppo… eppure il Ministro ha affermato che la riforma del lavoro ridurrà la disoccupazione fino al 4% (chissà come!).
A meno che non si pensi che eliminare l’art.18 moltiplichi posti di lavoro, su questo la fantasia non ha avuto limiti…
Inoltre va segnalato che nella riforma ci sono ben due paragrafi che si occupano di politiche attive per chi cerca lavoro e servizi all’impiego, il cui contenuto purtroppo è piuttosto generico a parte il giusto principio di raccordare politiche passive e attive (cioè trattamento di disoccupazione e servizi per la ricerca di lavoro).
Sarebbe bello se questo significasse un sussidio anche per i giovani in cerca di prima occupazione, così come accade in tutti i paesi europei, oltre all’accompagnamento che dovrebbero fare i centri per l’impiego.

sabato 7 aprile 2012

12 Maggio: manifestazione nazionale della Federazione della Sinistra


UNIAMO L’OPPOSIZIONE DI SINISTRA AL GOVERNO MONTI
COSTRUIAMO L’ALTERNATIVA ALLE SUE POLITICHE LIBERISTE

Il governo Monti aggrava la crisi, ne scarica gli effetti sui soggetti più deboli e corrompe la democrazia. Questo governo, nato senza mandato da parte degli elettori e appoggiato da una grande coalizione che va dalla destra berlusconiana al PD, è il frutto dei diktat e delle fallimentari ricette di poteri economici e finanziari, come la Bce, la Commissione Europea, l’Fmi, che scavalcano la volontà dei popoli e le istituzioni rappresentative.
La manovra economica di dicembre, contrassegnata su tutto da un aumento della pressione fiscale generalizzato e senza criteri di progressività, dall’innalzamento dell’età pensionabile, dal taglio alle prestazioni previdenziali, dai nuovi tagli agli enti locali e alla spesa per il sociale, ha evitato di introdurre una tassa sui grandi patrimoni, di tagliare gli sprechi miliardari come la Tav in Val di Susa o l’acquisto di 131 cacciabombardieri F35, di ridurre i costi della politica, al fine di investire in creazione di posti di lavoro e nella riconversione in senso ecosostenibile dell’economia italiana.
Ora il governo si appresta a una riforma del mercato del lavoro che non colpisce la precarietà sia sul piano legislativo che fiscale, che riduce la durata degli ammortizzatori sociali in caso di perdita del lavoro, e che manomette l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori allo scopo di agevolare il padronato nella facoltà di licenziare e di annichilire gli spazi di agibilità sindacale e politica nei luoghi di lavoro.
Tuttavia, pur registrando una palese crisi di consensi, l’esecutivo non ha ancora un’adeguata opposizione nel paese. Esistono brani di resistenza nel mondo della sinistra d’alternativa, del sindacato, dell’associazionismo, della scuola, e dei movimenti sociali e territoriali. Ma al contempo, anche nell’area vasta che si oppone al governo, si fatica a ridurre la frammentazione dei soggetti in campo e crescono i segnali di sfiducia nelle forme politiche democratiche, a partire da partiti.
Per queste ragioni la Federazione della Sinistra che in questi mesi, in coerenza con la propria vocazione unitaria, ha animato e sostenuto su tutto il territorio nazionale centinaia di iniziative di opposizione alle politiche del governo, promuove per il 12 Maggio 2012 a Roma un appuntamento nazionale di mobilitazione che proponiamo di condividere con tutte le soggettività politiche e sociali, collettive ed individuali, che condividono la necessità e l’urgenza di un’alternativa a tali sciagurate politiche.
Un’alternativa basata su:
  • giustizia sociale, difesa dei diritti sociali e del lavoro e redistribuzione delle ricchezze,
  • riconversione ecologica dell’economia con un grande piano di investimenti pubblici per il lavoro stabile e di qualità
  • rilancio della democrazia, basato sull’ampliamento della democrazia partecipata e sul superamento del bipolarismo attraverso un sistema elettorale proporzionale.
CONTRO IL GOVERNO MONTI:
Giustizia sociale, Lavoro, Democrazia!
12 Maggio 2012 – ore 14
ROMA, Piazza Santi Apostoli
Manifestazione nazionale unitaria promossa dalla Federazione della Sinistra

La Lega alla resa dei conti?

Chi si stupisce di vedere la Lega coinvolta negli scandali, o ha vissuto su Marte fino a ieri o è ipocrita.
Chi pensa che basti un'inchiesta per liberarsi di questa gente, si illude.

Intervista a Roberto Biorcio
di Stefano Galieni - www.rifondazione.it

Roberto Biorcio è forse uno dei migliori conoscitori della Lega Nord in Italia, numerose sono state le sue pubblicazioni e interviene volentieri per parlare delle ultime vicende che hanno colpito il partito di Bossi. Il partito è oggi più che in passato al centro di inchieste di forte rilevanza, ma non si tratta in fondo di novità .

