martedì 26 luglio 2011

Attivo della Federazione della Sinistra (28 luglio)


Giovadì 28 luglio alle ore 20 e 45 (Sede PRC di Sondrio, via Aldo Moro 49)

ATTIVO DELLA FEDERAZIONE DELLA SINISTRA
La manovra finanziaria e l'accordo interconfederale del 28 giugno

L'incontro sarà introdotto dal compagno Augusto Rocchi (ex parlamentare di Rifondazione Comunista ed attualmente membro della Segreteria Nazionale.

Si tratta di di una occasione di approfondimento e di discussione su questi temi in funzione anche della campagna sociale della Federazione della Sinistra per l'autunno.
Malgrado la data non propriamente felice (di giovedì e .... a fine luglio, ma non tutti siamo al mare!) l'importanza dei temi deve stimolare la più ampia partecipazione.
grazie,
Massimo Libera
Segretario Provinciale Rifondazione Comunista

martedì 12 luglio 2011

La speculazione in borsa spiegata al popolo

Le agenzie stampa titolano che la Consob ha bloccato la vendita dei titoli allo scoperto. Una frase che per molti lettori è di difficile comprensione ed è di fatto sbagliata dato che non si è bloccato nulla, a differenza di quanto dicono i giornali. Intanto una breve scheda per capire di cosa si parla. Le vendite di titoli allo scoperto (o 'short selling') sono operazioni che sfruttano la possibilità, prevista sui mercati finanziari , di non avere in mano un titolo ma di poterlo cedere comunque. Si possono effettuare vendite allo scoperto senza possedere del tutto un titolo, oppure dopo averlo ottenuto in prestito da parte di una banca o di un altro intermediario, cui verrà corrisposta una commissione legata anche alla durata del prestito. Nel primo caso si parla di vendite allo scoperto 'nude' ('naked short selling', in inglese), nel secondo di vendite allo scoperto 'ricopertè. In generale chi vende uno strumento finanziario ha tre giorni di tempo per consegnarlo effettivamente: vendendo un titolo il cui prezzo scende, può riacquistarlo a un prezzo inferiore a quello di vendita, con conseguente guadagno. Negli attuali sistemi di trading è comunque possibile effettuare delle vendite allo scoperto riacquistando il titolo ceduto in una stessa giornata e contando sul fatto che il conteggio sul possesso effettivo di uno strumento finanziario tra acquisti e vendite verrà fatto alla fine delle contrattazioni. Paletti sulle vendite allo scoperto erano stati già decisi dalle diverse Autorità al culmine delle turbolenze sui mercati successive alla crisi dei mutui e al crac Lehman. In Italia la Consob aveva deciso lo stop il 22 settembre del 2008 sulle operazioni su titoli di banche e assicurazioni vietando dapprima la vendita di azioni «non disponibili» (era in pratica il divieto di vendite allo scoperto 'nude') e poi, dal primo ottobre successivo, vietando anche la vendita di azioni su cui non ci fosse anche la proprietà. Si trattava in quel caso di un divieto totale di vendite allo scoperto su banche e assicurazioni, in cui anche le vendite 'short' nell'arco di una stessa giornata erano impossibili. Le restrizioni sono poi cadute e non si capisce onestamente il perchè dato che la crisi ha continuato ad imperversare ininterrottamente. Dieci mesi fa la Commissione Europea ha dato il via libera alle nuove regole su alcuni dei prodotti finanziari considerati rischiosi per l'andamento dei mercati. Attenti però perchè le nuove norme, a differenza delle misure di austerity entreranno in vigore nel 2012. Le misure che sono state adottateiei sera dalla Consob sono una sorta di pannicello caldo. Da quanto abbiamo avuto modo di vedere esse non bloccano il naked short ma obbligano chi compie tali operazioni a comunicarle. Se tutto resta così com'è, questo meccanismo serve a poco. Primo perchè non si sono toccate le regole sui BTP, ed è su quelle che si sta “speculando” alla grande dato che riguardano più da vicino il debito italiano. Questa settimana l'Italia si è bruciata venti miliardi in più di interessi da pagare sui decennali, e la partita che si è giocata fino ad ora porterà altre misure di austerity per i prossimi mesi che verranno giustificate proprio con questi avvenimenti. Sui naked short per le azioni hanno soltanto obbligato, almeno per ora, la comunicazione in caso di naked short con più dello 0,2% del capitale per operazione. Il che vuol dire che un grosso fondo speculativo può aprire dieci posizioni con lo 0,19% del capitale senza incorrere nell'obbligo di comunicarlo e speculare come prima. Onestamente non riusciamo a comprendere, senza pensare a male, il motivo per cui la Consob non sia libera, come altrove, di vietare il famigeratissimo naked short, punto e basta, tanto su BTP che su azioni. Le politiche fino ad ora portate avanti dalla BCE per contenere l'inflazione tedesca da crescita (solo la loro, però, che sono gli unici che crescono sul serio) attraverso l'aumento del costo del denaro hanno di fatto penalizzato i paesi con debito pubblico più alto come l'Italia, e sono quelle che hanno originato le premesse per l'attacco speculativo. Per comprendere questo basta leggere i dati sulla produzione industriale nostrana di tre giorni fa (che parrebbero anticipare un PIL negativo nel prossimo trimestre....), e il gioco è fatto per gli speculatori. Ad essi non resta che vendere allo scoperto i BTP italiani. C'è da chiedersi a questo punto dove vogliono arrivare le classi dirigenti europee attraverso queste scelte, forse fare di noi una nuova Lehman Brothers? L'Europa avrebbe dovuto essere la nostra salvezza, ma sta diventando la nostra condanna.

