sabato 27 agosto 2011

Libia: liberata o colonizzata?


di Fabio Amato (responsabile esteri Rifondazione)
su Liberazione del 24/08/2011
Gli oltre ventimila bombardamenti umanitari della Nato sembrano essere riusciti, dopo 5 mesi, ad aver ragione del regime di Gheddafi. Un epilogo in gran parte scontato, dopo la decisione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di dare il via libera ai raid della Nato, spacciati per difendere i civili, ed invece utilizzati per sostenere i bengasini contro il regime di Gheddafi. Un precedente molto pericoloso, contrario allo spirito stesso della carta dell'Onu, che temiamo possa in futuro essere usato per promuovere altre ed interessate guerre umanitarie. In queste ore la guerra continua anche nei media, dove si era giocata anche gran parte della iniziale propaganda a sostegno dell'intervento di Francia, Gb, Usa e Nato poi. Notizie di arresti e di conquiste poi smentite, voci che danno in fuga Gheddafi salvo poi sentire dalla sua voce la sua volontà di non lasciare la Libia e Tripoli.
Questa di Libia è stata una guerra particolare. Le potenze occidentali e la Nato l'hanno combattuta dalla distanza di sicurezza della loro prepotente e inarrivabile superiorità aerea. Da lì hanno aiutato l'avanzata dei ribelli, hanno mano a mano distrutto le infrastrutture libiche e la possibilità delle truppe lealiste di poter combattere alla pari con quelle ribelli, nel frattempo addestrate e rifornite di armi dagli alleati occidentali.
Non sappiamo quale sarà il futuro della Libia. Di sicuro quello che hanno in mente le potenze occidentali che, pur con i bilanci dei loro stati in rosso, non hanno esitato a spendere milioni di dollari ed euro per conquistare la Libia, è sicuramente quello di un paese da rapinare delle sue immense ricchezze. Chi ne sarà il futuro padrone o gestore dovrà essere ben consapevole che l'aiuto offerto dalla Nato non è né gratis né per spirito umanitario. Questo va ricordato a quanti, troppi, anche nei nostri paesi e nel movimento pacifista, hanno esitato a condannare l'aggressione della Nato.
Non sono le ragioni della democrazia a muovere i cacciabombardieri. Sono quelle di un disegno neo coloniale, che ha scelto la Libia perché era l'anello più debole militarmente e senza alleati internazionali, per le tante piroette che nei decenni avevano visto Gheddafi allearsi e scaricare molti, se non tutti. E' rimasto vittima della sua ultima svolta. Quella dell'alleanza con l'Occidente.
Nel mondo arabo in subbuglio, coloro che stanno per ora dettando l'agenda sono le petromonarchie del golfo. Regimi dispotici ma alleati da sempre degli Stati Uniti, con cui le famiglie al potere sono legate da profondi intrecci di affari: sono costoro che stanno determinando il futuro assetto della regione. Usando a loro favore le ribellioni dei popoli a regimi personali e dispotici. Non è un caso che Baherein e Yemen, i cui regimi sono amici dei sauditi, abbiano potuto reprimere le ribellioni interne senza interferenza alcuna. O che un altro paese chiave dell'area, la Turchia, possa bombardare nel nord dell'Iraq i villaggi kurdi senza udire voci di sdegno o cori di disapprovazione dal blocco mediatico.
Per il futuro della Libia, al momento coloro che si conoscono sono le facce note del Cnt, il consiglio di transizione nazionale, ovvero quelle di ex sgherri del regime di Gheddafi. Nessuno di questi, da Jalil a Jibril, può presentarsi come estraneo a quanto accaduto in Libia negli ultimi anni e durante il regime di Gheddafi. Jallud da vent'anni oramai è fuori dai giochi, ed è la carta che il nostro paese tenta di giocare per non rimanere ai margini nella ridefinizione degli assetti di potere futuri. Crediamo che nonostante le rassicurazioni che il Cnt ha voluto dare all'Italia e all'improbabile Ministro degli Esteri Frattini, saranno Sarkozy e Cameron a presentarsi come liberatori e ad ottenere per loro la gran parte della torta.
Ma resta da vedere se l'equlibrio che finora i clan e le forze antigheddafi hanno trovato fra di loro reggerà nei prossimi mesi e giorni. Se invece non si apriranno, come è purtroppo probabile, scontri e competizioni per il potere. Resta da vedere se rimarranno o meno forze fedeli a Gheddafi che non accetteranno la resa.
I ribelli festeggiano la fine di un regime. Se questo sarà l'inizio di un futuro migliore per il popolo o dell'incubo dell'aprirsi di uno scontro di potere senza esclusione di colpi, di una guerra civile che veda moltiplicarsi le sofferenze del popolo libico, lo sapremo solo nei prossimi mesi. Abbiamo visto come le guerre in Iraq, Afghanistan, Kosovo sono finite. Vedremo se la Libia sarà dei libici o delle potenze neocoloniali. Quelle che premono per scongelare le sue enormi ricchezze finanziarie, affamate di soldi come sono in questi tempi di capitalismo in crisi. Temiamo di no. Temiamo che il popolo libico sarà la preda di questo nuovo colonialismo umanitario.

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