domenica 21 novembre 2010

Congresso della Federazione / Landini:"Una grande battaglia per la democrazia"


intervista di Stefano Galieni

Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, ha riscosso nel suo intervento al congresso applausi scroscianti. Una platea attenta ha seguito l’evolversi del suo discorso, scaldandosi soprattutto nei passaggi in cui egli richiamava la necessità di un’ampia battaglia per la democrazia dentro e fuori i luoghi di lavoro e chiedeva risposte chiare da parte delle forze politiche che intendono interloquire con i lavoratori e le lavoratrici, riproponendo l’esigenza di arrivare presto allo sciopero generale non solo contro le politiche governative ma anche per fermare le scelte di Confindustria.
Che idea ti sei fatto di questo congresso e della Federazione?
Non posso che salutare con piacere tutti i processi che mirano a superare le divisioni a sinistra. Si tratta di costruire una unità necessaria per sconfiggere Berlusconi e farlo a partire dal merito. E’ necessario per poter espandere gli spazi di democrazia, per riaffermare i diritti, per produrre reali cambiamenti sociali. Deve essere una unità nel rispetto delle diverse soggettività, mettendo in campo partecipazione diffusa nelle decisioni che si prendono
Nel tuo intervento hai posto la questione della crisi delle forme della rappresentanza.
Per poter rappresentare i lavoratori e le lavoratrici affinché essi si riconoscano nella politica, bisogna essere chiari: alternatività a Berlusconi significa essere contro il collegato lavoro, contro la precarietà e le leggi che la producono, per una legge sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro che consenta di poter votare per decidere se firmare o meno un accordo. Significa pensare ad un sistema solidale che preveda anche il reddito di cittadinanza: E combattere l’evasione fiscale, partendo dal fatto che il 90% del gettito Irpef viene da pensionati e lavoratori dipendenti. Bisogna chiedere un intervento pubblico in economia per combattere la crisi
Sull’intervento pubblico c’è una parte della sinistra molto riluttante
A volte ci sono preconcetti. Guardiamo la realtà. Ad esempio oggi il prodotto non è l’auto ma la mobilità, questo significa pensare ad un nuovo modello di società in cui l’intervento pubblico è indispensabile. C’è chi crede che dalla crisi si possa uscire con l’aumento dei consumi individuali. Non è vero, occorre investire in beni comuni, il nuovo modello di sviluppo deve essere produzione sociale. La crisi va affrontata curando la malattia che l’ha generata (bassi salari e prodotti non innovativi) e non la febbre.
Hai molto insistito sulla democrazia nei luoghi di lavoro.
Penso che si debba rompere con la tradizione delle decisioni delle organizzazioni sindacali che mettono in subordine le risposte dei lavoratori. Dobbiamo ristabilire il diritto dei lavoratori di votare sia i propri rappresentanti sia gli accordi proposti. E’ un passaggio necessario per stabilire una vera autonomia e costruire una unità di azione nel pluralismo sindacale. Questo serve anche ad uscire dalla logica degli accordi separati, per cui imprese e controparti si rivolgono al quel sindacato che è disposto a firmare senza fare troppe storie. Sappiamo bene che la frantumazione dei processi lavorativi si traduce anche nel fatto che in una stessa azienda non vale più la logica per cui allo stesso lavoro corrisponde lo stesso salario, ma quella degli appalti, e dei contratti diversificati. Democrazia significa anche riunificare i diritti, lottare per un unico contratto per l’industria, ragionare di diritti europei per costruire una proposta di stato sociale. Come vedi non sono solo temi di natura sindacale, ma politica. L’Europa oggi è unita solo dalla moneta e abbiamo da una parte la Germania e dall’altra la Grecia. Se la Fiat impone la Newco a Pomigliano o dove le fa comodo, non compie solo un attacco al sistema democratico ma cancella diritti e i lavoratori non vanno lasciati soli. Io mi auguro che cada Berlusconi ma non è detto che intanto Marchionne si fermi. La Fiat vuole trasferire la propria testa negli Usa e sta procedendo fabbrica per fabbrica. La politica deve intervenire per contrastare questo progetto, se si pensa che sia un problema che riguarda solo la Fiat io non ho più nulla da dire
Hai accennato un’autocritica anche rispetto al sindacato.
Quando ci siamo schierati con chi non voleva firmare l’accordo di Pomigliano, in molti ci hanno detto che sbagliavamo, che era un brutto accordo, ma da accettare perché al Sud non si possono perdere posti di lavoro. Se lo avessimo subìto come voleva la Fiat, anche il “no” della Fiom non avrebbe cambiato il risultato. Ora posso dire che lavoratori e Fiom avevano capito la logica della Fiat e dove avrebbe portato. C’è stata un’accelerazione dichiarata nelle scelte dell’azienda, hanno deciso di non avere neanche tavoli allargati di discussione, per cui bisogna cambiare pratiche e pensare a scelte strategiche. Per questo abbiamo scommesso sulla mobilitazione del 16 ottobre facendola diventare un momento centrale
Il 16 ottobre, dal palco hai fatto un discorso che abbracciava diversi temi, dalla guerra al welfare alla cultura, quasi un programma politico
L’autonomia del sindacato si fonda su un suo progetto di società da proporre in un rapporto paritario al governo, qualsiasi governo, e alle forze politiche. L’azione del sindacato deve essere coerente con un programma generale, le forze politiche debbono porsi il problema di rappresentare le lavoratrici e i lavoratori. Noi non intendiamo sostituirci alla politica, anzi, l’assenza e la frantumazione delle forze politiche con cui confrontarci ha già creato abbastanza problemi
Oggi, hai riproposto il tema dello sciopero generale.
Sì, e l’unico soggetto in grado di proporlo è la Cgil. La riuscita della mobilitazione del 27 novembre è condizione necessaria per rilanciare la proposta e cominciare a costruirla nelle difficoltà in cui ci troviamo. Le ultime scelte del governo rafforzano questo proposito, ma da qui al 14 dicembre vedremo
Nel parlare di estensione dei diritti hai pensato anche alle iniziative portate avanti dai lavoratori migranti a Brescia e a Milano?
Certo l’estensione dei diritti di cittadinanza è fondamentale. I lavoratori migranti non solo hanno un ruolo fondamentale nella produzione e nei servizi sociali ma debbono poter esigere diritti. Altrimenti prevale non solo lo scontro fra immigrati e autoctoni, ma anche quello che separa una regione dall’altra. Si tratta poi di una battaglia democratica, non è accettabile che una parte consistente della società non possa nemmeno scegliere chi la rappresenta politicamente
Oggi hai citato anche la situazione estrema dei lavoratori dell’Ilva.
Sì, una situazione molto dura. Dobbiamo ottenere per i lavoratori “somministrati” la stabilità occupazionale, per questo siamo disponibili ad un tavolo di trattativa con l’azienda o anche col governo
Gli immigrati sulla torre, i lavoratori di Taranto sono solo gli ultimi esempi di forme molto radicalizzate di scontro. Cosa ne pensi?
Sarò tradizionale ma credo che al di là della necessaria visibilità che debbono avere queste lotte, ragione per cui spesso si fanno scelte estreme, si debbono mettere in piedi iniziative in grado di resistere un giorno in più del padrone. Poi la nostra scelta, e lo stiamo dimostrando, è quella di esserci sempre, rispettando le scelte dei lavoratori ed evitando strumentalizzazioni delle loro iniziative dentro e fuori i luoghi di lavoro.

Da Liberazione del 20/11/2010

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