Controlacrisi.org 
Ringraziamo sentitamente Fabio Baccelliere per le informazioni forniteci

Ferrero: dieci proposte contro gli speculatori

I nemici ce li abbiamo in casa: 10 proposte per sconfiggerli.
di Paolo Ferrero (segretario nazionale Rifondazione Comunista)


L’attacco speculativo contro l’Italia è arrivato. Se non verrà bloccato determinerà effetti molto pesanti sulla condizione sociale del paese: disoccupazione, ulteriore precarietà, taglio di salari e pensioni, taglio dello stato sociale. Come abbiamo visto per quanto riguarda la Grecia, la speculazione produce danni come una guerra e le politiche europee non costituiscono una difesa ma favoriscono la speculazione. Una guerra economica scatenata dalle classi dominanti – politiche ed economiche – contro i popoli europei al fine di cancellare tutte le conquiste ottenute dal secondo dopoguerra in avanti, sia quelle sociali che quelle democratiche. 

La reazione a questo attacco speculativo è la proposta – caldeggiata dal Presidente della Repubblica – di unità tra tutte le forze politiche per approvare la manovra. Si tratta di una prospettiva non solo sbagliata ma dannosa: la manovra, come segnala anche la Cgil, non è rivolta contro la speculazione ma contro i lavoratori e lo stato sociale. L’approvazione della manovra, che è recessiva, aggraverà la situazione, mettendo a disposizione della speculazione ulteriori risorse di cui cibarsi. 

Siamo quindi contro ogni forma di patto politico per approvare la manovra e riteniamo necessario opporsi alla manovra in tutti i modi al fine di evitare la sua approvazione. Occorre costruire la mobilitazione sociale contro questa manovra, che è solo l’inizio della stangata che hanno programmato a livello europeo. 

Per sconfiggere la speculazione è necessario fare una manovra contro la speculazione e contro gli speculatori, cioè quei delinquenti in giacca e cravatta che vanno sotto il nome di banchieri e finanzieri e che dalla distruzione dell’economia di interi stati stanno guadagnando barche di quattrini: i nostri. 

Questa è l’elementare verità che occorre gridare dai tetti in questi giorni in cui la censura verso ogni voce fuori dal coro è totale: per sconfiggere la speculazione occorre combattere la speculazione, non sparare sui popoli. Questa elementare verità si basa su una premessa: sconfiggere la speculazione è possibile. La speculazione viene presentata come un fenomeno naturale, come una specie di tempesta scatenata dagli dei. Gli ideologi del neoliberismo – che vanno sotto il nome di economisti – ci presentano il capitalismo neoliberista come fosse un fenomeno naturale. E’ una menzogna! 

