giovedì 12 aprile 2012

Guida rapida alla riforma del lavoro

Dal sito della campagna Giovani NON+ disposti a tutto


Quanto incide nella vita di un precario.

Istruzioni per l’uso.
Stiamo commentando il documento che il Ministro Fornero ha presentato al Consiglio dei Ministri, per questo molte informazioni sono ancora generiche e.. passibili di modifica.
NOTA BENE la lettura della guida può risultare complicata vista la giungla contrattuale che permane nel nostro sistema…. ci scusiamo per il disagio, vi sembrerà strano, ma dopo tanto blaterare di contratti unici sono rimaste tutte le tipologie contrattuali (!)
Quindi vediamo contratto per contratto cosa ci guadagni e..  cosa ci perdi.

Per chi accede al lavoro

-Si individua nel contratto di apprendistato il canale privilegiato di accesso al lavoro per i giovani.
-Si punta a rafforzare la finalità formativa del contratto di apprendistato: viene innalzato il rapporto minimo tra apprendisti e lavoratori qualificati e sarà prevista la certificazione nel libretto formativo di quanto svolto nel periodo di apprendistato.
-Si introduce inoltre un vincolo per evitare che le imprese prendano nuovi apprendisti senza stabilizzare coloro che hanno concluso il periodo di apprendistato (si parla di almeno la metà nell’ultimo triennio).
-Si interviene però molto poco nell’evitare la concorrenza di forme di lavoro sottocosto, a partire dall’uso improprio degli stage. La volontà dichiarata dal Ministro di impedire il ricorso allo stage nei periodi successivi alla conclusione del percorso di studi si è trasformata in un generico impegno a prevedere “linee guida per la definizione di standard minimi di uniformità”.

Il nostro giudizio: non c’è alcuna assicurazione che il contratto di apprendistato venga utilizzato al posto delle forme precarie e si fa ancora troppo poco per garantire che sia uno strumento reale di formazione e accesso al lavoro.


Per chi ha un contratto di lavoro dipendente a termine

Si introduce una nuova regolamentazione teoricamente finalizzata a contenere gli abusi dei contratti a termine (contratto a tempo determinato, contratto intermittente o a chiamata, contratto in somministrazione, contratto di staff leasing..)
-Il datore di lavoro pagherà una quota maggiore di contributi (+1,4%) che andranno a finanziare gli ammortizzatori sociali (la nuova ASPI), a meno che non si tratti di lavoro stagionale o sostituzione di personale. Questo dovrebbe rendere meno conveniente l’utilizzo di queste forme di contratto e incentivare la conversione a tempo indeterminato, poiché parte di questi contributi viene resa all’impresa una una volta stabilizzato il lavoratore.
-Il tempo massimo, comprese proroghe e rinnovi, di un contratto a tempo determinato è tornato ad essere 36 mesi. Inoltre rispetto alla normativa precedente si considera nei 36 mesi anche eventuali periodi in somministrazione.
-Si allunga la distanza tra un contratto a termine e quello successivo (60 giorni o 90 giorni a seconda se il contratto è inferiore o superiore a 6 mesi, prima era 20 giorni e 30 giorni): quindi sarà più difficile eludere la normativa attraverso nuovi contratti, una volta terminati i 36 mesi.
-Si raddoppia il termine imposto dal collegato lavoro per consentire al lavoratore di fare ricorso su un contratto a termine illegittimo (da 60 a 120 giorni).
-Le novità non sono tutte positive: fino ad oggi per poter attivare un contratto a termine il datore di lavoro deve indicare le “causali” che ne giustificano l’utilizzo, con la riforma non sarà più necessario indicare le causali per il primo contratto.
-Nel mondo dei contratti a termine esiste anche il lavoro a chiamata (il datore di lavoro ti chiama quando ha bisogno..). Con la riforma si interviene soltanto prevedendo l’obbligo di effettuare una comunicazione agli uffici del lavoro prima di attivare il contratto, per consentire verifiche su eventuali irregolarità.
-Sul lavoro in somministrazione (sia quello a tempo determinato che indeterminato) non ci sono particolari cambiamentiViene eliminata la possibilità di sottopagare i soggetti svantaggiati e percettori di ammortizzatori. Questo provvedimento si è reso necessario poiché il Governo ha recentemente eliminato le causali per assumere in somministrazione questi soggetti: il mix, come avevamo denunciato, avrebbe potuto essere micidiale!
Il nostro giudizio: alcuni interventi sono positivi, anche se non risolutivi dell’abuso dei contratti a termine. L’eliminazione della causale è una gigantesca contraddizione e rischia di vanificare le cose positive. Infine non viene cancellato il lavoro a chiamata e di fronte ad un lavoro dichiaratamente usa e getta l’obbligo di comunicazione amministrativa appare ridicolo.
Stesso discorso per il contratto di somministrazione: non c’è nessun miglioramento e non viene cancellato lo staff leasing (somministrazione a tempo indeterminato) che ancor di più oggi può diventare la frontiera delle aziende che vogliono esternalizzare presso le agenzie interinali i propri lavoratori.