«Si sullo stesso tesoriere Belsito erano già emersi numerosi elementi problematici. È stato al centro di alcune spregiudicatezze finanziarie, erano emersi legami fra politica e n’drangheta. La novità è che quanto accade oggi lambisce direttamente la famiglia Bossi. Poi quando a beneficiarne sono anche i singoli il fatto è nuovo e diviene ancora più grave. Nel passato recente c’è stato il caso di Boni, alla Regione Lombardia che è stato difeso compattamente nonostante si parli di tangenti. Questa volta la reazione di Maroni e di quelli a lui più vicini è stata diversa. Ha cavalcato l’indignazione leghista, ha chiesto e ottenuto non solo le dimissioni di Belsito ma una pulizia generale nel gruppo dirigente. Bossi si è imbestialito, nel suo gruppo c’è stato un lungo silenzio e solo alla fine ha parlato di un attacco mirato alla Lega. In altri tempi non avrebbe fatto così. Questo segna un cambiamento nelle competizioni interne alla Lega che non si era mai raggiunto. Se la vicenda di Belsito sarà forte come quella di Lusi si arriverà ad una crescita del potere di Maroni come interprete di una serie di istanze della base».

Ma secondo lei si è aperta la lotta alla successione di Bossi? 

«Più che altro si è accentuata. Bossi ha anche provocatoriamente offerto le proprie dimissioni ma non è quello che vogliono i leghisti. Non vedo uno scontro frontale ma un processo in cui si capirà fino a che punto avanza il potere di Maroni. Ora ci saranno i congressi regionali e vedremo chi la spunterà già nella formazione dei nuovi organismi dirigenti. Un altro elemento importante saranno le amministrative, vero banco di prova. La lega gode di posizioni di vantaggio, è forza di opposizione al governo Monti e raccoglie tutto quel dissenso che non si riversa su Di Pietro o la sinistra fuori e dentro il parlamento. Contemporaneamente alle persecuzioni in via Bellerio dalla Padania si annunciava la raccolta firme per opporsi alla revisione dell’Art 18. Quindi si intende investire in questo spazio politico rimasto vuoto. Al di là delle divisioni interne potenziali la Lega dovrebbe ottenere risultati immediati, anche gli altri partiti non risultano molto attrattivi e la sola alternativa per molti leghisti è l’astensionismo».

Certo pare di vedere un attacco generalizzato verso i partiti tutti.

«Io non credo che ci sia un complotto ma un indebolimento dei partiti. Come ai tempi di tangentopoli c’è maggiore possibilità di perseguire reati che prima incontravano forte opposizione. I partiti hanno perso credibilità, non hanno autorità morale e politica e in questo quadro le procure possono colpire anche dirigenti più elevati. Sulla vicenda della lega c’è da dire che ci si è mossi su denuncia di un leghista, sintomo di una lotta interna che coinvolge diverse componenti della lega che non vogliono certo distruggere il movimento. Non a caso Maroni vuole dare la caccia ai trasgressori e dichiara di auspicare pulizia».

Che futuro si prospetta secondo lei per questo partito pensando agli umori del popolo leghista?

«Dipende da come evolve il confronto. Se aumenta il potere di Maroni e diminuisce gradualmente quello di Bossi ci sarà una trasformazione quasi indolore, gestendo l’opposizione a Monti. Pochi scossoni e nessuna scissione verticale. Anzi il consenso si potrebbe consolidare con il passaggio di voti dal Pdl alla Lega grazie agli effetti negativi di Monti. Se invece lo scontro interno aumentasse e per esempio Bossi riprovasse ad imporre i propri uomini nei congressi regionali il rischio è di ripercussioni pesantissime che il movimento vorrebbe evitare. Bossi non è più quello di 10 anni fa e anche se nessuno vuole fare a meno di lui non è in grado di riprovare ad estromettere Maroni. Se ci prova potrebbe palesarsi il rischio di una scissione che pagherebbero tutti. Quindi la prospettiva più plausibile è quella di una limitazione dei conflitti verso una lenta trasformazione della Lega».


venerdì 6 aprile 2012

Precari, non fatevi prendere per il culo


Non si conosce ancora il testo della riforma del lavoro che il governo presenterà al Parlamento (“Dobbiamo solo definire dei particolari”, ha detto Monti: scommettiamo che peggioreranno ulteriormente il quadro?), ma dalle sintesi giornalistiche sembra assodato che il diritto alla reintegrazione (l’Articolo 18) rimarrà soltanto in caso di licenziamento discriminatorio; in caso di licenziamento per ragioni disciplinari che venga dichiarato illegittimo (perché non c’erano le ragioni!) sarà il giudice a decidere tra reintegrazione (solo nei “casi gravi”) e risarcimento (fino a 27 mensilità a seconda dell’anzianità di servizio); in caso di licenziamento per ragioni economiche (che il giudice non potrà però vagliare) sarà possibile in caso di illegittimità soltanto un risarcimento e non più la reintegrazione.