La speculazione è stata volutamente resa possibile dalla deregolamentazione di ogni aspetto dei mercati finanziari ad opera dei governi e dei parlamenti. La forza della speculazione non è intrinseca ma è stata creata da decisioni politiche sbagliate assunte in questi anni in nome dell’ideologia neoliberista. La speculazione può essere sconfitta a partire da decisioni politiche che correggano gli errori del passato e costruiscano un nuovo sistema di regole. 

Non è un caso che la speculazione stia attaccando l’Europa. Solo in Europa le classi dirigenti di centro destra e di centro sinistra sono state così criminali da costruire – a partire dagli accordi di Maastricht – un sistema finanziario che consegna totalmente in mano degli speculatori i destini delle nazioni e dei popoli. Solo in Europa la Banca Centrale non può acquistare i Titoli di debito degli stati nazionali, obbligandoli a cercare sul mercato – cioè dagli speculatori – le risorse necessarie a finanziarie il debito. Negli Stati Uniti la Federal Reserve può tranquillamente acquistare – come hanno sempre fatto le banche centrali di ogni singolo paese anche in Europa sino all’avvento dell’Euro – i titoli del debito pubblico. 

Questa è la prima proposta che avanziamo: a livello europeo si decida che la BCE acquisti subito a al tasso di interesse fissato ufficialmente (1,5%) i titoli degli stati sottoposti ad attacchi speculativi. Questo porrebbe immediatamente fine alla speculazione perché verrebbe a mancare immediatamente la possibilità di speculare al ribasso. Se i governanti europei non assumono questa posizione vuol dire che stanno dalla parte degli speculatori e non delle nazioni che rappresentano. Invece di finanziare gli speculatori (cioè le Banche), la BCE difenda gli stati dalla speculazione! 

In secondo luogo è necessario porre da subito una tassa alle transazioni speculative di capitale (denaro contro denaro) in modo da togliere convenienza economica alle manovre speculative (la cosidetta Tobin Tax). La speculazione avviene attraverso piccolissimi guadagni percentuali su masse enormi di denaro. Basta una piccola tassa per togliere convenienza alla speculazione. 

In terzo luogo è necessario impedire la vendita di titoli allo scoperto. Forse non tutti sanno che nel mercato azionario italiano è possibile mettere in vendita titoli anche se non si posseggono. Questa è una delle modalità più utilizzate dagli speculatori per fare una speculazione al ribasso (come quella che stanno subendo i titoli di stato in questi giorni). In altri paesi europei – a cominciare dalla Germania – questa pratica è illegale. Che cosa aspetta il Parlamento italiano e rendere illegale anche in Italia questa pratica che ha l’unico scopo di favorire la speculazione? 

In quarto luogo la speculazione viene fatta direttamente dalla Banche e dai fondi che da esse dipendono. Una delle modalità è quella di tenere “fuori bilancio” una massa sterminata di “derivati”. Si faccia una norma che impedisca alle banche di gestire i “derivati” fuori bilancio, riportando il complesso dell’attività finanziaria all’interno delle regole fissate e oggi completamente aggirate. 

Se queste misure non dovessero bastare l’Italia deve ristrutturare il debito, garantendo per intero i piccoli risparmiatori e allungando unilateralmente i tempi di restituzione e le cifre da restituire alle grandi finanziarie, cioè agli speculatori. Anche se nessuno ne parla, l’Islanda lo ha fatto con ottimi risultati. 

Le 5 proposte sopra esposte servono a bloccare la speculazioni. Ne avanziamo altre 5 che rappresentano una manovra economica alternativa a quella proposta dal governo: 

Si faccia immediatamente una tassa sui grandi patrimoni. Una piccola tassa sui grandi patrimoni che superano il milione di euro permetterebbe di abbassare le tasse ai lavoratori, ai pensionati e di dar vita ad un reddito sociale per i disoccupati. 

