sabato 25 febbraio 2012

La tassa patrimoniale per creare lavoro.

Una tassa sui patrimoni per creare 800mila posti di lavoro.
di Guido Ortona, Ugo Mattei e Francesco Scacciati.
la proposta integrale è consultabile sul sito www.sbilanciamoci.info


In questo intervento proponiamo quanto segue: 800.000 disoccupati vengono assunti nel settore pubblico dell’economia con una retribuzione netta di 1.200 euro al mese. L’operazione è finanziata con un’imposta patrimoniale sulla ricchezza mobiliare (escludendo cioè le abitazioni, i terreni ecc.). Prima di entrare nel merito chiariamo che: a) gli 800.000 posti e i 1.200 euro al mese vanno intesi come ordine di grandezza ; b) le aliquote fiscali che verranno citate più sotto sono anch’esse un ordine di grandezza medio. È sicuramente preferibile ricorrere ad aliquote progressive. Analogamente, si potrà pensare anche a una limitata tassazione del patrimonio immobiliare.
Premessa. L’emergenza economica in cui ci troviamo è l’insieme di più emergenze. Una è quella occupazionale. Gli economisti seri concordano su questi quattro punti: a) i prossimi mesi, o anni, di recessione aggraveranno questa emergenza; b) una crescita debole, paragonata a quella degli ultimi anni prima della recessione, non è sufficiente a risolvere questa emergenza, e forse nemmeno a impedirne l’aggravarsi; c) i costi di questa emergenza sono enormi, e di lungo periodo: in quanto oltre alle gravi sofferenze di natura sia economica sia psicologica per i disoccupati (che molti politici trascurano) comprendono anche la perdita di capacità lavorative, la disaffezione verso il lavoro, e vari tipi di degenerazione del tessuto sociale; d) il mercato non è in grado di risolvere questa emergenza. Ne consegue inevitabilmente quanto segue: a) l’emergenza occupazionale va affrontata come tale, cioè con provvedimenti di emergenza, che devono durare fino a che dura l’emergenza; b) è compito dello stato sostituirsi al mercato per creare occupazione; c) le risorse per affrontare questa emergenza devono essere sottratte al ricatto dei mercati finanziari. Infatti un aumento del costo del debito implica una riduzione delle risorse pubbliche disponibili, il che fa aumentare la disoccupazione; e contrastare la disoccupazione con nuova spesa pubblica implica un aumento del costo del debito, e così via; d) le risorse necessarie devono quindi provenire da una fonte consistente e stabile. La via più percorribile in tempi brevi è la tassazione della ricchezza mediante un’imposta patrimoniale.
La proposta qui illustrata solleva quattro ordini di problemi: tecnici, cioè come implementarla; economici, cioè la valutazione degli effetti che avrebbe sull’economia; finanziari, cioè dove trovare i soldi per attuarla; e infine politici. È importante, prima di continuare, verificare che i soldi ci siano, per dirla un po’ brutalmente. Ci sono. A quanto riferisce la Banca d’Italia, la ricchezza mobiliare netta degli italiani, cioè quella costituita da moneta e titoli (e non da abitazioni e altri immobili, e calcolata sottraendo i debiti) è di circa 2.700 miliardi di euro, di cui almeno il 45% è nelle mani del 10% più ricco. Il costo della manovra suggerita è di poco meno di 12,5 miliardi (includendo una tredicesima mensilità).
Ciò implica che il suo costo potrebbe essere coperto con un’imposta patrimoniale media pari allo 0,46%, cioè al 4,6 per mille . Per avere un’idea della portata di una simile imposta si consideri quanto segue: un cittadino che disponga di una ricchezza finanziaria di 10.000 euro (un valore piuttosto basso, dato che il patrimonio include ogni tipo di risparmio, compresi i conti correnti bancari) dovrebbe pagare 46 euro all’anno; non c’è motivo per cui non possa essere autorizzato a pagare in dodici rate mensili di tre euro e ottantatre centesimi ciascuna. Ci sentiamo di dire che questo esborso è ampiamente alla sua portata; e lo è quindi, a maggior ragione, quello richiesto ai cittadini dotati di un patrimonio maggiore.

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