Non sembra cambiare la sorte per i licenziamenti collettivi. O forse sì: chiedetelo ai lavoratori della Elnagh, se senza cassa integrazione in caso di chiusura aziendale stanno bene lo stesso. Del resto, è sempre Fornero a commentare: “Ci diranno che riduciamo le tutele: è vero”. Anche se aggiunge che la platea dei beneficiari degli ammortizzatori sociali si estenderà. Come, non è dato sapere.
E i precari? Sempre secondo le sintesi giornalistiche, la riforma dovrebbe garantire loro maggiori tutele. Prendo a esempio questo articolo di Jacopo Tondelli, sia perché conosco Tondelli dai tempi dell’università, sia perché mi sembra davvero emblematico dell’atteggiamento paraculo (lo dico senza nessuna sfumatura di simpatia) della stampa sull’argomento. Scrive Tondelli:
Ma a fare una certa impressione, oggi, è che non ci siano neanche timidi segnali di soddisfazione per alcune misure di stampo chiaramente “social-democratico”. Parliamo delle norme che riducono a 36 mesi il tempo massimo di precariato, disincentivando anche economicamente le aziende dal farne abuso. O di quelle – fondamentali per milioni di lavoratori soprattutto under 40 – che sanzionano con l’assunzione obbligatoria l’utilizzo di “finte partite iva”, che lavorano in realtà in modo continuativo e sostanzialmente subordinato per un solo committente.
Si riferisce probabilmente alle parole del ministro Fornero, che afferma: “il contratto di lavoro a tempo indeterminato diventa quello che domina sugli altri”. Un po’ tutti i giornali e i commentatori à la Ichino ci stanno ricamando su in queste ore (ma già lo facevano da mesi) cercando di far passare l’idea che, mentre si tolgono un po’ (un bel po!) di diritti ai lavoratori stabili, se ne aggiungono altrettanti ai precari.
Peccato che il tetto di 36 mesi ci fosse già e che fosse possibile aggirarlo mediante accordi sindacali: cosa che l’art. 8 della manovra rende adesso ancora più facile perfino a livello aziendale. E le finte partite IVA (e i finti contratti a progetto, e i finti appalti: insomma, un po’ tutte le finte per pagare di meno i lavoratori!) non è che oggi siano lecite: anche adesso, se il giudice accerta che un rapporto di lavoro è solo fintamente autonomo ma nasconde un rapporto subordinato, condanna il datore ad assumere il lavoratore. Di che cosa stiamo parlando, quindi? Di fuffa: per i precari non cambia un bel niente!
Peggiorano invece, e di parecchio, le prospettive per chi riesca a uscire dalla precarietà – che in fondo è ciò a cui aspira ogni precario che si rispetti. Non solo infatti è sostanzialmente abolito l’Articolo 18 per i licenziamenti illegittimi (non prendiamoci in giro: per *tutti* i licenziamenti illegittimi, visto che di licenziamenti esplicitamente discriminatori non se ne sono mai visti). Cambiano infatti radicalmente le condizioni di accesso al lavoro “stabile”.
Ha voglia il ministro Fornero di dire che il lavoro a tempo indeterminato diventa la forma dominante di contratto. Tanto per cominciare, anche questo era già così: lo stabiliva il primissimo comma della “legge Treu” che “Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato.” Questo non ha impedito, e non impedirà certo in futuro, che centinaia di migliaia di contratti a tempo determinato vengano serenamente stipulati senza alcun riguardo per la legge.
Ma se poi, come sembra assicurato, la forma normale di prima assunzione sarà il contratto di apprendistato non c’è affatto da stare allegri. Eccolo dunque il giovane (e pure il non giovane) che dopo 36 mesi di contratti a termine viene finalmente assunto a tempo indeterminato: sì, con retribuzione al 60% di quella ordinaria a parità di mansioni, e diritto del datore di lavoro di recedere unilateralmente dal rapporto alla fine del periodo di apprendistato. Un bell’affare proprio!
Nel frattempo, l’art. 8 della manovra di settembre consente alle aziende di demansionare, trasferire, tagliare stipendi e modificare gli orari a piacimento. Chi si lamenta verrà licenziato, naturalmente per ragioni economiche: il giudice non potrà vagliarle e sarà quindi difficile dichiarare il licenziamento illegittimo. Ma pure nel caso che queste ragioni economiche proprio non stessero in piedi, al peggio del peggio, il datore di lavoro se la caverà pagando un risarcimento comunque conveniente rispetto alla reintegrazione.
Stessa sorte toccherà ai lavoratori già anziani, e quindi più costosi per l’azienda: spazio ai giovani, che si potranno assumere a metà prezzo e mandare via appena diventano un pochino meno convenienti, o quando provano a rivendicare condizioni di lavoro migliori! Al mercato del lavoro secondo Fornero i saldi durano tutto l’anno. Meno male che gli anziani presto andranno in pension… Ah no, come non detto: prenderanno invece la disoccupazione per un anno, massimo 18 mesi, e poi a casa a mangiare pasta col pomodoro, ché altro non potranno permettersi.
Del resto, non c’è motivo di credere che la riforma metterà un freno all’illegalità nei contratti di lavoro, tanto diffusa da diventare la norma invece che l’eccezione: nessuna misura concreta viene annunciata su questo fronte, al di là di qualche slogan a ottimo mercato. A quanto è dato capire, l’unico freno verrà messo in sostanza alle sanzioni che colpiscono i pochi datori di lavoro che vengono “beccati”, e alla possibilità stessa di far valere i propri diritti di fronte al potere di ricatto dell’imprenditore. Tanto varrebbe scrivere allora che “la forma normale del rapporto di lavoro diventerà l’estorsione”.
Bene fa la CGIL (un po’ obtorto collo, a dir la verità) a convocare lo sciopero generale contro il governo che prepara un simile massacro. E bene farebbero i precari a unirsi nella lotta contro questa riforma, mandando dove meritano tutti gli Ichini che li stanno prendendo per il culo.