Si azzerino le grandi opere (dalla TAV in Val di Susa al Ponte sullo stretto) e con quelle risorse si faccia un piano per rendere autonomo energeticamente ogni edificio pubblico (pannelli solari su tutti i tetti). 

Si obblighino le aziende che de localizzano a restituire i finanziamenti pubblici di cui hanno beneficiato. 

Si dimezzi lo stipendio dei parlamentari e si riducano gli enti inutili usando quelle risorse per stabilizzare i precari della pubblica amministrazione 

Si ritiri l’esercito dall’Afganistan, si smetta di bombardare la Libia, si riducano di un quarto le spese militari e con quei soldi di finanzi lo stato sociale e l’istruzione pubblica. 

Più pesante è la crisi e più servono scelte nette i governanti europei e italiani, vogliono utilizzare la speculazione come scusa per distruggere i diritti sociali e civili. Noi al contrario vogliamo mettere la mordacchia al capitale finanziario per impedire la speculazione e allargare i diritti sociali e civili. Questa è la posta in gioco oggi in Italia e in Europa.

(da Liberazione del 13/07/2011)

lunedì 4 luglio 2011

Fassino e Cota: i veri violenti siete voi!


Anche se non lo sapete, siete senza futuro!
di Simone Oggionni (coordinatore nazionale dei Giovani Comunisti)

Il vento del cambiamento si respira forte anche qui in val Susa. È stata una dimostrazione di forza imponente: decine di migliaia di donne e di uomini, di lavoratori e di studenti, di abitanti della valle e di comitive da tutta Italia e non solo. Un popolo che ha reclamato con nettezza il proprio diritto di vivere in un ambiente non deturpato dalla sete di profitto di pochi e il proprio diritto di decidere sul proprio presente e sul proprio futuro.
È stata una manifestazione indimenticabile per la forza, la combattività e l’entusiasmo di chi vi ha partecipato. Un entusiasmo contagioso, che dà senso al nostro impegno politico, testimonia che non chinare la testa serve a qualcosa, lottare ogni giorno ha un significato, può essere davvero utile e necessario per cambiare la società in cui viviamo.
A fare da contraltare a tutto questo, c’è stata la violenza e una gestione della manifestazione da parte delle forze dell’ordine semplicemente intollerabile. Il ministro Maroni si deve dimettere, perché è politicamente responsabile di ciò che è accaduto: dell’utilizzo da parte della polizia di armi con proiettili di gomma, del lancio di lacrimogeni ad altezza d’uomo e del ferimento di oltre 200 manifestanti. Tra questi alcuni sono gravi. C’è Jacopo, per esempio. Un ragazzo veneziano di 19 anni che è in ospedale con traumi molto gravi perché una granata lacrimogena lo ha colpito al torace. A lui e a tutti gli altri compagni va la nostra solidarietà incondizionata, il nostro abbraccio più fraterno.
Quello che è successo in val Susa ci deve però fare riflettere a fondo, perché sono passati dieci anni dall’omicidio di Carlo Giuliani, dalla mattanza della scuola Diaz e dalle torture di Bolzaneto e sembra che nulla sia cambiato. Aprire una riflessione seria sulle forze dell’ordine, sui loro compiti, sul loro addestramento, sul loro rapporto con la legge e la democrazia non è più rinviabile. Dobbiamo farlo nell’interesse di tutti, e in primo luogo delle stesse forze dell’ordine, che più agiscono in questa maniera e più accrescono nell’opinione diffusa la diffidenza e il distacco quando non il risentimento e il rancore. Sentimenti che, come si sa, non producono mai nulla di positivo.
Le violenze prodotte nella valle da parte di alcuni gruppi di manifestanti non sono condivisibili. Non producono alcun consenso (tutt’altro) e non servono a nulla.
Ma la retorica e l’ipocrisia della stragrande maggioranza della politica e dell’informazione italiana è vergognosa.
La Repubblica (un giornale che ambisce a rappresentare un elettorato democratico e progressista) a metà mattinata riprendeva sul suo sito internet i numeri della questura, parlando di 2mila manifestanti. Nel primo pomeriggio spiegava invece che circa 10mila manifestanti (black block, anarchici e gruppi provenienti dall’estero) si erano staccati dai cortei ufficiali per attaccare la polizia schierata. 10mila facinorosi che si staccano da un corteo di 2mila persone. A volte il servilismo e la malafede sono talmente sfacciati da produrre un effetto comico.
Fassino parla di «violenti e facinorosi» e firma un comunicato congiunto con il presidente leghista della Regione Piemonte in cui ribadisce «l’importanza strategica della Tav e la volontà di andare avanti senza farsi intimorire» (perché questa è l’unica cosa che a loro interessa veramente). Il Presidente della Repubblica parla di «violenza eversiva», diversi parlamentari del Pdl addirittura di «terrorismo».
Le parole sono importanti e ognuno dovrebbe imparare ad assumersi la responsabilità di quelle che usa.
E allora, con tutta franchezza, bisogna dire che oggi abbiamo visto all’opera due violenze, distinte ma complementari. La prima violenza è quella delle forze dell’ordine, che hanno ingaggiato uno scontro con i manifestanti (con tutti, non soltanto con quelli che si sono personalmente resi protagonisti di episodi del tutto estranei alle pratiche e al sentire comune del corteo) che soltanto per caso e per fortuna non si è concluso con la morte di qualcuno.
La seconda violenza è quella di una politica (e delle istituzioni che questa politica occupa e finisce per rappresentare) totalmente insensibile alla volontà dei cittadini. Che va avanti come se niente fosse, che impone con la forza l’interesse privato e il profitto di pochi.
Ma una classe politica che ha bisogno degli elicotteri, dei cordoni di polizia, delle spranghe e dei lacrimogeni per imporre i propri capricci non ha alcun futuro.
Il futuro invece lo hanno in mano quelle ragazze e quei ragazzi che, con il sorriso sul volto e nel cuore una voglia irrefrenabile di cambiare il mondo, si sono dati appuntamento in val Susa e tanti altri se ne daranno nelle prossime settimane. Noi siamo tra loro, sempre più convinti di stare dalla parte giusta.