Per chi ha un lavoro a progetto, a partita iva, in associazione in partecipazione, con il voucher

-Per quanto riguarda il contratto a progetto si dichiara di puntare ad una definizione più stringente di progetto per evitare il ricorso a questo contratto in sostituzione del lavoro dipendente; in questa direzione si elimina il concetto di programma di lavoro e la possibilità per il committente di recedere prima della conclusione del progetto.
-Sempre in questa direzione si limita questa tipologia a mansioni che non siano esecutive o ripetitive e ad attività che non siano analoghe a quelle di un dipendente (fatte salve elevate professionalità….). Tali indici possono rilevare l’assenza di progetto e quindi in caso di ricorso al giudice la conversione del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
-Per quanto riguarda la collaborazione con partita iva si introduce alcuni criteri per identificare i casi in cui il ricorso diventa impropriamente coordinato e continuativo: 6 mesi massimo durata della prestazione, 75% dei corrispettivi fatturati dallo stesso committente, postazione di lavoro presso la sede del committente. In caso di presenza di uno di questi indici si configura un utilizzo improprio della partita iva e quindi è possibile ricorrere al giudice per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
-Per quanto riguarda l’associazione in partecipazione i criteri sono molto più chiari e stringenti: questo contratto d’ora in poi sarà utilizzabile soltanto tra familiari entro il 1° grado o coniugi.
-Per quanto riguarda l’utilizzo di buoni lavoro (o voucher) si parla di un generico impegno a restringere il loro campo di utilizzo.
-Infine si punta a limitare la convenienza economica di queste tipologie uniformando i contributi a quelli dei dipendenti (per chi è iscritto alla gestione separata INPS si passa dal 27% si arriva al 33% nel 2018). Questa è una grande beffa, poiché come accaduto in passato, saranno i collaboratori a pagare questo aumento attraverso la riduzione dei propri compensi che come noto non sono vincolati ai minimi retributivi che valgono per i lavoratori dipendenti.
Per le partite iva ancora peggio infatti i contributi vengono tutti versati la prestatore e non c’è alcuna ripartizione con il committente.
Il nostro giudizio: i criteri scelti per evitare l’utilizzo improprio di collaborazioni e partite iva sono deboli, perché ancora troppo ambigui (che significa parlare di elevate professionalità nel contratto a progetto? Come identificare i 6 mesi nelle prestazioni a partita iva visto che non esiste un contratto scritto?) e soprattutto utilizzabili esclusivamente ex post attraverso il ricorso al giudice, che spesso risulta una strada difficilmente percorribile per i collaboratori.
Bisognerà inoltre valutare quale effetto deterrente potranno avere i controlli dei servizi ispettivi, considerato che le scarse risorse umane destinate a questa attività ci rendono poco ottimisti..).
Se questi punti rappresentano un passo in avanti di cui bisognerà valutare l’effettiva efficacia
l’aumento dei contributi, senza aver introdotto un livello minimo di compenso collegato ai contratti nazionali di lavoro, è un grave peggioramento nella condizione dei parasubordinati e dei prestatori a p.iva. Il costo aggiuntivo con tutta probabilità sarà pagato dai lavoratori di tasca propria, vedendo ridotti i già miseri compensi.


