giovedì 25 novembre 2010

Contro Marchionne e Berlusconi, per lo sciopero generale, in piazza con la CGIL.



Intervista ad Oliviero Diliberto di Antonio Calitri su Italia Oggi del 25 novembre 2010
Sergio Marchionne va temuto al pari di Silvio Berlusconi perché è una persona per bene e per questo può insidiare nella sinistra il suo modello, fallimentare per l’Italia. Fallimentare per i diritti dei lavoratori e per il paese ma anche dal punto di vista dell’economia e del marketing, perché puntare sulla Panda quando il mondo si divide tra auto cinesi a basso costo e auto di qualità tedesca, è perdente. A parlare così è Oliviero Diliberto, appena eletto portavoce nazionale della Federazione della Sinistra, che dopo aver accennato, nel congresso che lo ha acclamato, al nuovo obiettivo che deve combattere una sinistra unita, spiega in escusiva a ItaliaOggi perché il modello dell’amministratore delegato della Fiat va temuto. Anche più di una possibile scesa in campo di Luca Cordero di Montezemolo. E illustra anche le sue ricette di economia e politica industriale per tentare l’impossibile e dopo aver unito Comunisti Italiani, Rifondazione Comunista e Socialismo 2000 tentare di mettere insieme anche Sel di Nichi Vendola e una parte del Pd.
Domanda. Professor Diliberto, davvero pensa che Marchionne sia un nemico come Berlusconi?
Risposta. Assolutamente no. Non penso minimamente che Marchionne sia come Berlusconi. Sconfiggere Berlusconi alle prossime elezioni sarà difficilissimo, tuttavia c’è un largo movimento che lo vuole mandare via, compresi gli industriali che sono stati scontentati.
D. Marchionne invece?
R. Marchionne è diverso ed è molto insidioso. È una persona per bene, che si presenta bene. Che non si circonda di escort. Che non è il rappresentante di una destra volgare.
D. E allora perché avercela con lui?
R. Perché quello che propone Marchionne è peggio di un crimine, è un errore. La logica dello scambio che ci propone, lavoro contro diritti per tenere aperta Fabbrica Italia è sbagliata non solo moralmente ma giuridicamente e anche dal punto di vista economico.
D. Si spieghi meglio?
R. Marchionne è per l’inversione della gerarchia delle fonti del diritto. Un contratto tra privati diventa più importante della prima fonte che è la Costituzione. È una cosa aberrante che può valere negli Stati Uniti dove non hanno la Costituzione, non per l’Italia. Abolire il diritto allo sciopero che è sancito dalla Costituzione ne è uno degli esempi.
D. Diceva che anche economicamente è errato. Cosa c’è di sbagliato nel volere fabbriche più produttive?
R. Comprimere il costo del lavoro non porta a fare auto migliori. Oggi il costo del lavoro su un’auto incide dal 3,5% al 6%. Seppure, per paradosso, si riuscisse a ridurlo della metà, ci sarebbe una riduzione dell’1,75% cioè niente. Tanto e vero che in Europa le altre case produttrici hanno ripreso a vendere mentre la Fiat no. La Fiat non ha il problema del costo del lavoro ma dei modelli sbagliati. Marchionne sta puntando sulla Panda che dovrebbe uscire tra qualche anno da Pomigliano. Tra due anni però in Italia arriverà l’utilitaria cinese da 4 mila euro. Dall’altra parte del mercato i tedeschi stanno preparando utilitarie di grande qualità. In mezzo a queste due aree la Panda sarà schiacciata. Non sarà che Marchionne non è così bravo come qualcuno ha pensato, anche a sinistra.
D. Il problema Pomigliano però esiste ed esiste da prima che arrivasse Marchionne. L’assenteismo, le continue interruzioni di lavoro, le Alfa che uscivano difettate compromettendo l’immagine internazionale del marchio hanno danneggiato la Fiat prima dell’arrivo del manager. Qualcosa bisognerà pur farla?
R. Se il problema è l’assenteismo, si combatta in altra maniera, applicando le regole. Più che abolire il diritto di sciopero, si facciano tutti i controlli sui lavoratori. Ma nella legalità.
D. Sì, ma dalla Fiat si lamentano dell’assenteismo anomalo, quello che scoppia quando c’è una partita e arrivano 600 certificati medici.
R. La storia la conosco ed è esistita. Ma si tratta di una storia vecchia e riguarda le vecchie generazioni. I nuovi assunti di Pomigliano, dati alla mano sono meno assenteisti hanno percentuali di assenteismo molto basse. E su di loro si può ancora lavorare.
D. Ad ogni modo, senza Marchionne la Fiat non si sarebbe salvata e oggi ci sarebbero state dicine di migliaia di operai per strada_
R. Questo senza dubbio gli va riconosciuto”
D. Quindi è diventato un nemico dopo il salvataggio?
R. Marchionne non è un nemico, me ne guarderei bene. Io mi sono ripromesso di non lavorare per una sinistra contro qualcuno. Il problema è che l’affascinazione nei suoi confronti c’è anche nel centrosinistra. Esponenti del Pd mi dicono di accettare la sfida per vincere.
D. Lo disse anche Bertinotti.
R. Che ora non è più con noi.
D. È dall’altra parte, con Vendola con il quale volete lavorare.
R. Vendola ha manifestato con me a Pomigliano. Io ho risposto all’appello che ha fatto 15 giorni fa a Firenze, per passare dai risentimenti ai sentimenti. E la sfida di Marchionne ci offre la possibilità di unirci per un nuovo modello.
D. Quale? Come salviamo l’Italia in questo contesto tra globalizzazione e crisi?
R. Credo che serva un nuovo modello di sviluppo che punti sul nuovo lavoro e sulla società della conoscenza. Dobbiamo rendere i nostri lavoratori migliori di quelli dei paesi dove si delocalizza, anche perché non potranno mai essere competitivi a livello di costi, né possiamo trasformarli in automi lobotomizzati”.
D. E allora, come si rendono migliori?
R. Evitando la formazione professionale tradizionale, che non serve a niente, e puntando su una nuova scuola e sull’aumento dell’obbligo scolastico a 18 anni. Collegato a questo poi è il secondo punto, quello della trasformazione della società manifatturiera in società del sapere. Bisogna puntare sulla filiera della cultura, sulla scuola e sui brevetti. Nella classifica dei brevetti industriali in passato l’Italia è stata al primo posto mentre oggi è penultima. E senza innovazione non si va da nessuna parte mentre esiste un enorme mercato come quello cinese che può essere una grande opportunità.
D. Concludiamo con la politica. Lei dice che dobbiamo temere Marchionne e il suo modello, ma in campo sembra voglia scendere Luca Cordero di Montezemolo. Va temuto anche lui?
R. Spero che non si arrabbi ma io temo di più Marchionne perche è più bravo. Perché non ha ambizioni politiche in senso stretto e perché viene da un altro mondo. Montezemolo non so cosa farà ma è un consumato navigatore di aziende e di politica italiana.

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