domenica 3 luglio 2011

Ancora morti in Afghanistan: RITIRO IMMEDIATO!

Il segretario nazionale del PRC, Paolo Ferrero, ha reagito alla notizia della morte del militare italiano Gaetano Tuccillo nella guerra in Afghanistan:"Esprimo le più profonde condoglianze alla famiglia del militare morto stamane in Afghanistan. Nel contempo ribadisco la necessità di ritirare immediato il nostro contingente. Non stiamo partecipando ad una missione di pace ma ad una guerra di occupazione completamente al di fuori della nostra Costituzione. Tremonti invece di fare i tagli agli enti locali, tagli le missioni militari in Afganistan e in Libia

venerdì 1 luglio 2011

Acqua: ora comincia la battaglia post-referendum

Il referendum è solo la prima battaglia vittoriosa, ora bisogna lottare in tutta Italia per riportare sotto controllo pubblico quello che è già stato privatizzato, e si deve lottare nelle nostre valli perchè la "nuova SECAM" non cada nelle mani dei privati!

Acqua: comincia la battaglia post-referendum

di MARCO BERSANI - IL MANIFESTO del 01 LUGLIO 2011 
Sono passate non più di due settimane dalla straordinaria vittoria referendaria sull'acqua e l'apparato politico istituzionale sembra essersi dimenticato la portata storica dell'evento.