domenica 1 aprile 2012

Grande successo di #occupiamopiazzaaffari


di Stefano Galieni - www.rifondazione.it
Bella piazza quella di Occupyamo Piazza Affari. Bella nonostante una Milano blindata all’inverosimile, gli allarmi della stampa borghesi, i pullman fermati all’ingresso della città, il divieto di partire dalla Bocconi, il think thank governativo. Almeno 20, 25 mila persone che hanno riempito il corteo, soggetti diversi, per generazioni, provenienze, vertenze in atto ma unite da alcuni punti di vista comuni e fondamentali.


Una opposizione definitiva al governo Monti, un governo di destra che sta attuando le peggiori politiche neoliberiste per favorire la speculazione e riformare in senso neoschiavista il mercato del lavoro. Un governo delle banche e non dei popoli, legato mani e piedi alla Bce e che trova il suo sponsor fondamentale nel presidente della repubblica.
Sono partiti intorno alle 14 e 30 con camion, musica e striscioni, con cartelli e pupazzi raffiguranti Monti, la Fornero, i volti invisibili dei grandi potentati economici. Gli slogan erano per la difesa dell’art 18, contro la precarietà e il modello liberista di fuoriuscita dalla crisi. Sindacalismo di base, le mille vertenze che si muovono spesso frammentarie nel Paese, dalla Wagon Lits all’Alitalia, dalla Thyssen ai lavoratori sardi dell’Alcoa, agli occupanti di case, i precari della scuola e della ricerca, gli attivisti dei centri sociali. Forte la presenza sin dalla testa del corteo, del movimento No Tav. Fra le forze politiche presenti il Prc, il Pcl, Sinistra Critica e altre forze minori. Si è trattato della prima di una serie di manifestazioni che si pongono come obiettivo quello di mandare a casa questo governo, di costruire un movimento di massa per aggregare le mille ragioni e i mille volti di chi non regge di fronte a questa crisi che non ha ancora raggiunto il suo momento peggiore. «Non è che l’inizio». Ha ricordato Giorgio Cremaschi nel suo intervento conclusivo, mentre Paolo Ferrero ha riproposto il problema di mettere la mordacchia al capitale finanziario, di porre a tema la patrimoniale, il taglio delle spese militari e delle inutili grandi opere e la realizzazione di una banca pubblica. Rivolto al Pd, il segretario del Prc ha parlato di schizofrenia:«Non si può criticare le scelte del governo e poi sostenerlo in Parlamento». Ha affermato. Un corteo determinato e creativo, capace di vincere con l’arma dell’ironia, come quando un piccolo gruppo di manifestanti si è staccato per murare l’ingresso della filiale di una banca, pronto a reagire e a non cadere alle provocazioni che sarebbero state manna dal cielo per una certa stampa. Un corteo dalla composizione vasta: giovani e uomini e donne mature, anziani pensionati e famiglie con bambini al seguito, politicizzato come comincia ad essere una parte dell’opposizione. Fra i tanti striscioni uno da ricordare: il volto inconfondibile di Karl Marx e la scritta “Questo è il nostro modello tedesco”, firmato da movimenti napoletani.

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