Per i precari che perdono il lavoro

Viene introdotta l’ASPI il nuovo sussidio di disoccupazione.
-Al contrario di quanto annunciato la platea a cui sarà destinata l’ASPI è sostanzialmente la stessa di prima. Le uniche tipologie a cui l’ASPI viene estesa rispetto alla vecchia indennità sono gli apprendisti e gli artisti. Rimangono fuori collaboratori a progetto, assegnisti di ricerca, partite iva etc..
-Anche i restrittivi requisiti di accesso rimangono gli stessi: 2 anni di anzianità assicurativa INPS e almeno 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio.
-I nuovi criteri di calcolo rendono l’importo dell’ASPI quasi sempre superiore rispetto alla precedente indennità; la durata sarà di 12 mesi per chi ha meno di 55 anni e 18 mesi per gli altri.
-La MINI-ASPI invece dovrebbe occuparsi dei trattamenti brevi e assolvere il compito della precedente indennità a requisiti ridotti. La platea di tipologie destinatarie è la stessa dell’ASPI i requisiti di accesso sono meno restrittivi (almeno 13 settimane di contribuzione nell’ultimo anno) ma ovviamente la durata del trattamento è molto inferiore (la metà dei mesi di contribuzione nell’ultimo anno).
-Per le figure escluse dall’ASPI e dalla MINI-ASPI (collaboratori, p.iva etc…) “si rafforzerà e porterà a regime” il meccanismo una tantum oggi previsto (attualmente l’una tantum prevede la corresponsione del 30% di quanto percepito nell’ultimo anno, con requisiti di accesso ristrettissimi e molto selettivi).
Il nostro giudizio. La tanto sbandierata universalità nella nuova ASPI è una palese truffa. Infatti i requisiti di accesso (2 anni e 52 settimane) rimangono così restrittivi da lasciare fuori i più giovani, ovvero coloro che lavorano da poco oppure non possono sommare periodi con diverse forme di lavoro (solo la MINI-ASPI sarà accessibile per chi ha una bassa anzianità). Inoltre permane l’esclusione dei lavoratori a progetto, assegni di ricerca, partita iva etc.. ovvero dei lavoratori più esposti. La riproposizione dell’una-tantum conferma un modello che ha il sapore dell’elemosina e che discrimina in maniera sbagliata tra diverse tipologie di lavoro.


Per le giovani donne

Si dichiara di introdurre provvedimenti contro la pratica delle dimissioni in bianco; si prevede un congedo di paternità obbligatorio di almeno 3 giorni; si prevede l’erogazione di un voucher per i servizi di baby-sitting per gli 11 mesi successi all’astensione obbligatoria (al posto dell’astensione facoltativa), il cui importo dipenderà dai parametri ISEE della famiglia.
Il nostro giudizio. Non ci si spreca!! Seppur si tratta di un segnale che va nella direzione giusta non ci si spreca ad introdurre un congedo obbligatorio di soli 3 giorni…Poi ci pare contraddittorio prevedere il voucher per i servizi di baby-sitting e contemporaneamente mettere in ginocchio il welfare comunale e ridurre l’offerta dei nidi pubblici.
Rispetto al contrasto alle dimissioni in bianco vedremo l’efficacia del nuovo testo, per ora viene affermato che la legge 188 (approvata e subito abrogata) era per le imprese troppo onerosa!!!


Per chi ha un contratto part-time

-Si introduce la facoltà di ripensamento (per motivi personali che la legge dovrà stabilire) per il lavoratore o la lavoratrice che vogliano modificare la collocazione temporale della propria prestazione lavorativa.
-Inoltre il datore di lavoro che vuole modificare la collocazione temporale della prestazione del lavoratore in part time (per i part time verticali o misti) dovrà effettuare una comunicazione all’ufficio del lavoro, così da consentire eventuali controlli volti a sanzionare l’utilizzo irregolare di questa forma
Il nostro giudizio. Si tratta di norme positive poiché attualmente il datore di lavoro può modificare arbitrariamente la collocazione temporale della prestazione del lavoratore e della lavoratrice part time (attraverso l’uso delle così dette “clausole elastiche”). Questo ha reso difficilmente conciliabile il lavoro part time con altre attività o con altri tipi di impegni privato.


Per chi è in cerca di occupazione

……………..
Il nostro giudizio. Su questo non c’è proprio nulla, nessuno straccio di politica industriale, nessun investimento, nessun progetto di innovazione e sviluppo… eppure il Ministro ha affermato che la riforma del lavoro ridurrà la disoccupazione fino al 4% (chissà come!).
A meno che non si pensi che eliminare l’art.18 moltiplichi posti di lavoro, su questo la fantasia non ha avuto limiti…
Inoltre va segnalato che nella riforma ci sono ben due paragrafi che si occupano di politiche attive per chi cerca lavoro e servizi all’impiego, il cui contenuto purtroppo è piuttosto generico a parte il giusto principio di raccordare politiche passive e attive (cioè trattamento di disoccupazione e servizi per la ricerca di lavoro).
Sarebbe bello se questo significasse un sussidio anche per i giovani in cerca di prima occupazione, così come accade in tutti i paesi europei, oltre all’accompagnamento che dovrebbero fare i centri per l’impiego.

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi