giovedì 17 marzo 2011

Acqua e nucleare: manifestazione nazionale il 25 marzo

Il governo (e pezzi dell'opposizione parlamentare) hanno paura dei referendum e per questo sono disposti a buttare dalla finestra 300 milioni di euro per farli a giugno, quando le probabilità di arrivare al quorum saranno più basse.
Il 26 marzo a Roma tutti i sostenitori dei referendum manifesteranno per sostenere le ragioni dell'acqua pubblica e del rifiuto del nucleare e per chiedere ancora una volta l'accorpamento dei referendum alle elezioni amministrative. Per aderire basta inviare una mail a ma.simonini@tiscali.it


Election day, un radicale salva il governo atomico


di Checchino Antonini (Liberazione del 17 marzo 2011) 
Il sole e l’acqua. Mica la luna. E’ tutto quello che chiede il popolo dei beni comuni che scenderà in piazza il 26 marzo per la terza volta. La prima manifestazione di primavera è la loro. L’esordio fu per 40mila e la legge di iniziativa popolare che presentarono è ancora nei cassetti in cui la insabbiò il governo “amico”. L’anno appresso, però, erano cinque volte di più e lanciarono la campagna per i tre quesiti che avrebbe prodotto il maggior numero di firme, quasi un milione e mezzo, riaprendo la speranza di un’inversione di tendenza dal basso rispetto agli scempi del liberismo. Sarebbe stato ragionevole accorpare i referendum alle amministrative ma, proprio nel giorno del lancio della campagna referendaria, la Camera boccia le mozioni per l’election day e il ministro Romani trova che sia addirittura una mossa perché non si voti con la pancia ma con la testa. Possibilmente con la sua testa. Questione di cricche, la lobby nuclearista e quella delle multinazionali, che hanno parecchi punti di contatto e lui le rappresenta entrambe. A salvare il governo il voto decisivo di tale Beltrandi, un Carneade radicale che passerà alla storia per bruciato 400 milioni di euro pubblici nel transito del suo partito dal sole che ride all’uranio che ride alla faccia dei bambini colpiti dalla leucemia cinque volte più dei loro coetanei che vivono lontani da una centrale atomica. 
«I referendum del 12 giugno (data che ormai pare certa) rappresentano la possibilità di sconfiggerle quelle cricche», commenta Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista a margine di una giornata segnata dalle notizie tremende provenienti dal Giappone e dalla chiamata del popolo dell’acqua pubblica per la manifestazione del 26. Se c’è una cosa che davvero unisce gli italiani, scrivono i referendari a Napolitano, è proprio questa voglia di beni comuni e di acqua pubblica. 
Da due settimane, invano, il comitato attende una risposta di Maroni alla sua richiesta di un incontro sulla ragionevolezza dell’election day. Tace, per ora, il partito del No, delle multinazionali dell’acqua, finora contava sul silenzio ma probabilmente scenderà in campo con una strategia diversa ora che il disastro nipponico rischia di avere un effetto di trascinamento su tutti i quesiti referendari: «Le privatizzazioni sono state fatte con la scusa di aumentare la qualità del servizio e fare gli investimenti necessari. Ma è evidente che non è così, e se sovrapponiamo la mappa delle privatizzazioni con quella dei problemi della qualità del servizio e dei rincari, è evidente che coincidono perfettamente», spiega Paolo Carsetti nella conferenza stampa affollata da cronisti ed esponenti del movimento. 
Il 26, come da tradizione, saranno i gonfaloni degli enti locali ad aprire la sfilata da Piazza della Repubblica a Piazza San Giovanni dove debutterà il drappo azzurro dei due Sì, lo stesso che sventolerà da finestre, balconi e anche dalle torri di municipi. Come quello di Corchiano, nel viterbese, governato dal ’96 da Bengasi Battisti, cinquantunenne, sindaco e del Pd. «Che ne sarebbe di una comunità senza beni comuni?», si chiede Battisti raccontando con orgoglio della Casa dell’acqua piazzata nella piazza del comune. Non è solo lo strumento che, erogando acqua a 5 cent al litro, ha consentito di non consumare mezzo milione di bottigliette di plastica in sei mesi ma è un luogo di aggregazione. Un ragazzino delle medie gli ha spiegato che usare il vetro significa amare la pace: «Perché le guerre si fanno tutte per il petrolio, e col petrolio si fa la plastica». 
Dei quattromila abitanti ben 1200 hanno firmato per i quesiti ripubblizzatori in un borgo a una cinquantina di chilometri da Montalto di Castro, luogo di incubi nucleari, prima, di incubi carboniferi ora. E in una provincia che detiene il record non lusinghiero di arsenico nell’acqua potabile con 78 comuni interessati. Sul Lago di Vico viene superato anche di 15 volte il limite di 10microgrammi che il governo, non fosse intervenuta la stroncatura dell’Ue, avrebbe raddoppiato senza battere ciglio. L’avesse gestito ancora il comune, Battisti avrebbe istallato un dearsenificatore ritoccando del 5-6% le bollette. Invece, la società privata le ha raddoppiate senza uno straccio di intervento sugli impianti. L’unico progetto è quello di portare fin qui l’acqua dall’Alta Sabina. Naturalmente ci penserebbe la cricca della protezione civile.

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