Così come con scarsa attenzione fu rilevato il record di raccolta firme - 1,4 milioni - ottenuto lo scorso anno dai movimenti per l'acqua nel più totale silenzio mass-mediatico (salvo poi scoprire lo "straordinario" ribaltone alle recenti elezioni amministrative), oggi l'insieme dei poteri forti economici e politici sembra accomunato da un unico obiettivo : negare, rimuovere, depotenziare. Quasi nessuno - salvo qualche opinionista illuminato come Ilvo Diamanti - sembra essersi accorto che, con i due sì della maggioranza assoluta del popolo italiano, si sia di fatto sancita, per la prima volta dopo decenni, la sconfitta con voto democratico e popolare delle politiche liberiste nel loro complesso e si sia affermata una fortissima istanza di democrazia diretta e di nuova partecipazione sociale. Certo, per chi da sempre è abituato alla manipolazione della realtà, è complicato prendere atto del fatto che i referendum sull'acqua siano stati i più votati e che, fra i due, quello che ha raggiunto un ulteriore maggioranza di sì, sia proprio quello che ha abrogato la possibilità di fare profitti dalla gestione di un bene essenziale. Così, mentre Confindustria e i poteri forti lanciano una vera e propria campagna di terrorismo psicologico sullo stile «si ferma la crescita del Paese», «si bloccano gli investimenti», i partiti politici fanno a gara nell'attivarsi per il depotenziamento del risultato.
Da una parte il governo del decreto Ronchi e della forzata privatizzazione ha subito tenuto a dire che il risultato referendario non andava interpretato come un plebiscito contro il governo - argomentazione fondata - salvo evitare di riflettere sul fatto che, nonostante i ripetuti inviti all'astensione della coppia Berlusconi-Bossi, il 26% dell'elettorato di Forza Italia e il 42% dell'elettorato leghista abbia disobbedito, scegliendo la ripubblicizzazione dell'acqua. Dall'altra, il blocco politico-mediatico Segreteria Pd-Repubblica-L'Espresso, dopo aver opportunisticamente appoggiato sul filo di lana una campagna referendaria sino ad allora avversata e/o subita, si è immediatamente affrettato a riallinearsi, propagandando una propria debole e sbagliata proposta di legge come risolutiva del voto referendario. Con intorno lo sguardo stordito dei media mainstream progressisti, i quali, incapaci di vedere - o di ammettere - di trovarsi al cospetto del più grande movimento per durata, penetrazione sociale e organizzazione dal basso, degli ultimi decenni, hanno preferito ignorarlo attribuendogli di volta in volta le caratteristiche di invisibilità eroica o di creatività estemporanea.
Il risultato di tutto questo scenario è quello sotto gli occhi di tutti : grandi manovre dei poteri forti finanziari per addivenire in tempi rapidi ad una nuova normativa che ristabilisca l'indiscutibile primato del mercato - fino al paradosso del Sole 24ore che il 28 giugno sponsorizza la proposta di legge del Pd - e altrettante manovre del mondo politico istituzionale che continua a considerare i referendum non una deliberazione costituzionale del popolo sovrano, quanto una semplice espressione da interpretare, sintetizzare e modulare (da loro, ovviamente). Grande è il disordine sotto il cielo, ma alcuni punti fermi sono inequivocabili: il primo quesito referendario ha abrogato il decreto Ronchi e dunque, da ora, è vigente la dottrina comunitaria che contempla tutte le forme di gestione, compresa - dopo vent'anni di tabù - la gestione attraverso enti di diritto pubblico; il secondo quesito ha abrogato «l'adeguata remunerazione del capitale investito», ovvero la possibilità di fare profitti sulla gestione dell'acqua, da cui si deduce che l'unica tra le gestioni possibili sia esattamente quella attraverso enti di diritto pubblico.
Questo è ciò che ha deliberato il popolo italiano, questo è ciò che tutti i livelli istituzionali devono eseguire. Domani e domenica 3 luglio si terrà a Roma l'assemblea nazionale dei movimenti per l'acqua: con l'allegria di un percorso vittorioso e con la determinazione di chi è consapevole di voler cambiare il mondo sapremo ristabilire la verità di ciò che è successo nel Paese e scriveremo collettivamente l'agenda locale e globale per ottenere quanto il popolo italiano ha deciso: la riappropriazione sociale del bene comune acqua, la sua gestione pubblica e partecipativa.

*Attac Italia - Forum italiano dei movimenti per l'acqua

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